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IL RACCONTO/L´ANNIVERSARIO

Pubblicato da: Categoria: IL RACCONTO

9
OTT
2018

La giornata è stata lunga e faticosa, con tante cose da fare e mille clienti da accontentare. Sembrava non finire mai, proprio oggi che per noi è una giornata speciale. Il giorno del nostro anniversario.
Avevo programmato di farti una sorpresa, un regalo, compresa la torta, lo spumante e poi tornare a casa in tempo per poterti preparare una cena speciale. Invece mi sono dovuta fermare in sartoria oltre il previsto. Comunque cerco di sbrigarmi, corro al supermercato a fare la spesa e poi passo dalla pasticceria, anche se a quest’ora sono sicura che non avrò molta scelta e dovrò accontentarmi di quello che trovo. Però, mi devo ricordare che lo spumante deve essere quello secco, quello che piace a te, per brindare ai nostri primi dieci anni trascorsi insieme.
Faccio tutto di corsa, salgo in macchina e corro per arrivare prima di te, ma quando apro la porta tu sei già a casa. Mi vieni incontro, mi abbracci e mi aiuti a liberarmi della spesa. Sento il leggero profumo del bagnoschiuma sulla tua pelle, segno che hai già fatto la doccia. Hai l’aria felice e lo sono anch’io.
Ti chiedo di darmi un po’ di tempo per preparare la cena, ma mi rispondi che hai già pensato a tutto tu, e allora vado anch’io a rinfrescarmi. Quando esco dalla doccia, mi avvolgo nel tuo accappatoio ancora umido, mi metto una goccia di profumo, mi guardo allo specchio e sono soddisfatta.
Mi senti arrivare e mi dici che non devo mettere piede in cucina, che questa sera hai pensato a tutto tu e mi vieni incontro con un bicchiere di vino rosso. Ridiamo, mi accompagni in salotto e mi fai sedere sulla poltrona, vicino al caminetto acceso. Il fuoco scoppietta e mi soffermo a guardare la fiamma. Sono serena, in pace con me stessa e con tutto il mondo. Stasera non voglio pensare a niente, voglio che tutto vada bene e sia perfetto. Sento che stai apparecchiando, vorrei darti una mano, dirti quanto sia importante tutto quello che fai per me, tutto quello che mi dai ogni giorno, da quel primo giorno.
Eravamo più giovani allora, io fidanzata con un ragazzo che avevo conosciuto all’università e tu facevi parte della comitiva di amici che frequentavamo.
Un giorno ti telefonai per chiederti se potevi farmi un favore, ero rimasta in panne con la macchina, ti dissi che ero dal meccanico e ti chiesi se potevi venirmi a recuperare. Ti stupisti, ma mi dicesti subito di sì.
«Scusami se ti ho fatto aspettare, ma avevo gente e non è stato facile liberarmi». Mi dicesti appena sono salita in macchina. Parlammo di tante cose, di te, del mio ragazzo e capii immediatamente che a te non piaceva. Ma il motivo non riuscii a comprenderlo. Tutto il tragitto lo facemmo parlando, botta e risposta. Io chiedevo e tu facevi di tutto per eludere le mie domande. Poi m’invitasti a casa tua a prendere un caffè e non so perché accettai. Ma forse già allora mi incuriosivi come nessuno mai aveva fatto prima. Mi affascinavi, anche se un lato di te mi rimaneva oscuro. E da quel giorno iniziò la nostra amicizia speciale.
Cominciammo a vederci sempre più frequentemente. Mi raccontasti tutte le tue verità e forse anche di più, e intanto mi stavo allontanando sempre più dal mio ragazzo. Dicevi che se avessi avuto bisogno di te non dovevo fare altro che chiamarti, ripetevi che mi volevi bene. E intanto mi accorgevo che anch’io te ne volevo ogni giorno di più.
Il nostro rapporto stava diventando sempre più intimo e quasi morboso. Imparammo a condividere le nostre sensazioni senza mai dirci niente, ma intanto quando eravamo insieme, riuscivamo a escludere il mondo che ci circondava. Quando uscivamo con gli amici ci si divertiva, certo, ma in fondo non vedevamo l’ora di poter tornare a casa tua per poterci rilassare, parlare e ridere sino al mattino. E una sera accadde.
Eravamo a casa tua, sul divano e stavamo vedendo un film che ora non ricordo il titolo, ma doveva essere un film romantico, lacrimoso, perché, senza volerlo, mi avvicinai a te e appoggiai la testa sulla tua spalla. Tu cominciasti ad accarezzarmi i capelli, il collo, infilasti una mano nella mia scollatura e scendesti giù sino a toccarmi il seno e sfiorarmi i capezzoli.
Poi furtivamente ritirasti la mano. Forse pentita, forse stupita per quello che stavi facendo.
«Scusami, non so cosa mi abbia preso». Mi dicesti, e ti allontanasti.
Non mi aveva dato fastidio, anzi, mi aveva fatto piacere sentire le tue mani sul mio seno, e intanto il cuore mi batteva a mille.
Ma cosa stavo pensando, cosa stavo facendo? Cosa stavamo facendo?
«Ma lo sai che non ha senso, vero?» Ti ho detto.
«Sì, lo so. Hai ragione, scusami». Rispondesti, ma i tuoi occhi mi dicevano tutt’altro e ho capito che avevi una gran voglia di baciarmi. Lo stesso desiderio che stavo provando io in quel momento.
Facemmo finta di niente, la buttammo sul ridere e pur di interrompere quella strana sensazione che ci stava avvolgendo, provammo a distrarci guardando il film, parlando d’altro.
Ma intanto mi dicevo che non avrei mai immaginato che una cosa simile potesse accadere a me, che mi sarei potuta innamorare di una donna. Mentre tu, ora lo so, lo sapevi da sempre.
Non lo trovavo giusto, non lo volevo, ma avendoti accanto non riuscii a resisterti.
Ci guardammo, ci prendemmo per mano e ci perdemmo in un mare di sensazioni nuove, violente e surreali. Ti avvicinasti e mi sfiorasti le labbra, e io mi sentii timida e impacciata, scioccamente intimorita.
Se era giusto, se non lo era, se era un sogno, se fosse realtà, non lo sapevo ancora, ma mi abbandonai tra le tue braccia e tu tornasti a stringermi, a baciarmi il collo, ad accarezzarmi i capelli. Forse per paura che potessi scappare via mi stringesti forte e mi sussurrasti di lasciarmi andare, di non pensare più a niente. Così feci, tu avvicinasti le labbra alle mie e io ti baciai come non avevo mai baciato prima.
Come se fosse la cosa più naturale di questo mondo, o forse per l’imbarazzo o per l’assurdità della situazione, ci mettemmo a ridere e ci guardammo stupite, ma intanto eravamo contente di leggere nei nostri occhi il desiderio che ci stava avvolgendo e condividere la voglia di stare insieme. Le mani cominciarono a cercarsi, a scorrere sotto i nostri abiti, a spogliarci.
Le forme nude del tuo corpo mi eccitavano e incantavano, e in quel momento mi resi conto che ti desideravo da sempre. Non esisteva nient’altro che il tuo corpo. Eravamo solo noi due che stavamo facendo l’amore.
Dopo un tempo infinito, bellissimo e imprecisato, dove i minuti si confondevano con le ore, mi chiedesti:
«Pentita?»
«No. Non credo di essermi pentita, ma non deve succedere mai più». Ti risposi. E non so nemmeno io perché.
«Perché? Quello che abbiamo fatto ti ha turbato? Ti senti sporca?» Chiedesti.
«No, questo no, e sinceramente devo confessarti che ho scoperto sensazioni nuove, uniche, insospettabili sino a questa sera, e credo di essermi innamorata di te. Sì, sono sicura di essermi innamorata di te». Ti ho risposto.
Te lo dissi tranquillamente, perché ormai lo ritenevo un dato di fatto, anche se con il tuo comportamento mi avevi sconvolto l’anima e tutte le mie certezze erano state spazzate via in un momento. E mi sentii assalire dall’ansia, dalla paura di non poter più tornare indietro.
Avevo la mia vita, il ragazzo, un lavoro. Sino alla sera prima tutto scorreva regolarmente, e ora, cosa stava succedendo? Cosa mi stava capitando? Cosa mi avrebbe riservato il futuro?
Abbozzasti un sorriso e dicesti che mi capivi, che anche tu pensavi la stessa cosa, che continuare sarebbe stato assurdo e che dovevamo tornare con i piedi per terra. Tornare a essere solo amiche.
Da quel giorno cercammo di sentirci meno, di vederci poco e mai da sole, insomma quasi ci evitavamo. Eri diventata gelosa di chi mi stava accanto e anche del mio ragazzo, e me lo dicesti. Ma io non ti avevo ancora detto che quello che avevo provato con te non lo avevo mai provato prima con nessun ragazzo, e cercai di tenere duro, di non lasciarmi andare, di non cedere alle tue lusinghe, a non farmi coinvolgere in qulla storia assurda che non sapevo dove mi avrebbe potuto portare.
Trascorse l’estate e tutto sembrava tornato alla normalità, e le persone che frequentavo mi dicevano che avevo fatto bene ad allontanarti. E se chiedevo perché, rispondevano che eri una tipa alquanto strana e che era meglio tenerti alla larga. Ma non avevano idea di quanto mi mancassi, di quante volte sognavo di poter rivivere quei momenti: sentire il profumo della tua pelle, i tuoi baci, le tue carezze. Nessuno poteva immaginare quanto bisogno avessi di te e quanto continuassi a negarlo a me stessa.
Passarono le feste natalizie, ed era arrivato anche gennaio e tutto sembrava procedere come sempre: lavoro, casa, fidanzato. Solite serate noiosissime trascorse con gli amici di sempre, eccetera. In quel periodo non ci vedemmo per niente e ci sentimmo solo per scambiarci gli auguri di Natale e di buon anno. Per questo rimasi sorpresa quando un giorno mi chiedesti se potevo raggiungerti a casa. Mi dicesti che da tre giorni eri costretta a letto a causa di una fastidiosissima influenza e che avevi la febbre alta. Mi chiedesti se potevo portarti le medicine che il medico ti aveva prescritto e io corsi a casa tua.
Mi venisti ad aprire in pigiama, eri spettinata, senza un filo di trucco e molto pallida, e in quel momento provai tanta tenerezza. Ci salutammo con un bacio sulle guance e io provai un brivido.
Era strano, lo so, da quella prima volta non eravamo più state sole assieme e il ricordo di quella notte mi tornò prepotentemente alla mente e tornai a desiderarti.
Ti rimisi a letto e ti preparai una tisana calda, scesi di nuovo per andare in farmacia a comprarti le medicine e per fare la spesa, perché dicesti che in casa non c’era rimasto più niente.
Quando tornai, ti feci prendere lo sciroppo e mi sedetti sul letto, vicino a te e parlammo del più e del meno. Poi mi chiedesti se mi piacevano ancora gli uomini, come stava andando la storia con il mio ragazzo e se facevo l’amore con lui. Io capii dove volevi andare a parare e subito mi misi sulla difensiva.
Certo che mi piacevano gli uomini, certo che facevo l’amore con il mio ragazzo, ma non era più la stessa cosa, dopo averlo fatto con te. Ma questo non te lo dissi. All’improvviso mi chiedesti se ero felice e io ti risposi in tutta sincerità che non lo sapevo. Mi sfiorasti il braccio con una mano e mi dicesti che tu non lo eri.
Le tue mani su di me. Avevo voglia di sentirle sulla pelle, di sentirmi accarezzare e baciare da te. Avevo bisogno di te, di stare con te, ma avevo paura di cosa sarebbe potuto accadere se te lo avessi rivelato.
Restammo in silenzio. Non c’era bisogno di parlare e averti vicino mi faceva stare bene, ma non sapevo come comportarmi. Ero terrorizzata per quello che stavo provando, ma ti sorrisi e cercai di calmarmi. Poi non ricordo, non so come successe. Mi chinai su di te e ti baciai, e tu rispondesti al mio bacio con un’intensità sconvolgente.
«Perché continuare a stare lontane?» Chiedesti.
«Perché, non lo so, non c’è un perché. Solo che sta diventando tutto così difficile da comprendere, da spiegare». Ti risposi.
Ti sollevasti sui gomiti, mi prendesti il viso tra le mani e guardandomi dritto negli occhi mi dicesti:
«Ti amo».
Era così semplice, in fondo. Ci amavamo, solo che io non volevo ammetterlo.
«Ti amo anch’io». Ti ho risposto e subito mi sono sentita più leggera, libera di poterlo gridare al mondo intero. Libera di non doverlo più nascondere. Libera di non dovermi più mentire.
Da quel giorno è cambiato tutto. Certo, accettare certi compromessi e farsi accettare dagli altri non è stato facile. Ci hanno deriso, criticato, allontanato e offeso. Ma noi, ormai sicure del sentimento che ci univa, siamo andate avanti per la nostra strada ed è diventato tutto più semplice. Il tempo ha smorzato gli animi, dissolto le critiche. Le nostre famiglie e gli amici, quelli veri, hanno imparato ad accettarci così come siamo, due donne che si amano e che non hanno e non vogliono più nasconderlo a nessuno.

«Cristina. Allora? Vuoi venire a cena. È tutto pronto, compreso lo spumante fresco e la torta. E ho anche acceso le candele al centro tavola». Mi hai sfiorato i capelli e io mi sono destata dai ricordi.
Mi alzo e mi accorgo di avere ancora il bicchiere di vino in mano. La tavola è apparecchiata alla perfezione e la stanza è illuminata solo dalla luce che emanano le candele.
«L’avresti mai detto allora, che avremmo festeggiato il decimo anno insieme?» Ti chiedo.
«Io sì. Eri tu quella che non ci credeva, che esitava, che aveva paura». Mi rispondi, e sorridendo vieni a sedere difronte a me.
«Sì, hai ragione. Ero io che sbagliavo, che non ci credevo, ma ora siamo qui, ancora insieme, e sono felice». Ti rispondo.
Hai stappato la bottiglia con delicatezza, senza botto, hai versato lo spumante e alzando i calici ti ho detto:
«Auguri. Ai nostri prossimi dieci anni, ancora e sempre insieme. Ti amo».



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