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Marco Cortesi/Mara Moschini: L´importante è non farlo più

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

3
AGO
2012

 

Una guerra atroce, quella dell'ex Jugoslavia, due attori, quattro storie vere, tanta voglia di ricordare, per non sbagliare ancora. Ecco ciò che rende “La scelta” uno spettacolo che cambia la vita
 
Il cortile della chiesa Maria Regina Pacis di Lama, adibito a teatro all'aperto, ha ospitato nei giorni scorsi lo spettacolo “La scelta”, ideato e portato in scena dai due unici protagonisti Marco Cortesi e Mara Moschino, due giovani attori, già ben affermati che da mesi ormai hanno perfettamente conciliato arte e responsabilità. “La scelta” è uno spettacolo che nasce dalla voglia di questi due giovani attori di raccontare storie, positive, che ci facciano capire come in fondo, siamo proprio noi con il nostro amore a poter fare la differenza. Raccontano quattro storie, vere per davvero, le definiscono all'interno dello spettacolo stesso, tratte da uno dei conflitti più atroci e sanguinosi che la storia abbia mai potuto presentare: la dissoluzione della ex-Repubblica federale socialista di Jugoslavia. Quattro storie di amore, di coraggio, di sentimenti e di valori quelli che fanno essere forti di fronte a qualsiasi differenza che ci venga imposta. Quattro storie che ti aiutano a pensare, a capire e soprattutto a ricordare, perché l'obbiettivo principale di questo spettacolo è proprio quello di ricordare. Solo in questa maniera, tutto sarà sempre chiaro e si riuscirà a non cadere negli stessi errori del passato. Marco e Mara, dotati di bravura e sensibilità, riescono a catturare l'attenzione del pubblico durante l'intero spettacolo, alternando momenti profondamente drammatici a momenti di una leggera ironia che arriva dritta al cuore forse più della tragicità stessa. Le quattro storie sono solo una piccola parte di altre novanta contenute nel libro di Svetlana Broz, medico cardiologo, nipote di Josip Broz, o come tutti lo conosciamo Maresciallo Tito, che durante la guerra, con sua figlia decide di lasciare Sarajevo, per dedicarsi all'assistenza medica volontaria nelle zone più devastate, e con un piccolo registratore raccoglie tante testimonianze di una violenza da far paura ma anche di un grande amore, quell'amore che supera tutte le barriere dell'odio.
“La scelta”: uno spettacolo, un racconto di storie vere. Data la portata dello spettacolo, una scelta anche per voi. Raccontateci.
«Come tante cose che spesso nella vita funzionano, nel mezzo vi è tanta fortuna, ma nel  senso di strane coincidenze. Se non fossero accadute determinate cose noi forse, oggi non saremmo qui a fare questo spettacolo. Per due anni abbiamo collaborato con Rai Storie, per un programma che avevamo ideato e che conducevamo, “Testimoni”. Lavorare per Rai ti onora, ma allo stesso tempo è molto dura, la cosa più difficile è riuscire a incontrare le esigenze del pubblico, degli autori e doversi sempre scontrare con un meccanismo di ascolti, devi raggiungere quegli ascolti, altrimenti il programma, per quanto bello possa essere viene tolto. Terminato questo lavoro eravamo in una sorta di strano limbo in cui sentivamo il bisogno di tornare a raccontare storie, o meglio Storie, in cui crediamo davvero. Dopo la lettura del libro “I Giusti nel tempo del male”, di questa autrice Svetlana Broz, che poi abbiamo scoperto essere anche un personaggio importante a livello internazionale in quanto nipote del maresciallo Tito, decidemmo di fare qualcosa. Queste quattro storie, quelle che poi riportiamo  sul palcoscenico,  erano troppe significative e decidemmo con tutte le paure del caso, di realizzare uno spettacolo per poterle raccontare. Pian piano riuscimmo a risolvere tutti i problemi: scoprimmo che il traduttore del libro è un nostro concittadino, chi ne aveva curato l'introduzione è un professore dell'università di Bologna, nostro amico, Andrea Canevaro, infine mandammo una mail alla signora Svetlana, a Sarajevo, che ci rispose “nema problema”: non c'è problema.
E quindi, tra una cosa e l'altra abbiamo deciso di fare solo due repliche, ma durante la seconda era presente un'attivista e responsabile di Amnesty International, Monica Mazzoleni, che ci raggiunse alla fine dello spettacolo e ci chiese se avessimo voluto il patrocinio di Amnesty. Nel giro di un mese lo spettacolo ha iniziato a rimbalzare da paese a paese e a novembre lo porteremo anche a Sarajevo, Belgrado e Zagabria. Una serie di stranissime, fortunate coincidenze».
Qual è la forza di questo spettacolo?
«La cosa più bella sono le emozioni che la gente ci racconta di aver provato durante lo spettacolo e soprattutto dopo essere rientrati nelle proprie case. Lo spettacolo si basa su una pagina veramente drammatica della nostra storia, tanto drammatica quanto dimenticata. Crediamo che la forza siano proprio le quattro storie, storie vere di coraggio, coraggio civile, tra gente che teoricamente era autorizzata a voltarsi le spalle. Questo messaggio di amore lascia il pubblico esterrefatto e riesce a pensare che non va tutto male come saremmo portati a credere e soprattutto se voglio posso anche io cambiare qualcosa, non solo nei grandi eventi della storia, ma anche della nostra stessa vita».
La signora Svetlana Broz...
«La signora, che noi abbiamo avuto l'onore di conoscere perché è venuta a una replica dello spettacolo, merita un'attenzione particolare. E' stata la replica più angosciante e allo stesso tempo emozionante di questo spettacolo, perché in fondo è anche un po' suo.  Questa donna è enorme, alta, grande, occhi celesti, di ghiaccio, ma la sua sensibilità è grande quanto lei. Dopo aver visto lo spettacolo ci è venuta incontro piangendo e ci ha detto all'orecchio: grazie per aver capito. Queste parole ci sono bastate».
Quanto è importante oggi raccontare queste storie?
«L'esperienza ci ha portato a renderci conto che la gente ignora pagine e pagine di storia. Cicerone diceva “ Historia magistra vitae”, la storia è maestra di vita e all'interno dello spettacolo, noi diciamo che qualcuno tanti secoli dopo, aggiunse “chi non conosce il passato è condannato a riviverlo”. Quindi a un certo punto, sentimmo la responsabilità civile nel fare. Soprattutto quando siamo nelle scuole, i ragazzi ci ringraziano per aver fatto loro apprendere queste pagine di storia. Siamo abituati a studiare le guerre tra buoni e cattivi, ma le guerre sono molto altro. E soprattutto la pace non è un bene così scontato. Per fortuna Internet aiuta tanto a informarsi liberamente e a creare una vera coscienza civica, ma mai dimenticheremo la frase di Natalia Ginzburg: “c'è un vero antidoto contro tutte le guerre, qualsiasi crisi: la memoria”. Se il passato si ricorda siamo in una botte di ferro, il problema è quando lo si dimentica. Non a caso in tutti i regimi totalitari la prima cosa fatta era quella di nascondere, di far dimenticare».
Qual è la vostra più grande difficoltà quando siete in scena, con questo spettacolo?
«A oggi, possiamo parlare di sfida, e la sfida più grande è quando ci esibiamo nelle scuole. Il pubblico di una scuola è un pubblico quasi sempre obbligato a venire ad assistere, un pubblico diffidente e pronto a non ascoltare. Ma se ci credi davvero riesci a prenderlo, a non farlo fuggire e distrarre con la mente. E questo è il ringraziamento migliore. I giovani oggi sono molto più fragili delle precedenti generazioni ed è per questo che bisogna dare loro motivi di interessi positivi. Devono credere in qualcosa e quando ci rendiamo conto aver dato quel qualcosa siamo pieni di gioia».
Siete a Taranto per la seconda volta. Com'è questo pubblico tarantino?
«Il pubblico pugliese in generale è super caloroso. La vostra ospitalità è impressionate, è qualcosa a volte di sconcertante, come quella Don Mimino, il Parroco della Chiesa Maria Regina Pacis di Lama, che ci ha ospitati.»
 


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