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GIULIA FONZONE/VOCE ALLE DONNE

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

10
GEN
2014
Con “Tacita mater”, il suo romanzo d’esordio, l’autrice stattese racconta emozioni, sofferenze, gioie e privazioni dell’universo femminile nell’Italia del Novecento, invitandoci a riflettere sulla forza del desiderio e sulla capacità di trasformare in positivo una situazione spiacevole
 
Un paese di provincia, una donna desiderosa di riscatto, una storia d’amore complicata, un segreto da custodire e una nipote decisa a fare tesoro dell’insegnamento di sua nonna. 
Questi gli elementi principali del romanzo d’esordio di Giulia Fonzone, autrice stattese che con “Tacita mater” rivela aspetti di un universo femminile fino a poco tempo fa sconosciuto e su cui invece è importante rivolgere l’attenzione. 
Pubblicato da Edit@, la storia è incentrata su una famiglia, bella numerosa e compatta, ma su cui aleggia un mistero, che come una sorta di karma cosmico si riversa sulle vite di ognuno, influenzandone il corso degli eventi, ma anche e soprattutto le scelte e le sfumature caratteriali. 
 
Giulia, da operatrice culturale ad attrice e regista teatrale, ora ti vediamo anche in veste di scrittrice. Come sei giunta alla narrativa?
«La scrittura è sempre stata parte di me, inizialmente però era quasi un’operazione catartica, fungeva da valvola di sfogo. Il mio era un mettere su carta tutte le sensazioni e le riflessioni che venivano scaturite dagli incontri con gli altri. Sono sempre stata interessata, nelle relazioni interpersonali, a tutto ciò che non è manifesto, tutto quello che non viene detto. Provo una forte empatia e vicinanza nei confronti dell’Altro. Non so se le mie intuizioni sono sempre corrette, ma alle volte mi capita di “sentire” ciò che non mi è stato riferito, quasi come se si trattasse di visioni della loro anima».
 
Vedere aldilà di ogni apparenza, scavare oltre la superficie è ciò che rende uno scrittore degno di questo nome.
«Finora ho scritto di me, di cose che conoscevo. Ho raccolto le mie impressioni e riflessioni e l’ho fatto indipendentemente da eventuali pubblicazioni. È divenuto poi una sorta di lavoro, di missione, qualcosa che sono talmente abituata a fare che entra oramai nella mia quotidianità. Tuttavia, anche quando si scrive attingendo dalla propria interiorità, emergono comunque dei pezzi, delle sfaccettature di altre persone. L’incontro con gli altri, per me, è speculare: riconosco nei miei interlocutori quello che ho dentro».
 
Il tuo romanzo d’esordio, “Tacita mater”, è la storia di una donna speciale, ma anche uno spaccato di vita in un paese di provincia nell’Italia del Novecento.
«Esatto, in particolare racconta come da periodi oscuri e situazioni storte, non conformi alle normali regole sociali, possa nascere qualcosa di positivo. Ma per trasformare il brutto in bello ci vogliono degli animi speciali, come quelli di Amelia e Giorgio, i protagonisti del libro. Nonostante il loro amore travagliato, nato in un modo strano ma allo stesso tempo figlio dell’epoca in cui vivevano, sono riusciti a costruire una bellissima famiglia».
 
La famiglia è proprio il punto focale dell’intero libro.
«È da lì che parte tutto e si inizia a conoscere il mondo. La famiglia è un legame indissolubile, c’è sempre, ci si perdona tutto. In “Tacita mater” l’energia di un componente della famiglia passa di volta in volta a qualcun altro. Soprattutto parlo molto di energia femminile, che si evolve continuamente di generazione in generazione, da Amelia a Gemma, un’altra grande protagonista del romanzo. Ogni tassello serve alla successiva per ritrovare parti di se stessa».
 
A proposito di energia femminile, “Tacita mater” è una storia dedicata a tutte le donne. Nel romanzo si nota, anzi, una sorta di dualismo tra i due generi, maschile e femminile.
«Il romanzo parte dagli anni Trenta del Novecento e arriva sino ai giorni nostri, quindi vi è una certa evoluzione nello stile di vita e soprattutto nei ruoli che uomini e donne dovevano ricoprire. In passato la società era fortemente patriarcale. Il padre di famiglia aveva il controllo su tutti i membri, in particolare sulla moglie e le figlie femmine. Gli uomini consideravano questa responsabilità un onere, sicuramente, ma anche un onore, qualcosa che li facesse sentire indispensabili. Le famiglie solitamente erano molto numerose, eppure le donne raramente contribuivano con il loro lavoro: non avevano quasi voce in capitolo. Amelia, invece, è una donna che si ribella a tutto ciò, vuole far sentire la sua voce».
 
Cosa difficile in quegli anni e soprattutto nel meridione, in un paese di provincia, per giunta. 
«Le donne del Sud hanno un maggiore senso di possesso della famiglia, la quale viene considerata come qualcosa da custodire, da proteggere. Qualcosa di prezioso che va preservato a ogni costo. Adesso stiamo imparando a lasciarci andare un po’, a mollare il controllo sui nostri figli e a dedicarci anche a noi stesse. Ma non ci saremmo riuscite senza donne come Amelia. In ogni epoca ci sono state persone dotate di grande intelligenza e di una maggiore apertura mentale, che si sono ribellate, per fortuna delle generazioni successive, alle restrizioni a cui erano costrette. Non potevano studiare, non avevano potere decisionale in famiglia, e così via. Io capisco la loro voglia di cambiare le cose, perché anche io ho dovuto faticare molto per fare ciò che desideravo, professionalmente parlando. Tuttora noi donne, specie sul lavoro, viviamo numerose problematiche, e spesso si è costrette a scegliere tra lavoro e famiglia rinunciando necessariamente a una delle due cose. Pian piano mi auguro che il genere femminile otterrà un’ulteriore conquista in questo campo. È necessario capire che entrambi gli aspetti sono importantissimi e non si deve essere costretti a sopportare pesanti rinunce».
 
In “Tacita mater” tratti dei temi molto importanti, su cui, come hai ben detto, è importante puntare un riflettore. Dopo questa prima pubblicazione, stai già lavorando a un nuovo progetto?
«Sì, continuo a scrivere ogni giorno, a prescindere da tutto. Ma in ogni caso si tratta di un progetto ancora piuttosto embrionale. Posso dire soltanto che, come il primo romanzo, anche questo seguirà il filone del riscatto sociale, dunque anche in questo caso l’attenzione sarà puntata verso le fasce più deboli. Mi auguro di riuscire a dare voce a chi ha tanto da dire ma non ha modo di farlo».
 



Commenti:

Giulia Fonzone 10/GEN/2014

Fantastica Roberta! Ho apprezzato molto il tuo articolo e non solo perché parla di me nei toni e negli argomenti, rispettando in pieno il mio modo di vedere le cose, ma anche perché hai saputo cogliere sfumature che io stessa non credo a volte di riuscire ad esprimere. Ci vuole una sensibilità notevole per comprendere il linguaggio altrui e tu sai farlo. Grazie

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