Le differenze di genere nella prevalenza dei disturbi psichici. Precisazioni tecniche e riflessioni.
Gentile dottore ho letto recentemente che l’autismo colpisce gli uomini 5 volte più delle donne. Mi chiedo se esistano delle statistiche in tal senso anche per gli altri disturbi mentali. E qualora la medicina abbia riscontrato delle differenze, le chiedo se siano state anche scoperte le cause.
Francesco
Se vuole prendere visione della distinta dei dati relativi alla prevalenza statistica delle singole patologie psichiatriche, può benissimo consultare il DSM-V, ossia la versione più recente del Manuale Diagnostico Statistico dell’Associazione Psichiatrica Americana. Vedrà come a ogni disturbo, là rigorosamente classificato, corrispondono delle percentuali di prevalenza per sesso ed età. Perché se è largamente dimostrato che certi disturbi tendono a presentarsi in una data età piuttosto che in un'altra, è anche a tutti noto che determinate patologie risultano connesse al sesso biologico. Molto difficilmente potremo riscontrare in un soggetto di sesso maschile una sindrome disforica premestruale o una depressione post partum! Ma bisogna anche ricordare che la differenza biologica tra i sessi non si esaurisce nell’ambito di tali evidentissime questioni. Esistono anche predisposizioni biologiche molto meno evidenti: alcune già note, altre solo ipotizzate, altre ancora completamente sconosciute. Giusto per darle un esempio, la stranota differenza tra uomo e donna nella tempistica della maturazione fisica può benissimo incidere sulla differenza nell’età di esordio di certe patologie.
Ma per completezza bisogna aggiungere che alla differenza sessuale, biologica, se ne aggiunge un’altra: quella di genere, connessa, come ben sappiamo, al modo con cui l’individuo vive concretamente la propria mascolinità o femminilità percepita. Piuttosto che alla biologia, il genere afferisce alla dimensione psicologica, comportamentale e sociale. Ogni cultura umana definisce ruoli e rappresentazioni di genere che, interiorizzati nel corso della socializzazione, finiscono per influenzare il comportamento concreto, in senso maschile o femminile. Per dirla con altre parole, certi comportamenti, maschili o femminili, non sono scritti nel dna, ma sono determinati dalla cultura di appartenenza. Per esempio, l’espressione delle emozioni. Nella nostra cultura si è molto più indulgenti nei confronti del pianto di una donna e si crede che l’uomo debba reagire al dolore in maniera quanto più contenuta possibile. Queste credenze largamente condivise determinano delle modalità differenti di comportamento. Le stesse emozioni verranno, quindi, espresse in maniera diversa a seconda del genere di appartenenza.
Un discorso analogo vale anche per le malattie psichiche e, più in generale, per tutti i disagi di natura psicologica. Capita, infatti, che gli stessi identici problemi vengano espressi, riconoscuti e comunicati in maniera differente a seconda del genere di appartenenza. Abbiamo, quindi, disagi al maschile e disagi al femminile: differenti in apparenza ma identici nella sostanza. A tal proposito mi sovviene un tipo particolare di anoressia maschile detta reversa proprio perché tesa non alla ricerca di una magrezza estrema ma di uno sviluppo muscolare abnorme. Vediamo, quindi, come lo stesso problema psicologico, la stessa insoddisfazione nei confronti del proprio corpo venga espressa in maniera differente a seconda del genere. E ciò di certo risente dell’influenza di fattori culturali.
E gli stessi fattori culturali che influenzano l’espressione della patologia, comportano anche una maggiore probabilità che certi sintomi vengano più facilmente riconosciuti e comunicati da un genere piuttosto che da un altro. Per esempio, il genere femminile risulta, secondo il DSM, più propenso a riconoscere e a comunicare sintomi connessi a problemi depressivi, bipolari e ansiosi. Per questo e per altri motivi analoghi è oggigiorno invalso in manualistica l’uso di corredare ogni tipologia di disturbo con delle note diagnostiche relative al genere. Il dato quantitativo, che a lei tanto interessa, va, quindi, necessariamente letto in chiave qualitativa: l’eventuale statistica sulla prevalenza di genere va contestualizzata nell’ambito delle differenze tra generi nelle modalità di espressione delle patologie psichiche.