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Veganesimo/Nella Tana dell´Orto

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

18
APR
2014
Vivere sostenibile è una questione di etica.  In un tempo in cui gli animali sono merce, numeri, esseri senza dignità, un altro mondo è possibile. La “sfida” di Kerstin, dall’Austria a Taranto
 
Ci sono scelte radicali. Scelte che, una volta intraprese, aprono una nuova stagione della propria esistenza, colorandola di un senso completamente diverso e segnando un modo altro di stare al mondo e rapportarsi alla realtà circostante. Queste scelte finiscono per essere veri e propri manifesti programmatici, concezioni di vita che, poco alla volta, tenacemente e con costanza, riescono a fare la differenza incidendo sulla quotidianità, diffondendosi “per contagio”. Ciò è quanto sta accadendo, per esempio, con il veganesimo, filosofia di vita incentrata sul rifiuto tout court dello sfruttamento degli animali. Una sorta di seme, il quale avendo attecchito nel terreno si prepara a dispiegare appieno le proprie potenzialità, come spiega Kerstin, che nel tarantino ha dato a due iniziative basate sulla sostenibilità ambientale, La tana dell’Orto e The Vegan Tree. 
La storia di questi progetti è intrecciata, per certi versi, al percorso di vita di Kerstin, di origine austriaca ma legata a doppio filo all’Italia. «La Tana dell’Orto nasce dalla voglia di fare, attraverso quelle che sono le proprie passioni e capacità, dell’attivismo. Il primo passo per diventare vegan è ovviamente il cambiamento alimentare, pertanto la Tana nasce con i corsi di cucina, i quali diventano appunto strumento di attivismo e condivisione.  
Nel sud Italia non è la prima volta che approdo, ho vissuto cinque  anni in Sicilia da piccola. La mia è una modern family e sono molto orgogliosa di questo: l’accettazione di un modello sociale dove viene accettato e soprattutto compreso che le relazioni e la vita non sono e non si possono definire attraverso schemi predeterminati sono sicuramente un modo più concreto e positivo di vivere tutto questo. Sono austriaca, in realtà ho due cittadinanze, ma il mio cuore è apolide, sento di appartenere alla madre terra e la mia casa è il mondo. Non sono stanziale se non per brevi periodi, del resto la vita è un viaggio e io intendo camminarci intensamente». 
Poi, l’incontro di Kerstin con il veganesimo. Una decisione, la sua, di natura etica. «Il motivo principale e fondamentale che mi ha fatto fare la scelta, o meglio, mi ha fatto aprire gli occhi, è la consapevolezza che ogni vita è sacra. Da questo sono poi arrivate, come doni, delle conseguenze davvero positive: salute, serenità, voglia di fare. La consapevolezza nei confronti della nostra alimentazione è qualcosa che influenza non solo il nostro rapporto con il cibo, ma la totalità del nostro modo di vivere e rapportarci agli altri». Ma come spiegherebbe lei a scettici e “profani” il valore del veganesimo e dell’alimentazione biologica? « La mia scelta, dicevo, nasce da una consapevolezza legata all’etica. Ma di pari passo si è rafforzata man mano che ho scoperto fattori importantissimi e non solo per me. Fare questa scelta determina un cambiamento radicale, e concreto, in termini di ecologia, economia, sostenibilità, rispetto. Ho scoperto presto che l’industria alimentare è una vera e propria industria, e che è strettamente collegata all’industria farmaceutica. Ho scoperto che non siamo carnivori (i quali hanno mandibola, dentatura e apparato digerente ben diverso dal nostro, e predano e consumano la carne così com’è)  e che smettendo di mangiare carne si sta molto meglio. Ho riscoperto che in effetti i mammiferi producono il latte per i propri cuccioli, per poterli svezzare, tant’è vero che la mucca non farebbe il latte senza il vitellino […] Ho scoperto che gli animali sono merce, numeri, esseri senza dignità, i quali sono economici e, soprattutto, non hanno voce: per fare le uova, i pulcini maschi vengono tritati vivi, le galline ovaiole private della loro libertà in gabbie grandi come un A4, il vitellino tolto alla madre appena ha dato il primo respiro su questa terra […] Ho scoperto che per fare un kg di carne servono 15.000 litri di acqua, per fare un kg di cereali una media che varia dai 2 ai 5.000 litri. Ho scoperto che ci sono parole che hanno tutto nella loro etimologia anima-li. Ho scoperto che non mi interessa, in nome del denaro, distruggere un pianeta stupendo, sfruttando persone e animali. Ho scoperto che io voglio essere parte di questo mondo in maniera attiva e positiva, e uno degli strumenti attraverso il quale posso farlo nell’immediato e nel quotidiano è essere un consumatore attento. Scegliere filiere etiche, biologiche, biodinamiche, cruelty free, può davvero fare la differenza». 
Essere vegan, quindi, è un modo per ripensare non solo il nostro rapporto con l’alimentazione ma anche con la medicina “convenzionale”. «Ci si cura attraverso la fitoterapia o omeopatia. Non si indossano o comprano prodotti in pelle. Si cerca di avere un impatto il meno possibile dannoso verso gli altri e il più possibile riconnesso alla natura, in simbiosi. Invito i lettori a informarsi attraverso il web, oppure attraverso letture come: Se niente importa, Liberazione animale, L’animale ritrovato, The China Study, Mangiare sano e naturale». 
In quest’ottica di interconnessione e approccio globale, i due progetti ideati da Kerstin sono, in un certo senso, complementari.  «La Tana dell’Orto nasce come associazione culturale vegan, promuovendo appunto uno stile di vita etico e sostenibile attraverso i corsi di cucina, iniziati quasi quattro anni fa e che proseguono di stagione in stagione a oggi. Oltre a questo, man mano sono nate altre attività, prima fra tutti quella di dare rifugio e aiuto concreto ai randagi. Poi in generale si cerca di promuovere attività sociali di condivisione, che abbiano sempre uno scopo culturale e informativo, come cene sociali, proiezioni, raccolte fondi. Abbiamo fatto delle giornate di raccolta rifiuti in litoranea, e abbiamo istituito un GAS, i VegGASati. Stiamo cercando di promuovere il circuito Scec, un progetto nel quale crediamo come alternativa concreta per un’economia diversa. L’anno scorso abbiamo organizzato il primo Bioveganfest di Taranto, un’esperienza stancante ma bellissima.  Facciamo inoltre parte della rete couchsurfing e ci siamo offerti come progetto vegan: ospitalità vegan 100%. Finora è stata un’esperienza a dir poco entusiasmante. Poi insieme all’amica nutrizionista Raffaella Trovato abbiamo organizzato in sinergia delle giornate informative su alimentazione e salute, e ne faremo altre: è un tema molto importante e complesso, e non bisogna aver paura di parlarne. Come disse Socrate: “Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l’ignoranza”.
The Vegan Tree nasce dalla voglia di libero sfogo alle proprie capacità o volontà artistiche e di tramutarle in un oggetto concreto. Ho scelto le borse perché comunque borse e scarpe sono sempre un gran dilemma, spesso le trovi vegan (ecopelle) ma non sono etiche: la loro provenienza, spesso Cina e dintorni, fa sì che lo sfruttamento delle persone e dell’ambiente rendono questo prodotto non acquistabile, secondo i miei criteri di consumatrice consapevole. Così ho pensato che un altro modo per far sì che queste borse avessero un perché che non fosse mera vanità potesse essere aiutare attraverso queste una causa triste e che si protrae da molti anni, ovvero quella degli Orsi della Luna, o Orsi della Bile. Vi invito a visitare il sito di Animal Asia Foundation, l’associazione che si occupa da anni di questi meravigliosi animali. Così ho deciso che parte del ricavato di ogni borsa (il 20%) verrà devoluto a essa».
Qual è quindi, a oggi, il “bilancio” stilato da Kerstin? «In questi anni la Tana dell’Orto ha aggiunto qualche vegano a questo mondo, attraverso i corsi o la promulgazione di informazioni sul web (Fb o blog) e devo dire che questo dà tutto il senso di cui necessito per continuare. Il riscontro è, in generale, soddisfacente:  il blog bilingue viene letto in giro per il mondo e i nostri sforzi vengono in generale ripagati da una risposta positiva. The Vegan Tree è un progetto in fasce: ha appena messo il naso fuori quindi è prematura qualsiasi affermazione. Per adesso devo dire che c’è stata curiosità e interesse, vedremo nei prossimi mesi come - e se - si svilupperà».
Qual è stato invece, in conclusione, l’ostacolo più difficile da superare, e quale l’opportunità più stimolante da sfruttare operando in un contesto fortemente decentrato come il sud Italia? «Uno degli ostacoli oggettivi e concreti che mi viene su due piedi è l’effettivo cut off che si respira qui: come se gli eventi, gli interessi, le grandi cose si possano fare solo fino all’altezza di Roma o poco più giù. Nello specifico di Taranto poi, essendo noi couchsurfer, per esempio mi viene da chiedermi come è possibile che, anche solo arrivarci in treno sia, spesso, un’epopea. L’opportunità  riguarda tutti e il pianeta intero: la possibilità di ripartire, di rifare meglio, di sapere cosa è sbagliato. “Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta”, citando Buckminster Fuller».
 


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