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I nuovi ghetti

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

26
LUG
2013
Ci sono parole e concetti che, nel corso dell’evoluzione umana, subiscono mutazioni che ne stravolgono sostanzialmente il significato primogenito. Tra queste parole e concetti geneticamente modificati troviamo oggi quelle di ghetto e ghettizzazione. Da giovane studente i miei docenti mi aiutavano a considerare il ghetto, così come la ghettizzazione, come un luogo circoscritto all’interno del quale un uomo, o più uomini, o un gruppo di uomini, o addirittura istituzioni nazionali costringevano a vivere altri uomini, loro simili, conculcandone i principi di libertà individuale e di uguaglianza. Gli esempi partivano dal lontano medio evo con la ghettizzazione religiosa subita degli ebrei della diaspora nelle città della cattolicissima Europa, per giungere a noi attraverso i ghetti razziali simboleggiati da Soweeto in Sud Africa, dai ghetti sociali delle favelas sudamericane e degli slum nord europei, dai ghetti del confino politico degli antifascisti ai gulag del regime comunista. Tutte queste forme di ghettizzazione avevano, ed hanno ancora in molti casi, un comune denominatore: venivano esercitate con violenza contro la volontà di chi ne era, e ne è, oggetto. Non pensiate che questa sottolineatura sia pleonastica. A quanto pare proprio questo concetto sembra che oggi abbia subito modificazioni sostanziali tali per cui, ciò che era riconosciuta come una ghettizzazione indotta, si è trasformata in una autoreferenziale auto ghettizzazione. In questi giorni il Parlamento italiano ha iniziato l’iter legislativo per introdurre, nel nostro ordinamento penale, l’inasprimento delle pene come aggravante per il reato di omofobia. Ineccepibile il principio di punire i reati di violenza che hanno come fil rouge la discriminazione, qualunque essa sia, ma al contempo mi chiedo perché una forma di discriminazione debba essere considerata più grave ed efferata di altre. Perché la violenza contro esseri umani motivata con l’omofobia deve essere considerata più odiosa della violenza perpetrata nei confronti di esseri umani motivata dalla pelle di un altro colore, o della violenza nei confronti di esseri umani motivata da una vocazione religiosa diversa, oppure della violenza contro i bambini perché sono tali, oppure della violenza nei confronti di esseri umani motivata dal fatto che vivono derelitti per le strade, o ancora della violenza nei confronti delle donne perché sono tali? Il rischio che io pavento è che le giuste rivendicazioni di uguaglianza degli omosessuali, contro ogni deriva discriminatoria, si stia trasformando in una rivendicazione lobbystica e che come tale, rivendicando trattamenti speciali in ordine alla propria supposta diversità, si sta trasformando in ciò che prima ho definito autoreferenziale auto ghettizzazione. A riprova di ciò, ma sono pronto a fare ammenda se sbaglio, mi sono sempre chiesto perché se gli omosessuali si ritengono giustamente individui tra individui uguali, sentono il bisogno di celebrare la loro diversità con il Gay Pride? Perché allora nessuno si sogna di istituire l’Eterosexual Pride (l’orgoglio eterosessuale), oppure il Fat Pride (l’orgoglio degli obesi), o ancora l’Ugly Pride (l’orgoglio dei brutti), ma neanche il Black Pride (l’orgoglio nero), categorie queste ultime tre parimenti discriminate. Se procediamo su questa china non ci siamo nel modo più assoluto. La cultura dell’uguaglianza, la cultura della tolleranza, la cultura del rispetto delle diversità deve essere assimilata per osmosi non può essere imposta. Ricordo con piacere il mio docente di anestesiologia a Parma che mi onorava anche della sua amicizia. Era un omosessuale e viveva pubblicamente la sua storia sentimentale convivendo con il suo compagno, che tra l’altro era mio amico e collega di studi all’università, senza che questo abbia mai provocato atti o azioni discriminatorie e senza godere di tutele legislative particolari. Erano gli anni ’70 e temo che in 40anni abbiamo fatto molti passi indietro! I ghetti vanno abbattuti, non usati per rivendicare il diritto di essere più uguali tra gli uguali.
 


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