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11 NOVEMBRE 1940/OPERAZIONE JUDGEMENT

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

30
OTT
2018

Durante la seconda guerra mondiale la flotta navale della Regia Marina italiana, dislocata nel porto di Taranto, riportò gravi danni in seguito all'attacco portato dagli aerei imbarcati della Royal Navy britannica. Ecco il racconto di una notte che sconvolse la città di Taranto

L’Ammiraglio Comandante della Mediterranean Fleet, Andrew Cunningham per contrastare la potenza navale della Regia Marina nel mediterraneo, sottopose all’Ammiragliato Britannico una operazione aeronavale, studiata ed  intesa a colpire le unità navali  maggiori della Regia Marina situate nella base principale di Taranto, perfezionando un piano d’attacco notturno con aerosiluranti, precedentemente sviluppato dall’ammiraglio Lyster. L’intero piano era basato sulla completa sorpresa, in quanto le portaerei inglesi scortate da unità di scorta, dovevano raggiungere le coste italiane ad una distanza di 130 miglia e lanciare gli aerosiluranti. Il 10 novembre 1940, dalla base di Malta, salpò la portaerei Illustrious verso Taranto, mentre la portaerei Eagle, per avarie all’apparato motore, non potè salpare ma parte della flotta aerea venne trasferita sull’Illustrious. Numerose ricognizioni aeree vennero svolte dai ricognitori inglesi fino alla serata dell’11 novembre, rilevando  la presenza delle corazzate ed incrociatori italiani alla fonda nel porto di Taranto. Infatti in rada a Taranto erano presente il fior fiore delle unità della Regia marina, le moderne corazzate Littorio e Vittorio Veneto, le Corazzate Conte di  Cavour, Giulio Cesare, Andrea Doria ,Caio Duilio e  gli Incrociatori pesanti classe Zara, etc. L’Ammiraglio Cunningham, apprese le informazioni degli esiti della ricognizione aerea, diede inizio all’operazione, trasmettendo in chiave il seguente messaggio: “Tutti i fagiani erano nel nido”.  La roccaforte di Taranto era altamente difesa da potenti batterie costiere, da postazioni di mitragliatrici binate, predisposte lungo il perimetro fra le isole Cheradi e le installazioni di San Vito e da numerose postazioni di mitragliatrici, collocate in altri luoghi intorno all’intera base fra il mar Grande e il Mar piccolo, con l’ausilio di numerosi proiettori collegati ad aerofoni. Il maltempo dei  precedenti giorni causò il distacco dei palloni frenanti, collocati in rada, per ostacolare gli attacchi aerei. Da  87 palloni erano presenti solo ventisette, il restante dei palloni non venne collocato per mancanza di idrogeno. Inoltre le unità navali maggiori erano protette da reti para siluri ma dei 12.000 metri previsti, erano state collocate solo 4600 metri. Le reti, grazie all’ausilio dei rimorchiatori, venivano collocate e distese sui lati delle unità ad una certa distanza per proteggere le fiancante e bloccare la corsa del siluro prima di  poter colpire lo scafo della nave. La sera dell’11 novembre 1940 a 130 miglia dalla costa italiana, la portaerei Illustrious, con l’alto rischio di essere scoperta, diede inizio all’operazione Judgement e gli aerei inglesi decollarono in ordine di attacco, dal ponte di volo della portaerei. Alle 23.00 circa i due aerei bengalieri che precedevano la prima ondata di aerosiluranti, giunsero nella rada del porto di Taranto, sorvolando il laterale esterno delle isole Cheradi in direzione San vito per poi ripiegare verso l’interno del laterale della rada, sulla sponda orientale, lanciando gli otto razzi illuminanti in  dotazione  ad intervalli di tempo che esplosero ad una altezza di 1.500 metri, illuminando la rada. Le sagome delle corazzate si riflettevano sulle acque calme del mare e subito dopo, la prima ondata, composta da sei aerosiluranti Fairey Swordfish, attaccò la flotta all’italiana all’ancora.
Gli aerei in quota vennero bersagliati immediatamente dal fuoco di sbarramento e dalla contraerea delle navi e subito dopo, gli aerosiluranti planarono fino a raggiungere il pelo dell’acqua, evitando il fuoco a bruciapelo della contraerea delle navi. Il primo swordfish si diresse verso la corazzata Cavour e in breve tempo lanciò il siluro, colpendo l’unità in pieno sulla fiancata di sinistra. Un secondo aereo, collimato dalla contraerea venne colpito e si inabissò in mare, mentre il terzo Swordfish, concentrò l’attacco sulla corazzata Andrea Doria, senza colpire l’unità. Alle 23.15, i rimanenti swordfish in coppia attaccarono la possente corazzata Littorio e schivando il fuoco micidiale della contraerea, colpirono la corazzata con due siluri a prora dritta ed a sinistra dell’unità. L’ultimo aereo della prima ondata si diresse verso la corazzata Vittorio Veneto ma miracolosamente il lanciò fallì il bersaglio. Subito dopo le 23,30 la seconda ondata di aerosiluranti ripetette l’attacco verso le unità italiane, simile al primo ma su altra bisettrice d’attacco ma sotto un incessante volume di fuoco contraereo. Infatti  diversamente dal primo attacco, la contraerea italiana accortasi degli aerosiluranti, concentrò lo sbarramento di fuoco  sulla media altezza in concomitanza con le contraeree delle unità navali, sviluppando un micidiale tiro incrociato, atto a colpire gli aerosiluranti, difficili da individuare nell’oscurità della sera. Ciò nonostante uno dei sei swordfish, penetrò nello specchio laterale di una grossa unità e nuovamente, con molta fortuna e audacia, centrò con un siluro la corazzata Littorio. La Vittorio Veneto venne nuovamente collimata ma fortunatamente i siluri lanciati mancarono il bersaglio. Subito dopo la Corazzata Caio Duilio venne colpita a proravia da un siluro mentre un altro aereo collimò l’incrociatore pesante Gorizia, ma venne abbattuto dalla contraerea. Alle 00.30 l’attacco aereo terminò e gli aerosiluranti inglesi scomparvero nell’oscurità e raggiunsero indisturbati la portaerei inglese.
L’attacco, durato novanta minuti, causò gravi perdite alla Regia Marina e con soli 11 siluri gli aerei inglesi misero fuori combattimento tre corazzate, Conte di Cavour, Caio Duilio e la nuova corazzata Littorio, di 41.300 tonnellate, con armamento principale di nove cannoni da 381/50mm, posti su tre torri trinate, obiettivo primario dell’attacco. Inoltre furono danneggiate lievemente l’Incrociatore Trento e i Cacciatorpedinieri Libeccio e Pessagno, oltre a diversi danni effettuati sulle installazioni terrestri. Il popolo tarantino avvertito dal suono infernale delle sirene nel cuore della notte si riversò nei rifugi antiaerei e per la prima volta provò l’effetto del bombardamento aereo che fortunatamente non colpì le abitazioni civili. Nelle prime ore del mattino la popolazione tarantina si riversò sul lungomare, assistendo ad un nefasto scenario di distruzione. Parte delle possenti navi della Regia marina erano adagiate sul fondo della rada di Taranto e tante furono le amarezze e dubbi espresse dal popolo tarantino. L’incursione provocò 58 morti e 581 feriti fra gli equipaggi delle navi colpite. Questo attacco ridimensionò il predominio bellico della Regia Marina  e per parecchi mesi le azioni nel Mediterraneo vennero compromesse e limitate. Il rimanente delle corazzate italiane e parte degli incrociatori pesanti, per motivi di sicurezza,  vennero dislocati presso il porto di Napoli.



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