Libero adattamento dal Giulio Cesare di William Shakespeare (atto III – scena II)
Un italiano – Amici, italiani, concittadini, ascoltatemi! Io vengo a seppellire la nostra Repubblica non a lodarla. I mali della democrazia sopravvivono ad essa; i benefici spesso sono sepolti con essa, e così sia della Repubblica. Il nobile Monti ed il nobile Napolitano vi hanno detto che la Repubblica era corrotta: se così era, fu un ben grave difetto e gravemente ne ha pagato la colpa. Qui, - con il permesso di Monti e degli altri, Napolitano, Berlusconi, Bersani, Bossi, Casini, Fini, Di Pietro, che Monti è uomo d’onore così gli altri, tutti uomini d’onore, - io vengo a parlare al funerale della Repubblica. Essa mi diede i natali e fu maestra di vita e di giustizia per me, ma Monti dice che fu corrotta, e Monti è uomo d’onore. Quando le macerie della guerra ci avevano lasciato miseria, povertà e pianto fu nella Repubblica che trovammo la forza per asciugare le nostre lacrime e per costruire un futuro degno di essere vissuto dai nostri padri, da noi e dai nostri figli. La corruzione dovrebbe essere meno caritatevole. Eppure Monti e Napolitano e Berlusconi e Bersani e Bossi e Casini e Fini e Di Pietro dicono che era corrotta, e loro sono uomini d’onore. Non parlo per smentire ciò che loro hanno detto, ma sono qui solo per dire ciò che io so. Tutti voi l’avete amata una volta e ne avevate ragione per farlo; quale ragione oggi vi trattiene dal piangerla? Scusatemi, ma il mio cuore giace nella bara con essa e fatico a farlo ritornare a me.
Amici, se io fossi disposto a spingere il vostro cuore e la vostra mente alla ribellione ed al furore per questo assassinio, farei un torto a Monti ed un torto agli altri, i quali, lo sapete tutti, sono uomini d’onore e non voglio fare torto a loro: preferisco piuttosto far torto alla defunta Repubblica, fare torto a me stesso e a voi, piuttosto che fare torto a così onorata gente. Qui con me ho un documento che è il suo testamento, si chiama Costituzione, che lei ha voluto lasciare a tutti noi per non dimenticare chi e cosa siamo e siamo stati. Se avete lacrime, preparatevi a spargerle adesso. Tutti la conoscete e che in un freddo giorno d’inverno uomini illuminati, di cui si è persa la tempra, ci lasciarono in eredità per indicarci la via della rettitudine. Ebbene guardate, qui il pugnale di Napolitano l’ha trapassata; mirate lo strappo che Di Pietro nel suo odio vi ha fatto; attraverso quest’altro il ben amato Monti l’ha trafitta, perché Monti come sapete era il salvatore della Repubblica. Giudicate amici quanto questo fu il colpo più crudele di tutti si che, sopraffatta da cotanta ingratitudine, ripiegò su se stessa e cadde. In quel momento io e voi, e tutti noi cademmo, mentre il sanguinoso tradimento trionfava sopra di noi. Ora voi piangete e mi accorgo, si che sentite il morso della pietà, quanto generose siano le vostre gocce.
Buoni amici, dolci amici, che io non vi sproni a così subitanea ondata di ribellione. Coloro che han commesso questa azione sono uomini d’onore; quali private cause di rancore essi abbiano, ahimè, io ignoro, che li hanno indotti a commetterla; essi sono saggi ed uomini d’onore, e, senza dubbio, con ragioni vi risponderanno. Non vengo, amici, a rapirvi il cuore. Non sono un professore come il nobile Monti, bensì un uomo semplice e franco, che ama la sua Repubblica: io non ho né l’ingegno, né la facondia, né l’abilità, né il gesto, né l’accento, né la potenza di parola per scaldare il sangue degli uomini: io non parlo che alla buona; vi dico ciò che voi stessi sapete; vi mostro le ferite mortali alla Repubblica, povere, povere bocche mute, e chiedo loro di parlare per me. Ma se io fossi uno di quei nobili uomini d’onore, allora muoverei gli animi vostri e porrei una lingua in ogni ferita dell’esanime Repubblica, così da spingere le pietre d’Italia a insorgere e ribellarsi.