Da Taranto a Sanremo. Alla 64^ edizione del Festival della canzone italiana, ecco una delle personalità più interessanti del panorama musicale. Da tenere d’occhio
Sul palco di Sanremo sta dando dimostrazione del suo grande talento con la sua splendida canzone, Babilonia. Giovanissimo, ma già molto attivo nell’ambito musicale, Diodato, artista tarantino, sta riscuotendo il consenso del pubblico con il suo timbro già estremamente riconoscibile e il suo indiscutibile carisma.
Noi di Extra lo abbiamo incontrato poco prima della sua partenza per il Festival e ci siamo fatti raccontare le emozioni e le gioie dell’evento canoro più atteso dell’anno.
Qual era il tuo stato d’animo prima di Sanremo?
«Devo dire abbastanza rilassato, sereno. Certo, più si avvicinava il grande momento e più sentivo montare una piccola tensione, ma tutto sommato ho vissuto quei giorni con molta tranquillità. Gli impegni sono stati tanti, devo dire. E, naturalmente, la settimana precedente è stata un continuo susseguirsi di interviste, incontri, viaggi e molto altro. Sicuramente vedo questo Festival di Sanremo come una grande occasione, una splendida vetrina per farmi conoscere dal grande pubblico. Tuttavia, non è l’occasione della vita, quella per cui pensi che se va male non ce ne saranno altre. È semplicemente un bellissimo ed entusiasmante trampolino di lancio che sto cercando di godermi al meglio e con la massima calma. Anche perché con questo stato d’animo più rilassato riesco a dare il meglio di me. Se fossi agitato rischierei di non dare il massimo».
Cosa ti aspetti da questo festival?
«Mi aspetto un Festival divertente, spumeggiante, considerata la simpatia dei conduttori. Voglio ricordare a lungo questi momenti, quest’esperienza unica dove la musica è la vera protagonista. Ho apprezzato moltissimo la scelta del direttore artistico e di tutta l’equipe di mettere al centro di tutto la vera essenza di questa manifestazione, lasciando in secondo piano il resto. Non bisogna dimenticare che è il festival della Canzone italiana!».
Che atmosfera si respirava durante le prove?
«Bellissima. Sembrava di trovarsi al centro di un incredibile Carnevale. È tutto molto concitato, naturalmente, ma dietro questa manifestazione vi è una grande organizzazione e molta professionalità da parte di tutti. Questo per me è un momento davvero splendido e sono contento di condividerlo con tutti quelli che mi hanno sostenuto: amici, famiglia e anche quella “musicale” che ha sempre creduto in me. L’arte è sempre complicata e il settore della discografia non fa eccezione, ma io ho avuto la fortuna di trovare persone che hanno visto del potenziale in me e che hanno supportato il mio lavoro».
Parlaci della canzone che presenti, “Babilonia”. È dedicata a qualcuno in particolare?
«”Babilonia” è una riflessione personale nata in un periodo particolare della mia vita, un periodo nel quale ho dovuto compiere delle scelte importanti e prendere decisioni fondamentali. Quando si attraversa un momento di crisi, la passione ti viene sempre in soccorso. Pur creando disorientamento ti aiuta a liberarti dalle gabbie in cui ti sei chiuso da solo. La musica, nel mio caso ha avuto davvero una funzione catartica, di sfogo. Attraverso le mie canzoni riesco a far uscire quel fiume in piena che sono le mie emozioni. “Babilonia” parla di individui e di società e del rapporto complesso che intercorre tra questi due fattori. In un certo senso, si può dire anche che parli di una forma d’amore… Quest’anno molte canzoni di Sanremo parlano d’amore, del resto, ma credo sia inevitabile visto il periodo in cui viviamo. È talmente grigio che non si può non parlare dell’unica cosa in grado di risollevarci».
Si sente, se non sbaglio, un violino in sottofondo. Non è una scelta casuale visto come è avvenuto il tuo primo approccio alla musica.
«Sì, è vero. Nasco violinista… ma ero pessimo! A scuola media avevo scelto l’indirizzo sperimentale musicale e tra gli strumenti scelsi, appunto il violino. Mi conquistava il suo suono meraviglioso e il fatto che venisse considerato lo strumento che è maggiormente in contatto con il cuore. Si dice appunto che sia la voce dell’anima. Ebbene, nel mio caso era una tortura cinese! Ne usciva un suono tremendo, stridulo. Ricordo che prima di ogni saggio il professore faceva una premessa al pubblico. Esordiva con: “Cercate di capire. È uno strumento difficile”. Vi lascio immaginare».
E adesso suoni qualcosa?
«La chitarra. La uso molto per accompagnare la scrittura, per elaborare testi e musica. E inoltre sto imparando a suonare il pianoforte… ma sono ancora agli inizi. Ci vado… piano!».
La tua carriera è in piena ascesa. Dopo aver suonato e cantato in vari gruppi, è uscito il tuo primo singolo ,“Ancora un brivido”, che ti ha aperto una strada con Daniele Tortora, una persona che è stata rilevante per il tuo esordio.
«Esatto. Lui aveva già collaborato con moltissime personalità di rilievo del panorama musicale, tra cui Niccolò Fabi, i Planet Funk, gli Afterhours e molti altri. A Daniele Tortora devo moltissimo, perché dopo avermi ascoltato mentre suonavo con la mia band in un locale di Roma, ha creduto in noi ed è diventato il produttore artistico del primo disco. Mi piace il suo modo di lavorare, ha un approccio internazionale. All’estero la figura del produttore è fondamentale, perché ti dà le giuste direttive, ti indirizza verso le scelte più adatte e ti permette di realizzare un buon prodotto. Lui lavora esattamente in questo modo. Ho una totale fiducia in lui e mi sono totalmente abbandonato, mi sono lasciato andare sotto la sua sapiente guida».
Sbaglio o sei stato eletto “Artista dell’anno 2013”?
«Il 2013 è stato un anno speciale per me. Meraviglioso. Ho partecipato al Medimex e sono stato premiato dalla piattaforma di ascolto on demand, Deezer, come artista dell’anno, appunto. È stata una grandissima soddisfazione davvero».
E non è l’unica cosa accaduta nel 2013.
«No, infatti. Ho avuto la fortuna, e l’onore, di aprire il concerto di Daniele Silvestri a Roma ed è stata un’emozione pazzesca. Inoltre, la mia rivisitazione di “Amore che vieni, amore che vai” del grande De Andrè è stata scelta da Daniele Luchetti per la colonna sonora del suo film “Anni felici” con Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti. E poi, come dimenticare il meraviglioso concerto del primo maggio, a Taranto, dove ho condiviso il palco con Fiorella Mannoia, Roy Paci, Elio Germano e molti altri artisti. È stato bellissimo, e l’importanza della causa per cui stavamo dando il nostro contributo ha reso tutto ancora più incredibile. È stato un evento storico».
A proposito di Taranto, vivi fuori da moltissimi anni. Che rapporto hai con la tua città?
«Sono estremamente legato al capoluogo ionico. Credo che Taranto sia una città meravigliosa e con una miriade di potenzialità; ma purtroppo è stata completamente abbandonata a se stessa, da una classe dirigente che non ha saputo valorizzare al meglio le meraviglie del territorio e da scelte politiche che lo hanno distrutto, chiudendolo in gabbia – e qui, guarda caso, ritorniamo alla nostra “Babilonia”! Premetto che io non sono un esperto di politica e non so come si può far diventare una città un meraviglioso centro turistico. Ma da cittadino mi guardo intorno e vedo coste stupende, reperti archeologici che sono la culla di una civiltà splendente, una città vecchia che presenta delle caratteristiche da fare invidia a moltissimi altri centri storici. Insomma, non deve essere così difficile valorizzare qualcosa che è già così piena di valori e di risorse. A mio avviso, con le giuste direttive, Taranto potrebbe diventare uno dei poli turistici più importanti d’Europa. E invece, ogni giorno siamo costretti a vederla maltrattata, umiliata, rovinata. Alla mia città mi lega un rapporto autentico, di cuore, ma anche di grande sofferenza. Ogni volta che vedo un servizio alla tv o leggo qualcosa sui giornali non posso fare a meno di intristirmi».
Dopo Sanremo, hai altri progetti?
«Certo, sì. Prevedo uno sbarco sulla Luna! (ride, ndr). Scherzi a parte, spero di portare molto in giro il disco e di promuovere al massimo la mia canzone. E poi, si vedrà».