La scherma va in scena. Ed è uno spettacolo. Arriva a Lecce il corso tenuto dall’attore sciabolatore professionista Massimo Cimaglia, ma tranquilli: lo scontro non sarà all’ultimo sangue
Morire senza farsi male. Potrebbe essere il titolo di un film, o più semplicemente un motto che riassume l’essenza del cinema. Invece non è né l’uno né l’altro, ma qualcosa che richiama entrambi: si tratta infatti del laboratorio di scherma scenica tenuto a Lecce nei giorni 11 e 12 ottobre dall’attore sciabolatore professionista Massimo Cimaglia.
Il corso, che rappresenta una novità assoluta in Puglia, intende dare una dimostrazione delle molteplici applicazioni della scherma alle varie discipline artistiche (teatro e recitazione in particolare) e illustrare una serie di tecniche indispensabili per potenziare concentrazione e coordinazione.
Il laboratorio, dedicato non solo ad attori e ballerini, ma a tutti quelli che sono curiosi di avvicinarsi a un’attività poliedrica e stimolante, partirà dall’illustrazione delle regole, cui seguiranno le esercitazioni, che vedranno impegnati direttamente i corsisti, protagonisti di un vero e proprio duello.
Cimaglia, che ha partecipato a importanti produzioni teatrali e televisive, è Maestro d’Armi per il Teatro e il Cinema, ed è membro della Commissione Scherma storica e di scena della Federazione Italiana Scherma. L’artista ha ormai un’esperienza consolidata nell’organizzazione di corsi che coniugano scherma e discipline artistiche privilegiando l’aspetto della cosiddetta “messa in scena”.
Ma com’è nata la scherma scenica? Le sue origini sono indubbiamente suggestive. Il “debutto” in Italia si deve a Enzo Musumeci Greco (1911-1994, padre di Renzo, Maestro d’Armi; il “salto di qualità” a disciplina autonoma si ebbe alla fine degli anni Trenta, quando il genere cinematografico prevalente divenne quello epico, che vide impegnati divi come Blasetti, Cervi e Nazzari.
A quel punto la figura del Maestro d’Armi proveniente dalla scherma sportiva assunse un ruolo centrale, in quanto in grado di esaltare e spettacolarizzare quanto accadeva durante le gare, in modo che fosse “fruibile” al grande pubblico. Prese avvio così lo studio delle tecniche di duello, allo scopo di adattarle al contesto cinematografico per renderle avvincenti e, allo stesso tempo, verosimili. Come si legge nel sito di Renzo Musumeci Greco infatti, «i veri duelli, spesso all’ ultimo sangue, tutto erano tranne che cavallereschi. Bastava colpire l’avversario agli occhi o in un punto vitale per annientarlo, ma nello spettacolo tutto ciò non era possibile in quanto era più importante evidenziare senso dell’onore e un codice cavalleresco. Ed è ciò che si insegna attualmente. Quindi, non solo una tecnica di base indispensabile per l’incolumità, ma anche una serie di atteggiamenti utili ad interpretare qualsiasi personaggio, dal guascone al pavido, all’aggressivo, al traditore, all’eroe, al paladino degli oppressi». Insomma, si arriva alla «integrazione tra un atleta in grado di lanciarsi per le scale, saltare sui tavoli, aggrapparsi ai lampadari, e un attore capace di trasmettere con l’espressività del viso e del corpo il messaggio che il suo personaggio vuole trasmettere; tali capacità esaltate dalla scherma, saranno una chance per tutta la carriera artistica dell’attore».
Nasce così una sorta di regia nella regia che mescola i ruoli e moltiplica le abilità, ribaltando concetti e definizioni convenzionali di sport e spettacolo, riconducendoli alla matrice comune: la dimensione ludica, ingrediente fondamentale di qualsiasi attività umana.