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RENZISCONI O BERLURENZI?

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

24
GEN
2014
Alcuni anni fa girava una battuta salace e caustica che suonava pressappoco così “Perché la sinistra italiana si affanna a cercare un nuovo leader? Ha già Fini!”. Oggi la stessa battuta si può mutuare per l’altra sponda del fiume della politica nazionale: la destra italiana ha trovato finalmente il suo nuovo leader in Matteo Renzi! A differenza della precedente però questa affermazione ha ben poco di satirico e induce a qualche seria riflessione, per quanto è possibile essere seri trattandosi di politica nazionale. Mi sono spesso chiesto perché, fin dai tempi non sospetti della prima Leopolda del 2010, ho provato istintivamente viva curiosità ed anche simpatia per questo ragazzone toscano verace che in alcune espressioni della mimica facciale ricorda a volte Mr Bean. In quel lontano ormai novembre del 2010, in quella che fu definita la “Carta di Firenze”, Matteo Renzi parlava come un alieno della politica di dimezzamento del numero dei parlamentari, di premiare il merito invece che l’anzianità ed il clientelismo, di unioni civili e di banda larga per tutti, di lotta al cemento selvaggio, di fisco, di lavoro e di lotta alle rendite. E poi quella parola magica che ha fatto tremare i polsi (per usare un eufemismo) alle cariatidi della nostra putrida partitocrazia: rottamazione! Oggi mi è più chiaro il senso di quella vicinanza ideale con una nuova sedicente sinistra che cercava di emergere dalla palude cattocomunista che caratterizzava, e caratterizza ancora fortemente, la così detta area progressista. Matteo Renzi ha reinterpretato, mettendoci molto del suo, quel sogno di cambiamento, di rivoluzione liberale, di un Paese finalmente attento ai bisogni dei singoli cittadini e non alle lobby, alle corporazioni, che era stato di Berlusconi venti anni fa e che tante speranze aveva acceso nella maggioranza degli italiani. Alla Leopolda quell’8 novembre si disse “Vogliamo rispondere al cinismo con il civismo. Alla divisione con una visione. Alla polemica con la politica. E vogliamo farlo con la leggerezza di chi sa che il mondo non gira intorno al proprio ombelico e con la serietà di chi è capace anche di sorridere, non solo di lamentarsi.” Oggi Renzi ha la grande opportunità di dimostrare nei fatti che quelle parole e che quei programmi non sono le farneticazioni di un visionario, che la conquista del consenso, e di conseguenza la conquista del potere, non necessariamente risucchia i leader nelle sabbie mobili della mala politica e del malgoverno. Oggi Renzi ha la possibilità di realizzare quel che venti anni fa l’uomo di Arcore ha enunciato ma non ha mai in pratica potuto, o voluto, realizzare. Ma se tutto questo ha una pur minima scintilla di verità, si pone un’altra questione diventata ineludibile. Che senso ha più oggi etichettare, con una classificazione che è ormai anacronisticamente ottocentesca, le forze politiche ed i movimenti che si affrontano nell’agone politico? Che senso ha oggi definire un partito o un movimento di destra o di sinistra quando le istanze si sono mescolate? Che senso ha oggi parlare di destra e di sinistra quando i protagonisti hanno perso la loro identità ideologica? Che senso ha oggi parlare di politiche di destra e di sinistra quando l’aspirazione degli italiani è quella di tornare ad essere governati e non abbandonati a loro stessi, mucche da mungere fino allo stremo da una macchina statale che divora tutto e tutti come una moderna rivisitazione del mito di Kronos divoratore di figli? Allora perché non concederci ancora una speranza ed andare a vedere che carte ha in mano il nostro Matteo Renzi. Non è la destra che mi sono augurato negli anni per questo Paese, ma sono disposto a dargli credito.
 


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