Pubblicato da: Vito Pietro Corrente
Categoria: ATTUALITA'
11 GEN 2013
Giovanni Pico della Mirandola, celebre umanista conosciuto per la cultura enciclopedica e per la prodigiosa memoria divenuta proverbiale, ha tratteggiato le caratteristiche specifiche dell’Uomo, in senso lato, rappresentandolo con una modernità sorprendente per un pensatore lontano da noi ben sei secoli. La summa del suo pensiero filosofico è la “Oratio de hominis dignitate” attraverso la quale esalta l’Uomo nella sua straordinaria peculiarità, “il libero arbitrio”, che lo distingue da ogni altro essere vivente e che gli concede la libertà di innalzarsi fino a Dio o di sprofondare nella più brutale abiezione. Magistrale la definizione che Pico riserva a Dio chiamandolo “architectus” per aver disegnato l’Uomo né mortale né immortale, né celeste né terreno, affinché da se possa scegliere la forma che gli è più congeniale, libero artefice del suo destino.
L’orazione del conte della Mirandola mi offre l’opportunità di riflettere con voi sulla singolare coincidenza nell’uso del libero arbitrio dei politici che vivono nel nostro tempo.
Silvio Berlusconi. Uomo di successo, un predestinato, imprenditore dalle non comuni qualità, meritorio e straordinario creatore di posti di lavoro per mezzo delle sue aziende, nel 1993, improvvisamente rimasto orfano dei suoi referenti politici per le note vicende di Tangentopoli, decide di abbracciare la fede politica. Niente a che vedere con il sacro furore di chi vuol dedicare le proprie energie per migliorare la vita di milioni di cittadini. Molto più miseramente per trovare una via d’uscita, la più indolore, per risolvere la montagna di problemi giudiziari che stavano per travolgerlo. De dignitate!
Pierluigi Bersani. Mediocre burocrate di partito, come nella migliore tradizione comunista, ossessionato come tutti i comunisti e i post comunisti dalla incapacità di guidare il Paese a seguito di elezioni vinte nelle urne. Incapace di brillare di luce propria, ha bisogno di avere sempre un nemico in cui specchiarsi e da odiare, malgrado l’apparente bonomia tipicamente emiliana. Ha giocato sporco anche con il suo giovane competitor durante le mitizzate primarie della sinistra. De dignitate!
Mario Monti. Brillante carriera accademica che lo porta alla presidenza della più prestigiosa scuola di economia del nostro Paese, la Bocconi, si trasforma in un goldoniano Arlecchino servitore di mille padroni (i famosi poteri forti della finanza mondiale) e sceglie, per arrogante, ingiustificata e sopravvalutata autostima delle proprie capacità di statista, di cavalcare l’onda della politica incurante dei disastri provocati al tessuto sociale della Nazione nei tredici mesi di governo tecnico. De dignitate!
Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini. Li accomuno perché gemelli in tutto. Entrambi bolognesi, entrambi belli ma attempati, entrambi ricercatamente eleganti quanto poveri intellettualmente, entrambi non hanno mai lavorato un solo giorno nella loro vita, entrambi in parlamento da sei lustri, entrambi con un armadio della coscienza ricco di maschere da indossare a seconda delle convenienze. Mi ricordano quel derelitto personaggio di una mitica canzone di De Andrè, quello che aveva venduto per 3 mila lire la madre a un nano. De dignitate!
Gli altri, da Di Pietro a Ingoia, da De Magistris a Vendola, da Grillo a Storace, sono solo delle marginali e tristi comparse di una farsa tragicomica che li vede esibirsi in teatri semivuoti. De dignitate!
Credo che tutti noi elettori dovremmo finalmente usare il dono del libero arbitrio per cercare di innalzarci il più possibile a Dio. De hominis dignitate!