E’ martinese “d.o.c”, si direbbe. Anche se ogni tanto sale “su” per insegnare “scienze e matematica” in qualche scuola sperduta di montagna. Ma di professione fa la biospeleologa qui a Martina Franca. In sostanza si tratta di una professione che studia la flora e la fauna in grotta. E di grotte, nel sottosuolo martinese ce ne sono tantissime. Nell’elenco “catastale” ufficiale ne risultano addirittura più di cento, mentre in tutta la Puglia sono state censite circa 2400 ipogei carsici. Insomma un patrimonio inestimabile. Tiziana è laureata a Lecce e da anni collabora con il Gruppo Speleologico Martinese (nato nel 1975, studia i fenomeni carsici cercando di valorizzare il patrimonio speleologico), ha poi collaborato con il Gruppo Speleologico di Lecce “ ‘Ndronico” nel 2008, e con l’Università del Salento per quanto attiene uno studio sulle biodiversità nelle antiche cisterne e pozzi. Dal 2005 è istruttrice di Biospeleologia nonché istruttrice di tecniche (si cala in grotta con tanto di caschetti, imbraghi in sicurezza per insegnare le modalità di cavarsela in anfratti e luoghi impervi). La passione di Tiziana, però, è lo studio delle specie faunistiche presenti nelle cavità nelle quali lei sceglie di esplorare, con coraggio e dedizione, forte dei suoi studi e della sua vocazione naturalistica. Attualmente Tiziana si occupa di didattica e di educazione ambientale nelle scuole martinesi, ed è un’ottima guida escursionistica. L’abbiamo intervistata per capirne un po’ di più cosa c’è sotto i nostri piedi.
Nel Gruppo Speleologico Martinese qual è il tuo compito specifico?
«Io mi occupo dello studio della fauna delle grotte del territorio di Martina per la realizzazione di un check list delle specie cavernicole di questo; il Gruppo invece si occupa particolari propriamente dello “stato di salute” delle grotte. Nelle grotte vi sono delle specie che hanno particolari caratteristiche morfologiche e fisiologiche assunte durante la loro evoluzione (per esempio la depigmentazione, assenza di occhi, riduzione del metabolismo). Queste specie non esistono al di fuori delle grotte. Non si trovano all’esterno. Vi sono specie cosiddette “endemiche”, cioè tipiche di un certo territorio, quindi, in questo caso, tipicamente pugliesi. Come per esempio l’Italodytes stammeri stammeri, un coleottero, che si trova in alcune grotte del territorio martinese».
Sono importanti queste specie?
«Assolutamente sì. Perché la loro presenza è un ottimo indicatore della condizione della grotta. Significa che la grotta è pulita. Non è inquinata. E, a priori, anche dello stato di salute di quello che c’è sopra la grotta. Perché lo stato delle grotte è indicativo di tutto quello che c’è all’esterno, di come è trattato l’ambiente in superficie».
Quali cavità hai studiato maggiormente?
«In una ricerca da me compiuta qualche anno fa ho studiato la “Voragine di Bufaloria”, situata in località “Difesa del Duca”, poi la grotta Foggianuova, in zona Monti del Duca e la “Grotta delle Ossa” in località “Gravina del Vuolo”. Ma vi sono anche grotte più significative di Martina come le famose “Nuove Casedde” e la “Grotta del Cuoco”».
Come si traduce praticamente la salvaguardia delle grotte?
«Be’, anni fa, quando collaboravo col gruppo speleologico di Lecce, abbiamo partecipato a Poggiardo a una manifestazione di sensibilizzazione perché avevano intenzione di distruggere una grotta per farne una cava. Abbiamo parlato in piazza di questo ai cittadini. Del pericolo che correvano le biodiversità. Bisogna rispettare il sottosuolo come punto di partenza fondamentale per tutto l’ambiente».
E a livello educativo nelle scuole?
«Il Gruppo Speleologico Martinese si occupa anche di educazione ambientale; e io faccio la docente in questi progetti oltre a fare la guida escursionistica. Lo facciamo in genere nelle scuole di tutta la Provincia di Taranto».
Ma sei anche insegnante?
«Sono supplente in scienze e matematica, e spesso ho insegnato in provincia di Brescia. Ma non perché lì vi siano più possibilità. Non è vero che qui le scuole siano sature».
Tornando alle grotte, quanta sensibilità c’è da parte delle Istituzioni nei confronti del patrimonio ipogeo?
«Nell’ambito dell’istruzione e dell’educazione ambientale tutto dipende dalla sensibilità dei professori di scienze. Comunque devo dire comunque che al Sud i progetti Pon sull’educazione ambientale sono stati ben utilizzati. Al nord non tanto. E comunque recentemente (dal 2006) è stato attuato il “catasto delle grotte e delle aree Carsiche in Puglia”, progetto finanziato dalla Regione Puglia alla Federazione Speleologica pugliese e recentemente è stato aggiunto anche il catasto della cavità artificiali. E’ stato un passo importante: in Puglia ci sono circa 18 gruppi speleologici, ogni gruppo ha “catastato” un centinaio di grotte a testa. Proprio in ragione di una maggiore attenzione e prevenzione riguardo ai disastri idrogeologici. Specialmente per quanto riguarda l’ambito edilizio: è importante sapere su “cosa” si sta edificando per non incorrere poi in seri rischi di crollo e di dissesto idrogeologico, oltre a problemi riguardanti l’inquinamento delle falde stesse».
Sono state trovate grotte qui a Martina utilizzate come discariche?
«In tutta Italia una volta l’anno vi è una manifestazione chiamata “Puliamo il buio”. Molte grotte anni fa venivano proprio utilizzate come discariche. Il Gruppo Speleologico Martinese ha bonificato centinaia di grotte. E’ stato trovato di tutto: dalle automobili abbandonate a medicinali scaduti (si pensi: 120 kg di medicinali scaduti!). La cosa era pericolosa perché nel prossimo futuro gli acquiferi carsici saranno indispensabili per soddisfare la nostra sete. L’acqua che beviamo potrebbe essere la stessa che abbiamo contribuito ad inquinare».
Però quei “medicinali scaduti” lasciano pensare che forse non siano cittadini privati a sporcare le grotte.
«Dopo anni di denuncie e iniziative legislative – si pensi al decreto Ronchi del ’97 – vi è stata la messa in sicurezza dei siti inquinati proteggendoli con recinzioni in mondo che nessuno potesse più inquinarli. Possiamo dire che oggi si può stare decisamente più tranquilli».
Ma in ambito edilizio viene mai chiamato un geologo o uno speleologo per un parere?
«Forse oggi un po’ di più rispetto a qualche tempo fa. Comunque il geologo solitamente è anche un esperto di speleologia. Bisognerebbe comunque che le imprese edilizie, e ovviamente chi concede le licenze, prestino sempre più attenzione a queste figure professionali se non si vuole poi incorrere in problemi molto seri».
Qual è la grotta più profonda di Martina?
«La Grotta Grassi, 147 metri. Per anni si è però creduto che quella più profonda fosse la Grotta Lanzo, di 86 metri. Anche se la grotta Grassi forse è addirittura più profonda, stando alle ultime esplorazioni».
E le specie faunistiche più significative?
«Ve ne sono di molti tipi, distinte per categorie che sarebbe difficile far comprendere appieno. La loro presenza è comunque legata all’assenza di luce, alla temperatura, all’umidità, ecc. Ad esempio abbiamo Meta bourneti, un bel ragnetto lungo fino a 17 mm. Però in particolare due sono le specie più importanti: Murgeonicus anelii, un Isopodo troglobio (che vive esclusivamente in grotta) endemico (cioè tipico) delle Murge, e il già citato Italodytes stammeri. Sono due specie tipiche del nostro territorio. Ci dicono che le nostre grotte sono in buona salute e che sono “uniche”, e che dobbiamo preservarle a ogni costo».