“Il G.C. di Martina Franca, in un incontro di Venerdì 29 Novembre svoltosi nella sala convegni della sede della BCC di Taranto, sostiene la Certificazione Etica degli atleti nell’intento di debellare il doping e di ridare credibilità ad alcune pratiche sportive, i cui valori essenziali stanno rischiando di essere minati da un male ormai profondamente radicato nello sport odierno”
Dov’è finito il senso profondo ed essenziale dello sport? Che fine ha fatto la consapevolezza di essere atleti per una sana competizione sportiva, lungi dall’avere pur minimamente a che fare con l’attuale agonismo esasperato e con la smodata brama di vittoria? Cosa ne hanno fatto gli sportivi della pura passione?
In una realtà sociale come quella odierna, all’interno della quale vige (ahinoi) la legge della sopraffazione e della sfrenata affermazione individuale, da perseguire anche attraverso le infime vie della frode e dell’illegalità, viene lecito nella pubblica opinione porsi determinate domande, in un contorto e spaventoso meccanismo sociale che, purtroppo, spesso e volentieri, finisce per avere risvolti ed allungare la sua scia negativa anche nel parallelo ambito sportivo.
L’interconnessione tra le dinamiche sportive e quelle sociali è un fenomeno ormai insito da alcuni decenni nella nostra società: entrambi i poli finiscono per subire spesso l’uno il riflesso dell’altro, attraverso un gioco di reciproche influenze che il più delle volte cela interessi tanto importanti, quanto allettanti.
Ciò che fa più male allo sport e ne mina l’esistenza dei valori di fondo è quello di subire ed inglobare in sé i riflessi negativi e i mali del vivere sociale, modellandoli nella misera forma di esasperata competizione sportiva.
Di queste problematiche e di altri numerosi scenari, che da queste inevitabilmente si aprono, si è discusso Venerdì 29 Novembre nella sala convegni della BCC di Taranto presso la sede di Via dei Lecci di Martina Franca, in un interessante incontro, coordinato da Paolo G. D’Arcangelo, che ha visto la partecipazione e l’intervento di numerosi sportivi del nostro territorio, soprattutto ciclisti, e di esperti e influenti personalità dello sport del circondario.
L’iniziativa, sostenuta e promossa dal G.C. di Martina Franca (Gruppo Ciclistico) e la cui realizzazione è stata resa possibile grazie alla disponibilità del Presidente della BCC di Taranto, Lelio Miro, è nata per smuovere le coscienze degli atleti, giovani e meno giovani, contro l’illecito sportivo e per promuovere la certificazione etica degli atleti, sensibilizzando gli animi ad opporsi all’uso di sostanze dopanti, problematica questa da sempre a cuore al gruppo ciclistico di Martina nel corso dei suoi quasi trent’anni di vita.
L’incontro ha visto anche la partecipazione dell’Assessore allo sport del comune di Martina, Stefano Coletta, che ha illustrato la situazione generale dello sport di oggi, spiegando come i suoi valori autentici, che dovrebbero rifarsi ad una competizione sana e leale, sono andati progressivamente persi col tempo e che negli ultimi anni sono arrivati a toccare il fondo a dispetto dell’emergere nei vari ambiti sportivi di intenti macchiati dalla volontà di perseguire la vittoria a tutti i costi, ricorrendo spesso ai più svariati mezzi illeciti. Una parte consistente di uomini impegnati nell’ambito sportivo nazionale e internazionale, regionale e provinciale, professionistico e amatoriale, è arrivata a precludere principi fondamentali per la formazione sportiva e morale dell’atleta, intraprendendo alle volte la strada di un vero e proprio sfruttamento a pieno dei giovani talenti, pur di raggiungere determinati obbiettivi.
Nonostante la portata negativa di tali problematiche, c’è ancora chi - come dimostrano le parole di Antonio Martellini e Zino Fragnelli, rispettivamente presidente e vice-presidente del G.C. – crede nella pratica sportiva generata dal sudore, dall’allenamento, dalla fatica che si fondono in un legame indissolubile con la pura passione e con la volontà di raggiungere un benessere fisico e morale.
Il caso, attraverso l’intervento nel dibattito di altri esperti in materia quali Pinuccio Schiavone, preparatore atletico, e dei farmacisti Francesco Cervellera e Paolo Molinari, se da una parte mette in guardia gli atleti dal pericolo derivante dall’utilizzo di farmaci dopanti (spesso provenienti da mercati di contraffazione) e da una conseguente risonanza del crimine sportivo a livello giuridico e penale, dall’altra fa riflettere, con un sentimento tanto di disperazione quanto di speranza di estirpare un male così profondamente diffuso, su quanto il doping possa, purtroppo, essere considerato il “cancro dello sport”.
L’impegno che sta alla base dell’iniziativa di certificazione etica degli atleti, figlio di un progetto dal più ampio respiro del C.O.N.I ,prevede il recupero e l’assunzione dei principi e delle convinzioni, indispensabili per poter ridare credibilità e sostenere le varie pratiche sportive.
A chiudere l’incontro è stato il Dott. Roberto Giannelli, tra i principali promotori dell’iniziativa di sensibilizzazione e cicloamatore di vecchia data, il quale nel corso della sua quasi ventennale esperienza sportiva ha potuto assistere alla parabola discendente del ciclismo e dello sport in generale, in direzione opposta ai principi etici e morali che dovrebbero essere sottesi al profondo significato di sport.
Per fare il punto su questa progressiva decadenza, Giannelli ha tirato in ballo il contesto delle gran fondo di ciclismo: se un tempo quest’ultime rappresentavano occasioni in cui si riusciva a fondere al meglio lo sport con il sociale, valorizzando la partecipazione attiva della gente e la cornice paesaggistica entro la quale le gare si svolgono, ora la sfrenata brama di primeggiare e di emulare il mondo dei professionisti induce inevitabilmente i corridori cicloamatori ad essere schiavi della competizione esasperata, ricorrendo spesso all’uso di sostanze non consentite dal Ministero della Salute, per imporsi in competizioni che normalmente vengono considerate di secondo livello.
Un gran numero di atleti ha tralasciato nel corso della loro formazione sportiva il senso profondo dell’essere onesti con se stessi, prima di tutto, e poi con le persone che li circondano e che non possono rischiare di essere deluse da una piaga sportiva dalle mille e più facce, che soprattutto nei giorni nostri va assumendo sempre più risvolti sul piano sociale ed economico. Bisognerebbe tener presente più di ogni qualsivoglia cosa che per essere dei campioni affermati ed osannati non basta solamente essere veloci ed imbattibili; campioni lo si deve essere soprattutto dentro, un’indole onesta e intransigente nei confronti di certi mali che minano l’essenza dello sport è la base per temprare un aspirante campione.
Non può esistere lo sport se esso non poggia su una solida base di lealtà: nello sport devono essere premiati non solo i risultati sportivi ma anche i comportamenti di uomini dalla grande tempra morale e deve innescarsi negli animi degli atleti un meccanismo di rispetto reciproco, finalizzato ad una sana competizione. Qualsiasi forma di doping mina alla radice il principio stesso di competizione aperta e leale.
L’auspicio più sincero è che l’iniziativa per favorire la certificazione etica degli atleti lasci strascichi positivi nell’ambito sportivo del nostro territorio e che le parole possano finalmente riuscire a tradursi in fatti concreti.
Tutti abbiamo bisogno di uno sport in cui credere ad occhi chiusi; non sarà una cosa da poco riuscire a debellare definitivamente un male diffuso e spaventoso come il doping, ma iniziative come queste contribuiscono a far riflettere e a sensibilizzare gli appassionati ad uno sport pulito e leale. “Sì” allo sport, “No” al doping.