Il giovane regista de “La mezza stagione”, racconta il piccolo miracolo di un film che nelle riprese ha coinvolto un intero paese, Carosino, compresa l’agenzia di onoranze funebri, tanto che si era sparsa una certa voce…
““La Mezza Stagione” è un bell’affresco di provincia italiana, nel quale spunti di realismo magico rendono vivo il contrasto tra la tensione verso una nuova modernità e un tenace attaccamento a radici e tradizioni”. Questa la motivazione che ha portato alla miglior sceneggiatura per lungometraggio nell’ambito del Premio Internazionale “Mattador” dedicato a Matteo Caenazzo riservato ai giovani aspiranti sceneggiatori, intitolato alla memoria appunto di un talento triestino prematuramente scomparso. Incontriamo Danilo Caputo, classe 1984, che ha diretto questo film - girato nella provincia di Taranto - che intreccia cinema, musica sperimentale e critica culturale per saperne di più.
L’idea del film risale al 2009, si può dire che l’ispirazione sia venuta proprio da esperienze dirette di vita reale…
«Sì, tutto è nato da appunti sparsi, idee per storie diverse che sono poi confluite ne “La Mezza Stagione”. Una delle storie doveva chiamarsi “La Svolta” ed è nata da una delle feste più deprimenti cui abbia mai assistito: i trent’anni di un amico che (come un po’ tutti) ancora non aveva un lavoro decente, non poteva permettersi un affitto e continuava a ripetere che ci voleva una svolta: il personaggio di Cesare è nato così. La storia del “gufo” è nata invece leggendo su Cronaca Vera una lettera di un anonimo che minacciava il parroco del paese colpevole, secondo lui, di suonare troppo spesso le campane. Anche la storia di Carosina, una donna ossessionata dalla voce di rimprovero del padre ormai defunto, è “rubata” alla realtà ma preferisco non dire altro... potrete scoprire tutto appena il film sarà pronto.»
In un piccolo paesino si intrecciano le storie di tre personaggi. Sembra evidente che quello scenario trasmetta subito l’idea di come appaia anacronistico il solo pensare a una possibilità di cambiamento reale…
«Io e Valentina abbiamo cominciato a scrivere la sceneggiatura senza sapere come sarebbero andate a finire le singole storie. Abbiamo sviluppato i personaggi e poi abbiamo cercato di immaginare degli episodi significativi ma quotidiani, cose che potrebbero capitare a chiunque. Man mano che andavamo avanti erano i personaggi stessi a comunicarci la direzione delle loro storie. Una volte chiusa la sceneggiatura ci siamo resi conto che avevamo dipinto il quadro a tinte cupe di un posto dove sembra costantemente che debba succedere qualcosa mentre poi tutto rimane come prima.»
“La Mezza Stagione” quindi, proprio perché ci si muove in una dimensione surreale, quasi “sospesa” tra un passato che non esiste più e un futuro che non è ancora arrivato…
«Esattamente. Il nostro paesaggio e la nostra cultura mi sembrano segnati da questa tensione: da una parte c’è una tradizione contadina che ormai defunta ma al cui ricordo siamo tutti legati; dall’altra c’è una modernità che forse non sappiamo nemmeno cos’è ma che aspettiamo, come una profezia. »
Contrariamente a quanto narra la mitologia greca a proposito della cacciata dei titani da parte degli dei, qui ci troviamo dinanzi a una situazione diametralmente opposta. Sembra che siano gli anziani (che rappresentano “il vecchio”) ad avere la meglio sui giovani (ovvero “il nuovo”)!
«Volevamo che il piccolo paese della narrazione divenisse metafora di questo nostro Paese (con la P maiuscola). E non sono l’unico a pensare che in questo momento il rapporto tra vecchio e nuovo (al di là delle divisioni generazionali) si sia ribaltato, dando vita a una serie di fenomeni che abbiamo cercato di descrivere nel film. »
Una carriera brillante la tua, nonostante la giovane età! Dopo aver studiato musica a San Francisco e aver lavorato accanto a Francesca Comencini in qualità di assistente sul set de “Lo Spazio Bianco” hai scritto e diretto due cortometraggi “Polvere” e “Banduryst” vincitore di oltre 10 premi…
«La verità è che l’aggettivo esatto per la mia carriera non è “brillante” ma “confusa”. Sono partito dalla musica, per approdare alla filosofia e poi alla scrittura. Il cinema mi piace proprio perché raccoglie queste passioni e dà loro un senso tutto nuovo. In questo progetto c’è tutto, dalle prime lezioni di solfeggio alla tesi su Nietzsche. »
Il 2010 è stato l’anno in cui vieni selezionato per il talent campus della Berlinale e nel 2011 approdi a “La Mezza Stagione” - con Valentina Strada - vincitore, come abbiamo già detto, del Premio Internazionale “Mattador”.
«Al Talent Campus si respirava un’aria diversa, lontana dal pessimismo del “c’è crisi”. Ho incontrato gente che faceva cinema fuori dagli standard e mi sono lasciato contagiare da questo ottimismo. Da questo entusiasmo e dalla collaborazione di Valentina, sceneggiatrice grottagliese che ho conosciuto a Roma (!), è nata la sceneggiatura del film. Per me si trattava solo di un canovaccio da sviluppare in fase di ripresa con la troupe e gli attori, perciò ho accolto con enorme sorpresa la notizia del premio Mattador e mi stupisce ancora oggi che la sceneggiatura venga pubblicata da una casa editrice universitaria. Per me era solo un canovaccio! »
Tra l’altro tu stesso sei stato definito da Massimo Causo de “Il Corriere del Giorno” “un piccolo patrimonio del cinema italiano”. Nell’aprile 2011 sono iniziati i primi casting, che risposte avete avuto?
«Una risposta incredibile. Tantissimi hanno partecipato ai casting e siamo stati letteralmente sommersi da e-mail. Abbiamo incontrato centinaia di attori e non-attori da tutta la Puglia, e dopo mesi di provini abbiamo affidato i tre ruoli principali a due non-attori di Carosino, Michela Di Napoli e Francesco Giannico, e a Espedito Chionna, uno splendido attore di Grottaglie. »
Mancando i capitoli necessari, hai deciso di cercare “anime gemelle” ovvero giovani professionisti che volessero mettersi in gioco, pronti a rimboccarsi le maniche…
«Il progetto riscuoteva l’entusiasmo di tutti, mancavano solo i soldi. Perciò ci è sembrato naturale lanciare un open call per cercare persone che condividessero le nostre idee e che avessero voglia di rimboccarsi le maniche. All’appello hanno risposto, tra gli altri il tedesco Bastian Esser, direttore della fotografia, il salentino Gigi Gallo, fonico-residente per la factory di Roy Paci e la nostrana Alessandra Guttagliere, una promettente scenografa oltre che artista a tutto tondo. Con loro e con l’intera troupe abbiamo stipulato un accordo di produzione partecipata e credo che questo abbia contribuito a creare il clima fantastico che si respirava sul set. »
E non è mancato un episodio divertente durante le riprese! Per la scena del funerale un’agenzia di onoranze funebri vi ha messo a disposizione bara, statuette e tutto l’occorrente necessario a fronteggiare la dipartita di qualcuno… Ma a un certo punto in paese ha iniziato a spargersi la notizia che fosse morto uno dei membri del cast!?!
«E’ che avendo pochissimi soldi abbiamo dovuto inventarci soluzioni insolite. La troupe è stata alloggiata nella vecchia casa che abbiamo poi utilizzato per la scena della camera ardente. Per quella scena avevamo il supporto di una vera agenzia di onoranze funebri che ci ha fornito bara, candelabri, statuette e persino il libro delle firme, così che a un certo punto in paese si era sparsa la voce che fosse morto “uno di quei bravi ragazzi del film”!»
E spesso sul set le comparse arrivavano “armate” di una bella teglia di pasta al forno! Il calore del nostro splendido sud! C’è stata oltretutto la partecipazione e mobilitazione attiva dell’intero paese, Carosino, che per l’occasione si è trasformato in uno studio cinematografico di cui ciascuno si sentiva in qualche modo parte attiva, mettendo a disposizione auto, case, ed oggetti di scena!
«Auto, case, oggetti di scena: tutto ci è stato prestato o regalato. L’intero paese sembrava essersi trasformato in uno studio cinematografico dove tutti erano potenziali attrezzisti, runner o attori. Simone Rivoire, un assistente alla fotografia che ci ha raggiunti da Torino, a un certo punto mi ha confidato: “Ci ho pensato, e credo che a Torino un progetto come questo non sarebbe mai stato possibile!”. Una frase che riassume in poche parole quanto sia stato fondamentale per la realizzazione del film il contributo delle persone e degli enti che ci hanno dato il loro supporto, e di tutta la comunità di Carosino!»
E adesso? Quali saranno i prossimi passi?
«Al momento il film è ancora in montaggio. Una volta chiuso il montaggio occorrerà trovare i soldi per la post-produzione, e appena il film sarà pronto cominceremo a proporlo ai principali festival di cinema, europei e non solo. Naturalmente non dimenticheremo di organizzare una proiezione anche a Taranto e provincia».