MENU

Non i cani/Pericolosi sono i proprietari

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

22
NOV
2013
La crisi incalza, gli abbandoni aumentano e con loro il numero dei randagi. Abbiamo intervistato un educatore cinofilo, Gianluca Semeraro, per capire se davvero si debba temere “il branco”. In ogni caso, urgono provvedimenti e sterilizzazioni
 
E proprio mentre sulle piattaforme di discussione virtuali del nostro paese s’ingigantisce una polemica sulla pericolosità del randagismo, fondata o meno, noi di Extra abbiamo voluto chiedere il parere di un esperto educatore cinofilo. Per capire se davvero “il branco” sia da temere o non sia frutto della solita psicosi collettiva, in questo caso paesana, dove molti lamentano la pericolosità sociale dei cani randagi, con effetti talvolta drammatici e incontrollabili, come certe trappole mortali ritrovate nei pressi di Via Massafra e ordite per intrappolare i randagi. Gianluca Semeraro è un giovane che, con tanto di brevetto da educatore cinofilo, ci ha fatto comprendere alcune cose. 
Quale percorso formativo occorre seguire per diventare un educatore cinofilo?
«Per  arrivare a prendere il brevetto da educatore cinofilo innanzitutto ci vuole una passione smisurata per gli animali e per cani, tanto spirito di sacrificio e una grande voglia di imparare e mettersi continuamente in discussione, essendo il mondo della cinofilia assai ampio, variegato e complesso e in continua evoluzione.  Se si hanno questi requisiti è bene rivolgersi a centri cinofili specializzati, sparsi in tutta Italia, che organizzano corsi da educatori cinofili che di solito hanno una durata circa di almeno un anno».
Tu cosa ne pensi del fenomeno del randagismo a Martina Franca?
«Il randagismo a Martina, così come in tante altre parti d’Italia e soprattutto del sud, è un fenomeno sociale che purtroppo va aumentando in maniera vertiginosa, colpa anche dalla crisi che attanaglia il nostro paese che sta portando a un numero sempre più alto di abbandoni degli animali domestici, e che di conseguenza va preso in seria considerazione. Io mi trovo spesso a parlare con persone che, giustamente, sono preoccupati per questa situazione; per questo ritengo opportuna la sterilizzazione dei randagi  e cominciare per esempio a fare controlli seri e  a tappeto sui cani di proprietà verificando che abbiano il microchip: un gesto  di responsabilità verso i  propri cani e soprattutto verso la società,  evitando così abbandoni facili e l’incremento ulteriore del randagismo».
Ma davvero che, come molti martinesi lamentano su facebook, i cani randagi a Martina sono una specie di “Cerbero”, a tre teste, e pericolosissimi?
«Solitamente un cane solitario non morde, e sottolineo solitamente perché non c’è mai nulla di sicuro e di certo, al limite potrà abbaiare o inseguire, ma difficilmente arriverà ad attaccare e a mordere. Nell’immaginario comune i randagi vengono definiti pericolosi ma in realtà non lo sono necessariamente. I cani cercano sempre di evitare gli scontri: un cane ferito non è di aiuto al branco ed è proprio per questo motivo che le “lotte” sono di solito ritualizzate in una dinamica di “ringhio, abbaio….”. I cani sono animali sociali che hanno la necessità di vivere in branco dove ogni componente ha il suo ruolo. Se si osservano i gruppi di cani randagi, sono spesso i più giovani quelli più irruenti che cercano lo scontro, mentre gli adulti ignorano questo tipo di  comportamento, ma possono incorrere in atteggiamenti di aggressività in presenza di  cuccioli, cibo e femmine.  Con il passare del tempo il giovane capirà che l’atteggiamento rissoso sarà condannato dal resto del branco. In generale si può affermare che i cani più pericolosi per la società non sono tanto i randagi quanto i cani abbandonati da poco, perché non essendo abituati alla vita di strada  possono provare paura e di conseguenza diventare aggressivi».
Ci sono “razze” più pericolose di altre?
«Sono assolutamente contrario alla concezione comune di chi dice che una determinata razza sia più pericolosa di altre. Prima la legge faceva una netta distinzione tra razze ritenute pericolose da quelle ritenute non pericolose; ora per fortuna questa sgradevole distinzione è stata eliminata facendo posto a una serie di regole che valgono per tutte le razze e per i loro amici umani. Per me non esistono cani pericolosi ma proprietari pericolosi».
Bello sentirti dire quest’ultima tua affermazione. Ci puoi parlare allora dei “padroni”?
«Per quanto riguarda i problemi comportamentali nei cani di proprietà, ad esempio, parlando di aggressività, secondo statistiche condotte da esperti cinofili, il 90% di disturbi comportamentali  sono quelli  cosiddetti “indotti” ovvero causati da una errata socializzazione e/o educazione del cane; perciò è facile intuire che la colpa dei disturbi dei nostri amici a quattro zampe è dei proprietari e ancor prima degli allevatori. Chi ha un cane deve sapere quali sono le esigenze dei propri cani e come lui stesso cerca di comunicare e interagire con noi, tutto questo per avere cani (e proprietari)  felici ed equilibrati».
Si parla tanto del metodo “gentile”. Ma cos’è?
«Il metodo gentile non è il metodo del “bocconcino”  come spesso viene definito da persone inesperte in materia. L’educatore cinofilo “gentile” vede il cane come un essere senziente, dotato di capacità cognitive e capace di provare emozioni sia piacevoli che spiacevoli e che vanno correttamente  riconosciuti per avere una giusta comunicazione con il cane. Durante l’addestramento gentile il cane viene premiato, tramite l’utilizzo di rinforzi positivi che possono essere ad esempio  il cibo, un gioco ecc, ogni qualvolta, lo stesso, assume un atteggiamento che vogliamo riproponga in futuro, ignorando invece quelle azioni che non vogliamo si ripresentino. Va da sè che in  un percorso di educazione con il metodo gentile ogni strumento di coercizione (collari a strozzo, a punte e chi più ne ha più ne metta) è assolutamente vietato e condannato. Con il metodo gentile nel binomio uomo-cane si instaura un rapporto di fiducia reciproca al contrario di altri metodi dove il cane risponde ai comandi non per fiducia nel suo conduttore, bensì per paura». 
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor