Tarantini che conoscono i tarantini e ne raccontano vizi e virtù. "Racconti indifferenziati" tra storia, satira e comune senso (in)civico
Capita un sabato sera di un mese di luglio che, ormai andato, non è infine riuscito a decidere se continuare a definirsi estivo o cosa. Capita in una città, Taranto, uno dei poli industriali più importanti di Italia, d'Europa e del mondo (!), lo dice Renzi mica altri!, che non ha ancora uno straccio di cartellone estivo degno di questo nome. Capita di passare davanti all'ingresso del teatro all'aperto in villa Peripato; il teatro, per la cronaca, è detto anche "teatro di Cenerentola", per via dell'obbligo tassativo di chiudere ogni manifestazione alle ore 24; circostanza su cui ha scherzato, ma poi non tanto, anche Nino Frassica, quando di recente è stato ospite di un evento organizzato da una emittente locale. Vedi un manifesto con su scritto: "(non solo) MUNNEZZA racconti indifferenziati", e decidi di scommettere (solo) 5 euro per provare a passare una serata diversa, tranquilla, tentando di toglierti di dosso, con l'aiuto degli ultimi alberi sopravvissuti in città, quella umidità appiccicaticcia che viene dal meteo, e scrollarti anche un po' di preoccupazioni, che provengono invece da ben altre fonti, più "umane" e per questo più fastidiose! Scommessa vinta e stravinta! Cabaret a Taranto! scenografia minimalista, in tema: un paio di cassonetti della spazzatura e un po’ di "munnezza". Cabaret fa rima con risate e spesso con satira; ma non quella satira ormai scontata, alla Crozza per intenderci, o, per par condicio di genere, alla Litizzetto. Una satira di costume, potremmo dire, che prende in giro, e si prende in giro; si ride, e non poco, sulle debolezze del dna tarantino. Una satira gentile ma pungente allo stesso tempo, raffinata e drammaticamente realistica. Aldo Salamino, Stefano Zizzi, due one-man show chi si incontrano sul palcoscenico. Monologhi dei due che si legano con dialoghi, arricchiti di tanto in tanto da ingressi in scena della "terza gamba" dello spettacolo, Mario Fumarola. Il "tavolo" si regge poi su una bella organizzazione, un service efficiente (Andrea Salamino), e l'inserimento al momento giusto di un balletto eseguito dalla giovanissima Samuela Fumarola. Un lavoro attento, un vero e proprio studio delle (cattive) abitudini del tarantino e del suo non facile rapporto con la "munnezza", e non solo. Si parte addirittura dai primi anni del 1700 quando chi governava la città fu costretto, già allora!, a emanare un editto con cui invitata la cittadinanza a non gettare i rifiuti dalla finestra. E poi si racconta la evoluzione del sistema di raccolta, fino all'attuale, parziale, raccolta differenziata. Ma tra un dialogo e l'altro sulla spazzatura, sul suo ingombrante, e maleodorante, impatto nella vita cittadina, i due principali protagonisti si alternano con monologhi frizzanti, che sottolineano modi di fare e di dire del tarantino medio-tipico. Come la tendenza all'elisione, al troncamento o all'apòcape vocalica (vedete voi cosa si addice di più), sintomo di una connaturata pigrizia del tarantino: e così, via Mignogna diventa via Mignò, il lido di Saint Bon passa per Senbò. E poi i nomi rigorosamente ridotti a monosillabi: Francesco passa dalla variante Ciccio per diventare poi "Ci", Giuseppe transita da Peppe per diventare "Pe". E così via. Si ride e tanto; ridono di se stessi gli attori, ridono gli spettatori, riconoscendosi probabilmente in molti dei "vezzi" della nostra cultura popolare, si ride necessariamente per le iperboli del copione, che mettono però in grande evidenza modi di fare poco consoni a quella che vorrebbe definirsi una civiltà moderna. Come l'abitudine di buttare in strada mobili e suppellettili di ogni genere. Salamino, Zizzi e Fumarola ci fanno ridere, ma invitano anche a riflettere. C'è una chiara denuncia che mette insieme modi di fare, ormai consolidati, difficoltà di chi deve organizzare la raccolta, e, questo non viene alla luce direttamente dal racconto scenico, ma lo aggiungiamo noi, una certa "distrazione" di chi ha il compito di amministrare il territorio. La ciliegina sulla torta del racconto, sempre puntualmente aderente alla realtà dei fatti, è la disamina delle avvertenze che l'AMIU, l'azienda che si occupa della igiene cittadina, che ha peraltro collaborato con la compagnia, dispensa sul proprio sito ufficiale (www.amiutaranto.it): si legge, ad esempio, che i contenitori della pizza vanno nella raccolta carta ma solo... se non unti! Salamino e Zizzi, come si è detto, si incontrano sul palcoscenico, proponendo modalità, stili, approcci, diversi, complementari. Quasi anglosassone il primo, brillante ma misurato, con una presenza scenica calibrata, studiata. Più teatrale Zizzi, più maschera, più portato alla improvvisazione e al rapporto diretto con la platea. Tutti, Fumarola compreso, interpretano se stessi nel momento in cui raccontano di Taranto e della tarentinità, perché il loro salire sul palcoscenico nasce soprattutto dall'amore per la città. E la gente alla fine applaude a scena aperta. Sicuramente uno spettacolo da andare a vedere quando, come ci auguriamo, sarà replicato.