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Gianfranco Chiarelli/Il mio anno che verrà

Categoria: COVER

28
DIC
2012

 

La crisi politica nazionale, il ricambio all’interno del partito e un periodo difficile ormai passato. Intervista a cuore aperto con il Consigliere regionale del PdL che si prepara ad affrontare nuovi impegni con l’aiuto di forze moderate e amici ritrovati  
 
Avvocato Chiarelli l'anno che sta per finire è stato sicuramente uno dei più difficili per il nostro Paese; il governo dei tecnici ha dovuto mettere le mani in tasca agli italiani per evitare il default. Ritiene che si potesse agire diversamente? 
«Innanzitutto è bene chiarire che l'avvento del governo dei tecnici, fortemente sostenuto dal presidente Napolitano, nonché dalla sinistra, ha origine fondamentalmente da una serie di fattori concomitanti, quali una crisi mondiale che ha colpito in modo particolare l'Europa, mettendo alla luce gli squilibri che purtroppo esistono tra i vari stati della Unione; a ciò si aggiunga una crisi interna dell'intero sistema politico italiano che ha colpito tutti i partiti e che ha generato fibrillazioni e soprattutto opportunismi di ogni genere. E' inutile nasconderci che la crisi del governo di centro destra inizia con l'uscita dal Pdl di Fini che, pur non essendo stata determinante sul piano dei numeri, ha rappresentato però un ulteriore ostacolo alla attuazione delle riforme previste in agenda. Non so se quanto messo in campo da Monti si potesse evitare, sicuramente almeno in parte; di certo ciò che ha fatto questo governo poteva farlo chiunque altro. L'agenda Monti si è limitata a soddisfare le pressanti richieste dei partner europei recuperando le risorse laddove era semplice ed immediato prelevarle, ovvero dalle imprese, dal lavoro, dalle famiglie».
 
È innegabile però che l'Italia con Monti sia riuscita a riconquistare la fiducia dei partner europei.
«Non intendo sminuire la figura di Mario Monti che indubbiamente è persona capace, esperta, con un curriculum di livello internazionale, ma ritengo necessario sgombrare il campo da un grande equivoco; non possiamo pensare, come in tanti sostengono solo per convenienza di parte, che il ruolo internazionale di un Paese possa dipendere da chi lo governi, piuttosto dalle politiche che interferiscono con le altre economie. La rinata "simpatia" verso l'Italia nasce dal fatto che Monti ha messo in campo provvedimenti nel solco delle indicazioni che l'Europa, ma soprattutto la Germania, hanno di fatto imposto. Il merito dunque è dei sacrifici degli italiani, della BCE, del sostegno che il Parlamento ha dato al governo. Voglio ricordare che in un anno noi del PDL abbiamo votato circa 50 fiducie a Monti e al suo governo».
 
Perché allora far cadere il governo?
«Anche qui c'è un po’ di confusione. Noi non abbiamo fatto cadere il governo. Alfano, in modo corretto e trasparente, ha posto una questione, nell'interesse degli italiani, motivando l'astensione nel voto sul decreto sviluppo. Certo, il segnale che indica la fine di una esperienza, ma non un vero e proprio voto di sfiducia. Monti, dopo aver parlato con Napolitano, ha ritenuto di non poter proseguire, peraltro stiamo parlando grosso modo di un mese effettivo di lavoro, e ha rassegnato le dimissioni. Alla luce delle sue ultime dichiarazioni c'è da pensare che stesse solo attendendo la occasione per chiudere l'esperienza di governo e avviare quella politica».
 
Come valuta ora la possibile discesa in campo di Monti?
«Monti ha dato subito prova di essersi ben integrato nel sistema politico, almeno di una certa politica, parlando in politichese puro. Peraltro condivido pienamente l'appunto mosso dal presidente del senato Schifani che ha contestato la scelta di utilizzare una occasione istituzionale per un intervento di natura politica. Così come appaiono le cose al momento la discesa in campo di Monti con il sostegno del cosiddetto "centrino" è chiaramente orientata a favorire una coalizione con PD, SEL, UDC, Fini e vari altri fuoriusciti. Un ritorno al passato insomma. E il peggio sta nel fatto che, in piena sintonia con i rituali da prima repubblica, non si prevede un accordo ante elezioni.  Quindi gli italiani dovranno votare sulla "fiducia" senza sapere in tempo quale sia la coalizione e il relativo programma della sinistra. Noi invece presenteremo con chiarezza il programma e chi lo dovrà realizzare».
 
Tra chi sarà chiamato a realizzare eventualmente il programma del centro destra ci sarà anche l'avvocato Chiarelli?
«Come esponente del PDL, oggi consigliere regionale, e dirigente locale del Partito, mi sento sempre in prima linea nel contribuire prima alla costruzione dei programmi, quale interprete delle istanze che provengono dalla Gente, e poi nel realizzarle attraverso una costante presenze sul territorio. Se però la sua domanda punta a sapere se sarò candidato allora le dirò: nessun partito ha voluto veramente cambiare il "porcellum". Questo va assolutamente chiarito; è noto a tutti peraltro che il PD ha sempre opposto un netto no alla reintroduzione delle preferenze. Votiamo quindi con la vecchia legge e sarà compito dei vari organi  del partito individuare i candidati da presentare. Auspico che ciò avvenga con la massima partecipazione e condivisione possibile, e senza ricorrere a forme illusionistiche di democrazia di facciata come le primarie che la sinistra sta mettendo in scena in questi giorni. Ho sempre ribadito che per me la politica è una scelta di servizio, distinta dall'attività lavorativa che da decenni mi vede impegnato con soddisfazione nell'avvocatura. In questa ottica posso solo garantire la mia disponibilità laddove il partito mi chiedesse un impegno nuovo rispetto a quello attuale. Confermo comunque la mia piena adesione alla linea politica che il PDL pugliese intende sostenere».
 
Veniamo ai fatti di casa nostra; un 2012 poco esaltante per il PDL a Martina Franca.
«Tutto il centro destra a Martina, ma anche in altre realtà della provincia, a cominciare dal capoluogo, ha vissuto, per diverse ragioni, un momento di significativa flessione del consenso. Ciò è dovuto essenzialmente ad una più generale crisi di fiducia degli elettori che ha fatto registrare una astensionismo record. Ciò ha penalizzato soprattutto quei partiti che tradizionalmente raccolgono il voto libero, favorendo chi invece beneficia del voto organizzato. C'è però fondamentalmente una questione legata alla frammentazione e all'eccessivo personalismo. Il centro destra a Martina resta l'area di riferimento ma si è presentato diviso consegnando così la città alla sinistra».
 
La sconfitta elettorale ha determinato qualche scossone  all'interno del partito e Lei è diventato coordinatore cittadino; cosa cambia ora nel PDL?
«Più che di scossone io parlerei solo di un ricambio fisiologico. Ripeto, la sconfitta elettorale dell'intero centro destra non può essere addebitata al solo  PDL, né tantomeno a singoli esponenti, o candidati. Oggi, presa coscienza di qualche oggettivo errore commesso, proviamo a riprendere il percorso con la certezza di poter riconquistare la fiducia dei martinesi. Abbiamo costruito una grande squadre fatta di professionisti, giovani, donne, imprenditori, operai, impiegati, artigiani, con la quale intendiamo proporre un nostro progetto politico, alternativo alla sinistra, partendo dalla necessità inderogabile di traguardare la massima partecipazione e condivisione delle decisione più importanti per il futuro della nostra città. In primo luogo è necessario riunire le forze moderate ponendo fine alle divisioni. Per questo a breve metteremo in cantiere un progetto per una conferenza programmatica che chiameremo ModerAzioni per Martina».
 
Intanto però pezzi del PDL sono andati via. C'è un inizio di diaspora?
«Se si riferisce a Idealista io non parlerei assolutamente di diaspore; l'amico Michele Marraffa ha chiaramente fatto intendere che la sua casa resta nei confini del centrodestra e ha dichiarato la sua adesione al progetto politico di Fitto. Non ho inteso leggere la decisione di distinguersi dal PDL come un atto di sfiducia nei miei confronti o della nuova dirigenza del partito, anche perché sarebbe incomprensibile un giudizio su un operato relativo a solo un mese di attività, quanto una comprensibile reazione umana ad una sconfitta immeritata, che, però, ripeto ancora, è dipesa solo dalla incapacità del centro destra di presentarsi unito all'appuntamento elettorale. Ritengo che gli amici di Idealista, che rappresentano un valore aggiunto per il centro destra, al momento opportuno sapranno fare squadra nell'interesse della città e del territorio».
 
Finiamo con gli auguri per il nuovo anno.
«Se il 2012 si chiude come un anno terribile per il nostro Paese e in  particolare per la nostra provincia, così gravemente colpita da tanti eventi nefasti, da tante crisi, penso all'Ilva, a Teleperformance, all' ITN, penso al tornado, ai due operai Ilva tragicamente scomparsi, ai tagli alla sanità, il 2013 si presenta come un anno decisivo. La politica tornerà a governare e dovrà dare prova di aver compreso gli errori commessi per provare a rilanciare il Paese con azioni che associno al rigore di Monti la equità, che francamente è mancata, e la crescita. A livello locale l'auspicio è che si risolva definitivamente il dualismo salute-lavoro, che si trovino le soluzioni migliori per superare la crisi generalizzata che colpisce ormai tutti i settori della economia, che si ridia fiducia al commercio, che si garantisca a tutti una vita dignitosa. Un compito sicuramente non facile che dovrà vederci tutti impegnati in primo luogo a riavvicinare i cittadini alla politica e a favorire la maggiore partecipazione alle più importanti decisioni che riguardano il futuro del nostro Paese».
 
 


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