Le sorti del governo italiano sono appese ad alcuni fili, dalle questioni giudiziarie di Silvio Berlusconi ai mal di pancia di Matteo Renzi, dall’inconsistenza politica del centro destra alla rissosa ed inconciliabile frammentazione della galassia del centro sinistra, dal fuoco della rivolta sociale che cova sotto la cenere alla irresponsabile cecità dei tecnocrati europei, che potrebbero rompersi in qualsiasi momento, ma sfido chiunque a dimostrare che sarebbe stato possibile prevedere che possano dipendere anche dal Kazakistan. I fatti sono noti: il 29 maggio scorso la signora Shalabayeva e la figlia di sei anni, rispettivamente moglie e figlia del maggiore dissidente della dittatura che regge lo sterminato paese asiatico, sono state prelevate da cinquanta (?) uomini della polizia da una villa del litorale romano dove risiedevano e, nel giro di tre giorni (!), espulse e rimpatriate in Kazakistan con l’accusa di clandestinità ignorando, apparentemente, che le due donne erano in Europa anche perché l’Inghilterra e l’Irlanda avevano concesso loro lo status di rifugiati politici. L’episodio ha i caratteri della comicità surreale se non fosse per la drammaticità e gravità del contesto. Un Paese nel quale scorrazzano indisturbati migliaia di clandestini, molti dei quali purtroppo delinquono quotidianamente rubando, stuprando ed uccidendo, ha mostrato i muscoli ad una donna inerme e ad una bambina. Ma l’aspetto più grave, nell’ottica del sistema paese, è che il Presidente del Consiglio, il vice premier e Ministro degli Interni ed il Ministro degli Esteri fossero apparentemente all’oscuro del provvedimento. Chi governa oggi in Italia?
Francesco Verderami, editorialista principe del Corriere della Sera e fine analista politico, per tentare di dare una risposta a questa domanda è ricorso ad un’immagine molto efficace “I bambini vengono lasciati a divertirsi nella stanza dei giochi mentre gli adulti lavorano in un’altra stanza”, là dove i bambini sono i politici e gli adulti sono i super burocrati ed i top manager di Stato. La sconfitta della politica, evento tragico per la nostra claudicante democrazia che si perpetua da oltre venti anni, ha prodotto un quadro desolante che vede il potere legislativo e quello esecutivo penosamente esautorati della loro funzione, donabbondiano “vaso di coccio tra vasi di ferro” per dirla con Don Lisander. Continuiamo ingenuamente a sorprenderci della inossidabilità della nostra ingombrante burocrazia per non prendere atto del fatto che l’intero sistema politico nazionale ha abdicato ignominiosamente alla sua funzione di guida, gestione e controllo della macchina organizzativa dello Stato a favore, all’interno, dello strapotere dei gran commis e, all’esterno, delle organizzazioni sovranazionali. Il vulnus è tutto nel fatto che, mentre i politici devono rendere conto ai cittadini del loro operato ogni cinque anni con le elezioni, i super burocrati ed i grandi manager di Stato godono il privilegio della inamovibilità, fatto che determina un accumulo di potere reale che diventa esorbitante rispetto al potere esecutivo. Come se ne esce? Quali le possibili soluzioni al pernicioso squilibrio? Il primo passo viene suggerito dai sistemi in vigore in molti paesi in cui la macchina burocratica funziona correttamente, come la Francia e gli Stati Uniti. Questo sistema è conosciuto come Spoil System. Senza volersi addentrare in tecnicismi, che oltretutto non mi appartengono, possiamo semplificare dicendo che il sistema prevede l’avvicendamento degli alti dirigenti statali quando cambia la composizione del governo. Negli Stati Uniti ad esempio la macchina burocratica dell’amministrazione federale è composta da circa 45 mila persone, ebbene tutti questi 45 mila professionisti vengono sostituiti ad ogni cambio di amministrazione. Di più è interessante ricordare che, sempre negli USA, a livello locale non solo il sindaco ma anche il capo della polizia ed il capo della procura distrettuale, i nostri procuratori della repubblica per intenderci, sono eletti direttamente dai cittadini ed a loro rendono conto ogni quattro anni del loro operato. Come è facile intuire, questo sistema attenua parecchio il rischio insito nella permanenza a tempo indeterminato in posti così rilevanti, rischio che si esplicita nell’esercizio del sottobosco del potere che si trasforma in potere effettivo. Ciò detto rimane una risposta inevasa: se è vero che possiamo attingere agli esempi positivi sulla gestione del sistema burocratico, abbiamo uomini di stato in grado di imporre questa autentica rivoluzione? Forse la domanda è retorica, e me ne scuso.