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Fenomenologia della raccomandazione (e degli inconvenienti che ne derivano)

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

13
MAR
2019

È incuneata in ogni dove, ma non è solo un fattore culturale: è forse radicata proprio nell’umano.

La “spintarella” – sostantivo che talvolta sostituisce, quasi sarcasticamente, il termine raccomandazione – altro non è che quell’atto che tende a favorire una persona a danno di un’altra, all’interno di un qualsiasi processo che richiede una certa valutazione o selezione per l’accesso a un posto chiave.

Tali procedure allora vengono di solito alterate ed ecco che ad avere la meglio è sempre non chi è più bravo e più preparato, chi è più capace, chi ha più costanza o ci mette più impegno nelle cose, ma chi ha una conoscenza in più rispetto al suo competitore: quella “manina” invisibile o quel santo in paradiso che mette sempre a posto tutto. Et voilà. Ecco sistemato il parente, l’amico o l’amico dell’amico.

Certamente la raccomandazione si trova nei più disparati contesti, ma soprattutto è più evidente in ambiti istituzionali, nel mondo dello sport o ancora nel mondo universitario. In Italia poi è particolarmente diffusa in fase di ricerca e selezione del personale, specie nel settore del pubblico impiego.

Ma per avere il privilegio di una raccomandazione a volte non basta nemmeno l’amicizia o la parentela (si parla in questo caso più di nepotismo): esiste un fenomeno di malcostume ed è quello del trasferimento di beni o denaro in cambio di un piccolo aiutino a superare un esame, un concorso o arrivare a ricoprire un buon posto di lavoro garantito contrattualmente. Niente di più illegale e dannoso, insomma.

È del tutto ovvio, allora, che raccomandare o - dall’altro lato - richiedere la raccomandazione non è che un prevaricare sull’altro: vuol dire non solo distorcere un intero sistema ma, nel piccolo, anche creare un danno esistenziale a chi viene scavalcato. Si tratta di una vera e propria piaga sociale che produce fuga di cervelli, mortificazione sociale, e incentivo all’inefficienza e all’illegalità.

Non è un caso se già l’Istat più volte è tornata sul punto. Difatti, secondo il 90% degli inoccupati, è confermato che le chiamate”, la rete di amiciparenti e conoscenze, sono ancora oggi il modo principale per trovare lavoro nel nostro Paese dove vige ancora la tendenza che uno ogni quattro laureati ottiene un posto di lavoro proprio attraverso le conoscenze. Cercare tra le conoscenze si attesta come un canale preferito e privilegiato dai giovani, più efficace rispetto alla solita ricerca del posto di lavoro mediante internet o attraverso gli ancora malfunzionanti centri per l’impiego.

Anche per prendere 30 e lode, il più delle volte (o almeno questa sembra essere la percezione tra le matricole universitarie), c’è bisogno di conoscere la persona giusta. E questo lo si deduce dalle numerose, e sempre all’ordine del giorno, inchieste giudiziarie sui baroni universitari balzate alla nostra cronaca che resistono ancora a mantenere i privilegi legati alla propria cattedra.

Fedeltà, anzianità, clientelismo. Fa strano però che in altri parti del mondo – come ad esempio in Inghilterra – ad essere selezionati o “presentati” siano sempre i migliori. Nei paesi delle lobbies legalizzate, infatti, sul lavoro e in campo universitario una semplicissima lettera di presentazione non suscita per nulla indignazione, ma incentiva persino la competizione. E la qualità di chi segnala la si deduce anche dalla qualità del segnalato, al punto che nessuno si sogna di segnalare una persona incompetente o incapace.

Discorso a parte va fatto quando danneggiare “l’altro” diventa un’abitudine o un elemento essenziale del proprio bagaglio culturale. Meritocrazia significa, invece, che il collocamento nel mondo del lavoro, la promozione a una cattedra o a un incarico istituzionale importante avvengono secondo i criteri dell’esperienza e della competenza e secondo le sacrosante regole del buon senso. Lavorare in questa direzione vuol dire senza dubbio costruire una società sana ed estremamente liberale, libera da tutti i condizionamenti, quindi invulnerabile davanti a ogni alterazione o distorsione del mercato. Ma la responsabilità di essere i più bravi, talvolta, non è che forse è troppa e allora meglio fare una telefonatina? 



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