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TOMMASO CAROLI/PROFESSIONISTI A COSTO ZERO

Pubblicato da: Categoria: COVER

23
NOV
2012

Bistrattati e mal retribuiti: anche i commercialisti hanno un’anima e, ultimamente, anche una vita professionale sempre più difficile, tra conti, scadenze e dichiarazioni telematiche

 
«Tu non puoi fare una buona economia con una cattiva etica.»
(Ezra Pound)
 
È di due settimane or sono la copertina di Extra dedicata a Cosimo Damiano Latorre, candidato per la presidenza dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli esperti Contabili della Provincia di  Taranto. Latorre, per la cronaca, ha vinto le elezioni e noi di Extra, augurandogli buon lavoro, continuiamo nel solco tracciato da quell’intervista. Protagonista di questa settimana è Tommaso Caroli, neo consigliere nella squadra capitanata da Latorre. Con lui daremo uno sguardo alla situazione martinese dal punto di vista del professionista e, last but not least, anche del politico: siamo di fronte, infatti, a un consigliere comunale dell’attuale maggioranza al Comune di Martina Franca.
Un breve sguardo alla biografia, giusto per conoscerlo meglio. Tommaso Caroli è sposato con Rossella da oltre vent’anni ed è padre di Tecla, Rebecca e Flavio. Da maggio, dicevamo, è consigliere comunale, eletto tra le file dell’Italia dei Valori, ed è presidente della V Commissione Consiliare. Questa, tuttavia, non è la sua prima esperienza: già nel 2004, agli arbori dell’amministrazione Conserva, fu nominato Assessore al turismo, cultura e spettacolo, incarico dal quale si dimise l’anno successivo non condividendo le scelte di quella maggioranza. Partiamo con lui da questa esperienza prima di affrontare tematiche più “tecniche”. 
 
A maggio di quest’anno è stato eletto Consigliere. Nel 2004, invece, fu nominato assessore, ma si dimise dopo circa un anno. Si tratta di stacchi temporali abbastanza brevi, ma è riuscito a farsi un’idea di quella che fu la sua prima esperienza al Comune e di raffrontarla con quella attuale?
«Quella del 2004 fu un’esperienza molto breve, è vero: allora ero Assessore al turismo, cultura e spettacolo, settori di cui non avevo competenze specifiche, ma nonostante ciò mi misi subito al lavoro, ritenendo che fosse indispensabile, come lo è tutt’oggi, individuare e attuare una politica turistica  efficace viste le peculiarità del nostro territorio. Io ne ero consapevole, eppure quella maggioranza mise a bilancio solo diecimila euro per le deleghe assegnatemi. Tutto il contrario di ciò che sta avvenendo adesso: l’attuale  maggioranza ha compreso che è necessario investire per fare sistema e avere delle ricadute positive reali sul territorio. 
Nel 2004 diedi le dimissioni perché ritenevo  non  corretto andare in Giunta  per prendere solo lo stipendio, anzi, questo lo utilizzavo in parte per coloro che mi coadiuvavano: essendo io commercialista, non ritenevo di essere in possesso delle necessarie cognizioni per stilare una programmazione seria, finalizzata a una proficua politica di promozione turistica e di  valorizzazione del nostro ingente patrimonio architettonico e culturale. 
E questo è ciò che l’attuale amministrazione sta attuando con l’assessore Lasorsa». 
 
C’è un esempio di questa scarsa attenzione amministrativa che allora la colpì in particolare e di cui si rammarica? Un esempio di grande occasione mancata.
«La crisi oggi è dovuta soprattutto a una superficialità di visione per una programmazione che doveva essere proiettata nel tempo. Quando ero assessore nel 2004, stava per essere ultimato il Centro Servizi, poi abbandonato (ma attualmente stiamo valutando le migliori soluzioni per riqualificarlo e utilizzarlo). E, sempre all’epoca, l’Università di Bari, nella sede di Taranto, aveva circa centocinquanta studenti che frequentavano la facoltà di scienze e tecnologie della moda. Essendo il Centro Servizi realizzato con i finanziamenti del Patto Territoriale Manifatturiero, doveva essere strumento da utilizzare per incentivare quel settore che era la  principale attività di Martina Franca. Oggi purtroppo non è più così, ma nel tempo  l’attività manifatturiera ha prodotto  un indotto di oltre diecimila maestranze. In un momento di difficoltà e di crisi, a causa di una concorrenza globalizzata con i paesi emergenti, a Martina l’imprenditore, l’ente locale ed eventualmente l’università avrebbero dovuto lavorare in sinergia, al fine di utilizzare quel contenitore come vero e proprio centro ricerche, valorizzando anche le risorse umane e le professionalità settoriali locali. Esperienze del genere hanno prodotto lusinghieri risultati  come nelle realtà di Prato e Biella.
Questa nuova amministrazione, insediata da  cinque mesi, sta cercando di rimediare agli errori fatti in passato. Nel prossimo bilancio cercheremo di inserire le giuste le risorse per ridare slancio alle vocazione economica del territorio, utilizzare e valorizzare ciò che già abbiamo, senza doverci inventare nulla. E parlo dei nostri patrimoni architettonici, culturali e delle produzioni agroalimentari ed enogastonomiche».
 
C’è però un governo centrale con cui fare i conti.
«Con i tagli e la spending review sono stati depauperati le casse degli enti locali, è vero, ma è risultato necessario anche e soprattutto a causa dell’azione dei precedenti governi nazionali, garantisti, a discapito della collettività, delle prerogative di pochi e che non hanno fatto delle necessarie scelte oculate. Sostenevano che in Italia non c’era la crisi economica, e poi il problema si è presentato in tutta la sua preoccupante grandezza. A pensarci bene, Martina rappresenta un microcosmo che, a un piano superiore, rispecchia l’Italia: stessa lacuna di lungimiranza politico-amministrativa. 
Affinché ci possa essere discontinuità è necessario mettersi a disposizione impegnandosi politicamente, che non è solo una questione di partiti. Il partiti sono un mezzo; la politica vera è mettere a disposizione le esperienze e i talenti di ciascun individuo. La parola polis, in greco, deriva da città. Fare politica è coinvolgere tutti i cittadini mettendo a disposizione le abilità di ciascuno. Questa è la mia visione».
 
Il dottor Mimmo Latorre, neoeletto presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Taranto, durante l’intervista, pubblicata due settimane fa, accennò al fatto che la vostra categoria professionale sia fortemente bistrattata. Cosa intendeva dire?
«I provvedimenti che quasi quotidianamente vengono emanati dal governo per pure esigenze di cassa, sono lontani dalla realtà che si vive tutti i giorni. Ecco, l’attività del commercialista è quella di interlocutore e mediatore tra lo Stato, che ragiona solo in termini di cassa, e i contribuenti. 
Lo Stato, in questi mesi, ha sfornato numerosi nuovi provvedimenti volti principalmente alla lotta all’evasione. In precedenza, gli adempimenti si effettuavano  manualmente tramite la consegna dei modelli, direttamente presso gli uffici; oggi invece, è tutto effettuato tramite noi commercialisti intermediari per via telematica. Una semplificazione? Nient’affatto:  anzi siamo stati sovraccaricati di ulteriori adempimenti per interfacciare le nostre procedure informatiche con quelle della pubblica amministrazione al fine di dotare la stessa delle informazioni dei contribuenti in tempo reale e gratuitamente.
In contropartita i contribuenti e i professionisti si vedono raggiunti, a causa del malfunzionamento dei software dell’amministrazione finanziaria o di errori degli uffici, da avvisi di pagamento con sanzioni, ma qualora si volesse contattare telefonicamente gli stessi uffici, questi non rispondono e il professionista, quindi, è costretto a recarsi presso gli uffici di persona, perdendo intere giornate di lavoro. 
Noi commercialisti e consulenti siamo utilizzati come tramite per effettuare gli adempimenti delle aziende verso l’amministrazione finanziaria con la conseguenza che da un lato le aziende non recepiscono che tale attività è di loro competenza e la cura delle pratiche viene accollata del tutto al commercialista, dall’altra lo Stato la pretende, per obbligo di legge, senza remunerarla. In pratica facciamo un doppio servizio allo Stato e all’azienda, ma per entrambi è tutto a costo zero!». 
 
Insomma, in barba a chi è assolutamente convinto che la tecnologia digitale sia positiva in ogni suo aspetto…
«Per andare di pari passo col progresso telematico bisogna sostenere dei costi in termini di approfondimento, formazione, attrezzature e risorse umane, che restano a totale carico dei professionisti e che di certo non si possono riversare sulle aziende. Prima dell’avvento di queste nuove procedure telematiche, io commercialista, effettuavo ad esempio la redazione delle diverse dichiarazioni, redditi, IVA ecc., per il cliente, e dovevo predisporre e consegnare il modello di versamento da presentare in banca o agli uffici. Ora lo si fa per via telematica, con l’addebito, previa autorizzazione, sul conto del cliente, solo che molto spesso i software di controllo dell’amministrazione finanziaria vanno in crash, e quando il sistema sbaglia siamo noi che dobbiamo risolvere il problema.
Se il professionista non invia il versamento o la dichiarazione  telematica, commette un irregolarità ed è soggetto a sanzione. Quindi è un evidente carico di  la responsabilità. Ecco, siamo caricati di responsabilità rispetto a un sistema della pubblica amministrazione non efficiente: siamo diventati l’anello debole della catena. Di contro ci sono state tolte delle prerogative proprie della nostra categoria professionale assistendo impotenti al proliferare  di esercenti abusivi della professione.
 Noi commercialisti siamo stanchi di lavorare gratis e sotto continua pressione da parte degli uffici fiscali e organi di controllo, e siamo stanchi di dover chiedere, quasi elemosinare, tutela, assistenza e rappresentanza ai nostri  vertici nazionali, che invece dovrebbe agire prima ancora che arrivino sollecitazioni in tal senso.
 A livello di rappresentanza, gli Ordini Locali hanno l’obbligo di lavorare e intraprendere le giuste iniziative al fine di costruire per i propri iscritti una rete di tutele e di sostegno per il professionista». 
 
Famiglia, professione, amministrazione comunale e adesso anche consigliere dell’Ordine. Dove trova la forza e il tempo per fare tutto ciò?
«Devo ringraziare mia moglie Rossella, che ha scelto di lasciare il lavoro per crescere e seguire i nostri tre figli. Ciò che mi muove è la volontà di dare un contributo di esperienze, mettermi a disposizione per la comunità e lavorare per la categoria professionale.
Vorrei contribuire a trovare una via giusta. 
Dal punto di vista politico, la mia visione è quella dettata dalla Costituzione, cioè quella di mettermi a disposizione della collettività, fornire un contributo alla Città in termini capacità umane e di esperienze professionali, per coadiuvare l’amministrazione e rilanciare, in questo momento di crisi, l’economia locale valorizzando e investendo nelle nostre peculiari risorse. Sicuramente sottraggo del tempo alla mia vita privata e sempre più spesso salto il pranzo in famiglia. La cosa che mi rammarica è quella di non poter condividere quotidianamente la crescita dei miei figli. Di questo “invidio” molto mia moglie. Ai miei figli, però, cerco spesso di spiegare che mi sto prodigando per tentare di creare migliori prospettive per i giovani martinesi, compresi loro». 
 
Fermare la fuga dei cervelli!
«Io vorrei che i nostri giovani trovassero le giuste opportunità nel nostro territorio per rimanerci  e contribuire alla crescita della comunità martinese. 
I cervelli sviluppano delle idee e le idee si possono tradurre in nuove opportunità che generano ricchezza,  non solo economica, ma anche culturale. Noi di giovani menti ne abbiamo tante: perché devono andare via da questo meraviglioso territorio?  Perché non possiamo fruire noi stessi di questa ricchezza? Credo che in questo momento storico, l’unico modo  per poter contrastare la perdita di competitività rispetto a una economia globalizzata,  sia puntare sulla qualità delle nostre produzioni. Bisogna offrire un prodotto di qualità, e le risorse e le peculiarità che offre il nostro territorio, in fatto di beni naturali e architettonici, culturali ed eno-gastronomiche, non le ha nessun’altro. Avremmo bisogno, nei vari livelli istituzionali, di interlocutori politici più attenti e vicini alle  necessità di questo territorio. Bisognerebbe fare un bel repulisti generale, ma io, ripeto, sono un tassello microscopico in un mosaico enorme. Metto la mia esperienza a disposizione per la comunità; non sono un tuttologo, ma posso sicuramente proporre ed esprimere un’idea di una progettualità e cercare di portarla a termine. Altrimenti si finisce col parlarsi addosso e di chiacchiere se ne dicono e se ne sentono tante». 
 


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