Un piccolo tour da Taranto a Martina, passando per i cantieri navali e la campagna costellata di trulli, raccogliendo fresie e profumi
Dopo piogge torrenziali, vento, freddo e ripetute nevicate a bassa quota che sono arrivate a lambire il mare, questo inverno, stranamente anomalo e lungo per le nostre latitudini, sta finalmente per lasciare il passo alla primavera che ormai non riesce più celarsi dietro i pochi giorni che la separano dal suo debutto ufficiale.
Ieri, prima, vera giornata di sole, dopo quasi due mesi di pioggia, freddo e vento, ho fatto una passeggiata sul lungomare di Taranto, dove, in un cantiere navale ho incontrato degli amici e gli operai che si stavano dannando per recuperare il tempo perduto a causa del brutto tempo. I primi stavano controllando le vele e le sagole, i secondi passavano l’antivegetativo sulle carene delle imbarcazioni tirate a secco per l’annuale manutenzione. Il signor Franco, titolare dell’azienda, che incontro tra prue e carene di imbarcazioni in lavorazione, dopo esserci salutati, scuote la testa e dice che i lavori sono in forte ritardo a causa delle persistenti pessime condizioni meteorologiche, che hanno caratterizzato l’inverno. «Da dicembre a quasi metà marzo si è potuto fare ben poco», mi dice. «Con questo tempo variabile e ventoso abbiamo potuto lavorare a singhiozzo e svolgere solo lavori all’interno delle imbarcazioni». Ma dopo un breve silenzio, come a riflettere sul tempo ancora a disposizione, mi dice che anche quest’anno, come sempre, tutto sarà pronto per la prossima stagione estiva e che le imbarcazioni, sia a vela che a motore, potranno prendere tranquillamente tutte il mare.
Sì, oggi è proprio una bella giornata di sole, un po’ ventosa, ma di questo siamo ormai abituati da mesi. Saluto il signor Franco e l’operaio Pasquale che continua, con gesto ritmico metodico a spennellare la carena di un cabinato. Risalgo la rampa per tornare sul lungomare, dove noto che anche la natura si sta dando da fare per sbocciare, mentre qualche timido fiorellino si è già azzardato a fare capolino tra l’erba ancora bassa e umida per la brina notturna.
Pensandoci bene, quest’anno la primavera si è fatta attendere, quasi desiderare più del previsto. Solo ora, a quattro giorni della fine dell’inverno astronomico, ancora imbacuccati in giacconi e sciarpe, si vede il primo timido sole affacciarsi sopra i tetti della città.
Come detto, oggi è la prima giornata di sole e non mi va di fare niente. La mattinata è ancora lunga e mi ispira fiducia. La curiosità di vedere se la primavera sta veramente facendo capolino anche nei dintorni, mi spinge a prendere la macchina e a recarmi, per strade non convenzionali, a Martina Franca. Di fatto chi, in questi giorni, percorre strade di campagna o collinari, avrà già notato che gli alberi di mandorlo e pesco, eroicamente, rischiando ogni notte una gelatura, sono già in fiore. Ma c’è un posto, in agro di Martina Franca, (che non svelerò nemmeno sotto tortura), che reputo il meteorologo delle stagioni, anzi, l’orologio astronomico che avverte dell’imminente arrivo della stagione primaverile. Per arrivarci si devono percorrere strade interne, non sempre bene asfaltate e costeggiate da villette ancora chiuse, forni a legna che profumano di pane l’ambiente circostante e trulli protetti da vecchi muretti a secco. Su queste strade si deve guidare adagio, con prudenza, perché se si incontra un altro mezzo che arriva dalla direzione opposta è impossibile proseguire e allora bisogna rallentare, trovare uno slargo, magari ancora pieno di fango a causa delle recenti piogge e aspettare che la strada si liberi. Dopo un po’ di sali e scendi, curve e controcurve, si arriva in cima ad una collinetta dominata da un gruppo di cinque trulli e due lamie concatenate. Lasciata la macchina e inoltrandosi a piedi per un piccolo sentiero circondato da margheritine bianche e gialle, dietro questo agglomerato di trulli, ecco che si scorge la primavera in tutto il suo splendore. In un spiazzo ondulato, sassoso e circondato da alte siepi e rovi, migliaia di tenere piantine di fresie bianche, selvatiche e profumatissime, ricoprono tutto il terreno.
Ogni anno ci ritorno apposta per osservare questo fenomeno e ogni anno trovo le fresie sempre più folte, fiorite e incolte. Non le raccoglie nessuno, segno che il luogo è rimasto sconosciuto ai più. Negli anni scorsi per vedere questa meraviglia di vegetazione ci sono dovuto tornare anche più volte, perché i bulbi non avevano ancora germogliato. Ma negli anni scorsi avevo anticipato troppo i tempi e, se ricordo bene, i giorni di marzo non erano così inoltrati come quest’anno.
Raccolgo un mazzolino di questi fiori, attento a non sradicare il bulbo e torno alla macchina, felice che in barba alle temperature ancora rigide, alle piogge e ai meteorologi sempre attenti a indicare temporali e nuvole minacciose sopra i cieli di Puglia, la natura si sia presa la rivincita sulle date astronomiche e abbia fatto di testa sua.