Con l’arrivo dell’autunno c’è sempre qualche collega che organizza, con annessa raccolta di castagne e sagre serali, uno o più fine settimana in un agriturismo della Basilicata
< Venerdì 24: ore 18:00, raduno partecipanti antistante ingresso Giardini Virgilio. Ore 18:30 partenza in pullman gran turismo per la Piana di Grumento. Durante il tragitto quindici minuti di sosta in area di servizio a Scanzano Jonico. Ripresa del viaggio sulla tipica e lussureggiante strada che attraversa la Val d’Agri e costeggia il Lago del Pertusillo. Ore 20:00, sistemazione in l’Hotel convenzionato e cena a base di specialità lucane. La serata sarà allietata con musica dal vivo.
Sabato 25: mattinata in montagna per la raccolta delle castagne. Ore 12,30, rientro per il pranzo. Pomeriggio libero. Serata: sagra e castagnata.
Domenica 26: mattinata dedicata alla visita delle rovine della città romana di Grumentum. Rientro alle ore 12:30 per il pranzo. Ore 16:30, raduno e ritorno in città. Si raccomanda la massima puntualità. >
Così recitava, più o meno, la locandina che un collega, per raccogliere le adesioni, aveva fatto girare nei nostri uffici. Qualche telefonata di mia moglie e il giorno dopo prenotai sei posti sul pullman e tre camere doppie in Hotel.
Il giorno 24, causa ritardo di alcuni partecipanti che avevano scambiato il posto di raduno: viale Virgilio anziché i Giardini Virgilio, la partenza venne ritardata. Ed anche la sosta programmata a Scanzano si protrasse a tal punto che in hotel arrivammo verso mezzanotte. Di conseguenza, la cena si ridusse a dei semplici piatti freddi e la serata, che doveva essere allietata con musica dal vivo, poiché i musicisti si erano stancati di aspettare, fu scandita dal semplice rumore delle posate e dal sommesso brontolio di qualche commensale. Il mattino successivo, dopo la prima colazione, partenza in pullman con direzione Parco Nazionale Lucano. All’arrivo trovammo ad aspettarci un cortese incaricato del luogo che, ufficialmente doveva farci da guida, ma che, in verità, aveva solo il compito di sorvegliarci e vietarci di sconfinare in terreni di proprietà privata. Quelli che conoscevano i luoghi e che sapevano dove trovare le castagne migliori, si riconoscevano subito. Innanzi tutto perché sparirono appena scesi dal pullman, poi perché avevano fatto gruppo a se e non davano confidenza a nessuno e anche perché erano equipaggiati a dovere. Poi c’erano i meno esperti, quelli che si accontentavano di seguire la guida con una busta di plastica in una mano e un randello secco nell’altra. E c’erano anche delle signore che, probabilmente non avendo mai visto un albero di castagno, pretendevano di superare quei terreni sassosi con scarpe coi tacchi. L’appuntamento, per il rientro, era stato fissato per le dodici, dodici e trenta al massimo, ma anche in quella occasione, causa incomprensioni e inconvenienti vari, il rientro in albergo subì un notevole ritardo: smarrimento di gitanti. Persone che, credendo di poter aprire i ricci ed estrarre le castagne con le dita, si erano ferite. Gente rimasta piegata in due perché colpita del colpo della strega. Fidanzatini che, non fregandosene niente delle castagne, della comitiva, del pullman e dell’orario, si erano andati ad infrattare in qualche macchia e ancora non si decidevano a tornare. Arrivati in ritardo in hotel, i cuochi e i camerieri ci stavano aspettando sulla porta. Antipasti: bruschette con pomodoro, aglio e olio piccante; soppressata; pecorino stagionato. Primi piatti: fusilli al ragù di cinghiale e cavatelli coi funghi. Secondo: carne alla brace con contorni vari. Tutto annaffiato con il rosso Aglianico.
Mia moglie, sapendo quanto sia sempre stato goloso di quelle specialità e quanto altrettanto male facciano alla mia gastrite, si mise di guardia come una sentinella: “Carlo, mi raccomando, non ti azzardare a toccare queste portate. Per te sarebbero bombe e lo sai cosa ti succederebbe dopo!”
E così, piegandomi alla volontà della medicina, della moglie e alla gastrite, mi lasciai passare sotto il naso tutto quel ben di Dio e mangiai sì i fusilli, ma in bianco, conditi con un filo d’olio. Piatto da clinica dietetica che anche il cameriere, quando me lo mise davanti, si sentì in dovere di rivolgermi delle parole di cristiana comprensione.
Verso la fine del pasto un commensale, prima mandò a quel paese uno che continuava a esaltare i benefici terapeuti del piccante e del peperoncino e poi andò ad eclissarsi chissà dove, in preda a spasmi e crampi fortissimi allo stomaco.
Finito il pranzo, l’organizzatore ci rammentò che avevamo il pomeriggio libero e alle 19:00 l’appuntamento al parcheggio per andare ad una sagra in un paese vicino, dove ci sarebbero stati fuochi d’artificio, artisti di strada, stand e gazebo che esponevano prodotti tipici della zona.
La sagra era come tutte le sagre di paese e i prodotti tipici come tutti i prodotti tipici delle sagre. E gli artisti di strada, uno, non di più, che si divideva stancamente con i suoi attrezzi, bolle di sapone e palloncini colorati, tra la piazza principale e le viuzze del centro. Ai fuochi d’artificio dovemmo rinunciare perché prima di mezzanotte qualcuno cominciò a lamentarsi per l’ora tarda, per il sonno e la stanchezza e allora tornammo tutti al pullman.
Quella era una notte tra un sabato e una domenica d’ottobre, ma non era una notte come le altre. Infatti alle tre l’ora legale avrebbe lasciato il posto a quella solare. “Niente di strano”, disse qualcuno: “Questo avvicendamento va avanti ormai da tanti anni.” Ma come si sa, l’imprevisto è sempre in agguato e lo dimostrò uno dei gitanti durante il rientro. Questi, alzatosi dal proprio posto, si avvicinò all’autista e gli chiese il microfono per mettere tutti al corrente di una sua folgorante idea: ”Chi è disposto ad aspettare con me l’ora solare e a fare assieme il cambio dell’ora? Alle tre rimettiamo gli orologi alle due e poi tutti a nanna. Chi ci sta, alzi la mano?” Gli aderenti, come temevo, non furono pochi e così una volta a letto sentimmo sotto le nostre finestre e sino alle tre di notte, parlare, ridere e cantare. Poi, finalmente, dopo un: “Meno tre, meno due, meno uno. Sono le tre, rimettiamo gli orologi indietro di un’ora”, tutto si quietò, o quasi.
La domenica mattina, per andare a visitare le rovine di Grumentum, l’antica città romana del terzo secolo a.C., l’appuntamento era fissato per le 8:30, ma quando scendemmo per la prima colazione trovai nella sala solo poche e sparute persone. C’era l’autista che, spiegò, a causa del baccano che proveniva dal piazzale, era dovuto andare a dormire sul pullman. Poi c’era un signore solo, che stava sorseggiava beatamente il suo caffè. Incuriosito, mi avvicinai per chiedergli se fosse riuscito, nonostante tutto il baccano, a dormire. Lui mi chiese per tre volte di ripetergli la domanda perché, disse, era un po’ sordo, e allora capii che aveva dormito. Non vedendo arrivare nessuno l’organizzatore preoccupato si mise a sollecitare i ritardatari e quando finalmente sembrava che il pullman potesse partire, si accorse che mancava proprio sua moglie e allora, dicendo che andava a dare un’ultima occhiata per verificare se ci fossero altri ritardatari, sparì. Tornò poco dopo, solo e con un viso da cane bastonato. Sapemmo in seguito che la moglie, ancora a letto, garbatamente l’aveva mandato a quel paese perché delle rovine romane non gliene importava niente e sentiva solo il bisogno di dormire. All’ora di pranzo, tutti in hotel. E anche questa volta il menù, dal giorno prima, variava di poco, variarono però, e molto, le richieste dei commensali, me compreso, che chiedevano delle pietanze più vicine alla pastina in brodo che a quell’ammasso di calorie piccanti.
Dopo il pranzo breve riposino e poi, verso le diciassette, tutti in pullman per fare ritorno a casa. Chi aveva custodito il suo bottino di castagne se lo era portato sul bus e lo aveva posizionato in modo da poterlo tenere d’occhio durante tutto il viaggio. Gli altri, quelli meno interessati alle castagne, dopo qualche chilometro si abbandonarono e cominciarono un concerto a bocca chiusa, ma non come quello di Madama Butterfly, di Puccini. Molto più rumoroso e meno musicale.
Il lunedì mattina, di quei colleghi che avevano partecipato con me al weekend dedicato alle castagne, causa abbuffate a base di peperoncino ed eccessive bevute di Aglianico, in ufficio non se ne vide uno. Seppi poi che erano andati tutti dal medico per farsi prescrivere delle cure contro l’ulcera e la gastriti, o per farsi consigliare una dieta disintossicante.