I nuovi banchi scolastici, figli dell'emergenza Covid -19 e della necessità di garantire il distanziamento sociale anche nelle aule per tenere al sicuro scolari, studenti e insegnanti di tutta Italia, sono ergonomici, colorati, piccoli e adattabili. Ogni ordine di scuola, primaria, secondaria di primo o di secondo grado, ha sedute con caratteristiche e misure differenti. Si diffuse nel XVI secolo, quando la necessità di contrastare la diffusione del protestantesimo spinse i vescovi a trasformarsi in maestri e a diffondere nelle chiese, improvvisate aule, la dottrina. Dall'alto del proprio trono, che prese il nome greco di kathedra, il vescovo o il sacerdote di turno istruiva i fedeli. I cristiani, così, si trasformarono in alunni, disposti a tornare in chiesa per approfondire gli argomenti trattati durante la messa.Queste lezioni, col tempo, coinvolsero sempre più giovani, che ascoltavano il maestro seduti su semplici panche di legno da sei a otto posti, senza spalliere, poste di fronte alla kathedra o a un leggio che sosteneva il libro, sul modello delle università medievali. Nelle scuole di dottrina, gli alunni dovevano per lo più ascoltare, quindi i primi banchi scolastici non avevano bisogno di uno scrittoio. Soltanto i più capaci, infatti, potevano esercitarsi a scrivere su un grande tavolo, in disparte. Niente in comune con gli scrittoi degli amanuensi che nei monasteri, in piedi o più raramente seduti, davanti a una piccola scrivania, ricopiavano testi e manoscritti prima dell'invenzione della stampa.Furono invece proprio le postazioni dei monaci a ispirare i primi e rari banchi completi che si diffusero a partire dal Seicento. Le scuole dei Gesuiti fornirono un'istruzione secondaria collettiva, le classi comprendevano ragazzi di età e preparazione diversa, e il maestro era costretto, per verificare il lavoro di ognuno, a camminare tra le panche. Queste ultime, nel frattempo, erano state dotate di un lungo piano per scrivere fissato al pavimento oppure collegato direttamente alla seduta senza schienale e sulla quale trovavano posto dai sei agli otto alunni.La svolta decisiva arrivò nella seconda metà del XIX secolo, quando la diffusione del positivismo e delle idee progressiste in campo pedagogico promosse in Europa una migliore organizzazione scolastica e una maggiore attenzione alla salute degli scolari. Con l'invenzione ela diffusione della lavagna si cominciarono a formare classi composte da ragazzi della stessa età, passando definitivamente a un insegnamento di tipo collettivo, incentrato su nuovi modelli didatticiA partire da metà Ottocento vennero progettati banchi capaci di garantire allo studente una postura corretta, con una spalliera e una distanza tra seduta e scrittoio ridotta e proporzionata all'altezza media dei bimbi.Alla fine del XIX secolo l'istruzione pubblica era ormai obbligatoria per i bambini di gran parte degli Stati europei e questa nuova, grande partecipazione scolastica richiese strumenti sempre più adeguati. Nel 1888 il ministero della Pubblica istruzione italiano aveva già pubblicato nuove norme che imponevano nelle scuole elementari e negli asili banchi a due posti, per garantire ai bimbi libertà nei movimenti e comodità, ma anche abbastanza distanza l'uno dall'altro per tutelare l'igiene.La crescente attenzione alla salute dello scolaro fece crescere il ruolo di medici e igienisti nella progettazione dei banchi scolastici. In Italia ebbero grande risonanza le ricerche del batteriologo riminese Costantino Gorini che all'inizio del Novecento condusse un approfondito studio sulle postazioni scolastiche. Arrivò alla formulazione delle regole del banco igienico, secondo le quali piano e sedile dovevano adattarsi allo scolaro, dovevano essere specificamente pensati per attività di tipo sedentario e progettati per garantire la posizione più funzionale e comoda nel corso delle ore di lezione. Lo stesso ministero della Pubblica istruzione spiegò sul suo Bollettino Ufficiale che i banchi andavano costruiti in modo che gli alunni vi si potessero sedere senza curvare la schiena e che si potessero poi alzare, alla chiamata del maestro, senza sforzo. Fu così che vennero progettati i banchi a distanza negativa mobile, cioè con il tavolo che sporgeva sopra il sedile per facilitare l'alunno nella scrittura. In Italia, per lungo tempo, i banchi rimasero in legno, per due alunni, con un ripiano piatto e leggermente inclinato, uno spazio per il calamaio e un altro per la penna. La seduta era collegata a tutto il resto, con il risultato di una struttura pesante da spostare.Gli anni Quaranta e Cinquanta furono segnati dagli studi della pedagogista Maria Montessori che criticavano il ruolo costrittivo che il banco aveva assunto nelle classi, tanto da definirlo un principio di repressione fino quasi alla schiavitù. Le cose cambiarono definitivamente quando, negli Anni '60, nel nostro Paese accanto al ferro e al legno si diffuse l'acciaio, perché più durevole. Continuarono a essere costruiti banchi a due posti ma, sul modello del single desk americano, si cominciarono a produrre anche banchi singoli. Avevano la sedia staccata, gambe metalliche, uno scrittoio sotto cui si trovava una mensola per riporre libri e quaderni. Alcuni erano anche dotati di un gancio laterale, dove appendere la cartella. Un'ulteriore svolta si ebbe negli Anni '70 con l'introduzione di rivestimenti plastici, che resero i banchi più ergonomici e leggeri.