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Il racconto/ Piero e Valentina

Pubblicato da: Categoria: Curiosità

17
LUG
2015

Si erano conosciuti al liceo: Piero frequentava il quarto anno e Valentina il secondo. Storia di un amore – e di un regalo - telepatico

 

Una mattina, all’uscita della scuola, Piero si era fermato a parlare con gli amici quando una ragazza, Valentina, gli chiese di tenergli lo zainetto: “Tienimelo un attimo per favore. Torno subito”, gli disse allontanandosi velocemente. “Ma chi è?” chiese Piero alle ragazze che stavano con lei. “E’ incavolata nera con il professore di italiano perché gli ha rifilato un tre”. Gli riferì una delle ragazze. “Ma quella è matta. Proprio alla fine dell’anno vuole mettersi contro i professori?”. Rispose Piero depositando lo zainetto nelle mani di un’altra ragazza e correndole dietro per fermarla prima che potesse raggiungere l’insegnante: “Ma cosa fai? Lascia stare. Vuoi compromettere l’anno?”, le disse trafelato. Lei con uno scarto si divincolò e riprese l’inseguimento. Piero la raggiunse ancora e le si parò davanti: “Lascia stare. E’ meglio, credimi”. Valentina si fermò e lo squadrò: “Ma che vuoi? Chi sei?”. “Mi chiamo Piero. Piacere.” Le rispose lui sorridendo e porgendole la mano. Dopo un attimo di silenzio, tutti e due tornarono sui loro passi, con Valentina che non smetteva di mandare invettive contro il Professore, perché le aveva rifilato un tre al tema sull’Illuminismo e Piero che cercava di calmarla. Tornati davanti al cancello dell’istituto, Valentina riprese il suo zainetto e Piero inforcò il motorino. “Vuoi un passaggio? Dove abiti?”. Valentina si sedette dietro di lui e insieme abbandonarono la scuola, e da quel giorno non si lasciarono più. Finito il liceo, Piero si iscrisse a giurisprudenza all’ateneo di Bari e per non sentire troppo la mancanza della ragazza faceva il pendolare ogni giorno. Quando, due anni dopo, anche Valentina si diplomò e scelse di iscriversi al corso di laurea magistrale in storia dell’arte a Firenze, anche lui, per evitare tutte quelle ore di autobus, preferì sistemarsi stabilmente a Bari. Ma la lontananza era un supplizio, una sofferenza continua, troppo grande per tutti e due. Non c’erano sms, video chiamate, email che bastassero: era troppo forte il bisogno che sentivano uno dell’altra e viceversa. 

Per la data del loro anniversario, il 4 giugno, Piero voleva farle una sorpresa: raggiungerla a Firenze, acquistare delle rose rosse appena sceso dal treno e presentarsi a casa sua per portarla a cena fuori. Allo scoccare della mezzanotte le avrebbe dato il regalo. Così, qualche giorno prima della partenza andò dall’orefice di fiducia e comprò una catenina d’oro con un ciondolo a forma di cuore, dove fece incidere le loro iniziali. Il 3 mattina salì sul treno per Firenze, via Napoli e Roma.

Valentina, avendo avuto la stessa idea, per fargli una sorpresa aveva acquistato anche lei un regalo, per poi presentandosi a casa sua a Bari o a Taranto, a seconda di dove si trovasse. Così il giorno 3 si fece accompagnare da un’amica alla stazione di Firenze e prese il treno, via Bologna e Pescara, per tornare in Puglia. Quando si sentivano al telefono, tutti e due si dicevano addolorati per non poter trascorrere assieme quella data tanto importante per loro, ma intanto si assicuravano che l’altro non si muovesse dal luogo in cui diceva di stare. Naturalmente sia Piero che Valentina avevano messo al corrente i propri genitori della sorpresa che volevano fare così, quando le due mamme causalmente si sentirono al telefono, capendo che il diavolo ci aveva messo la coda, cercarono di porvi rimedio e, sperando di fare ancora in tempo, chiamarono i rispettivi figli. Una volta venuti a conoscenza dell’inghippo i due ragazzi si misero subito in contatto tra loro per cercare di risolvere il problema: “Valentina dove ti trovi?”, “Amore, mannaggia, volevo farti una sorpresa e sto tornando a casa, e tu?” “Io sono sul treno e sto andando a Firenze”. “ E ora? Come facciamo?” Chiese Valentina preoccupata e delusa, ma dentro di se anche contenta che Piero avesse avuto la sua stessa idea. Piero le disse che sarebbe sceso alla stazione di Napoli per aspettarla. Ma lei mortificata gli dovette dire che viaggiava sulla tratta adriatica e che pertanto non sarebbe stato possibile incontrarsi prima di Bari. Piero allora pensò di fermarsi a Roma per correre all’aeroporto e prendere il primo volo per Bari o Brindisi; ma il suo treno aveva solo da poco superato la stazione di Potenza e per arrivare a Roma ci sarebbero volute almeno altre quattro ore. Valentina, cercando anche lei una soluzione, pensò di scendere a Pescara e prendere la coincidenza per Roma. Ma il suo treno aveva solo da poco lasciato la stazione di Ancona e così le cose sembravano ingarbugliarsi sempre di più. Fortunatamente, prima di scaricare del tutto i propri cellulari, arrivarono ad una soluzione: si sarebbero incontrati a Roma: il primo che arrivava alla stazione Termini avrebbe atteso l’altro. Verso le 14:30 il treno di Valentina entrò nella stazione di Pescara, ma subito apprese che la prima coincidenza per Roma sarebbe partita solo alle 16:55. Spossata e snervata si avviò verso il bar per prendersi un toast, una bibita e cercare di ricaricare il cellulare, poi si sarebbe seduta a un tavolino per far trascorrere il tempo leggendo un libro. Ma a causa del nervosismo e dell’ansia che l’attanagliava, per quell’ulteriore e irritante contrattempo, non riuscì a leggere nemmeno una pagina. Piero intanto, intorno alle 14,45, era arrivato a Roma Termini e anche lui, per prima cosa, andò alla ricerca di una presa elettrica per ricaricare il suo cellulare, poi si armò di santa pazienza e sedutosi su una panchina della sala d’aspetto si mise a sfogliare un giornale sportivo. Quando i due cellulari ripresero a funzionare la conversazione ricominciò più fitta che mai: Piero la informò che si trovava a Roma e che la stava aspettando; lei invece gli dovette dire che era ancora ferma a Pescara e che non sarebbe arrivata a Roma prima delle 21:00. Chiusa la comunicazione Piero cestinò il giornale e uscì dalla stazione per andare a cercare qualche libro sulle bancarelle di piazza Esedra: biografia di qualcuno, un libro di storia, dato che i romanzi proprio non riusciva nemmeno ad aprirli. Dopodiché, per distrarsi e far passare il tempo si fece anche una lunga passeggiata su via Nazionale, sino al Quirinale e ritorno. Tornato a Termini, quando si era fatto ormai buio, finalmente, sentì la comunicazione che annunciava l’arrivo del treno proveniente da Pescara.

Mentre il treno, con un forte ritardo, stava entrando in stazione, Piero era lì sul marciapiede del terzo binario che cercava di scorgere tra i passeggeri Valentina e quando anche lei lo vide, con un salto scese dal vagone e sgomitando e urtando la gente, gli corse in contro sorridendo. Incuranti degli altri passeggeri che passavano accanto ignari della loro gioia, finalmente si abbracciarono, e baciarono, come solo chi si ama alla follia può fare. Durante quella stretta interminabile, poiché Piero in tutte quelle ore d’attesa non ci aveva proprio pensato e nemmeno a Valentina era venuto in mente dove avrebbero potuto trascorrere la notte, quando udirono l’altoparlante della stazione informare i viaggiatori che sul secondo binario era in partenza il diretto per Taranto, via Napoli – Potenza, Piero e Valentina, sbarrando gli occhi e tenendosi per mano, corsero ridendo al terzo binario per salire su quel treno che gli avrebbe riportati a casa. Passata la mezzanotte e arrivato il 4 giugno, Piero estrasse dallo zainetto il regalo che aveva in serbo per Valentina e dandole un bacio le disse: “Auguri Amore”. Lei appoggiò l’involucro sulle ginocchia, aprì la sua immensa borsa ed estrasse anche lei il regalo per lui: “Per te, amore mio. Il regalo di Valentina consisteva in una catenina d’oro con le loro iniziali incise su un ciondolino a forma di cuore; uguale identico a quello che Piero aveva acquistato per lei. Nella penombra silenziosa del vagone, confrontando i loro regali, scoppiarono in una fragorosa risata, la quale ebbe come conseguenza quella di svegliare di soprassalto i passeggieri che stavano dormendo e di sentirsi sibilare un altrettanto fragoroso: “Silenziooo.” Soffocando le loro risate si strinsero ancora più forte e Valentina, piano piano, lasciando scivolare la testa sulla spalla di Piero, stanca morta, si addormentò. Per lo stress e per il trambusto della giornata, poco dopo, anche Piero, appoggiando la testa su quella di Valentina, scivolò in un sonno profondo.

 


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