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Endometriosi: parliamone ancora

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

13
OTT
2016
Da endometriosi non si guarisce ma si può imparare a convivere mantenendo una buona qualità di vita solo affidandosi a professionisti esperti e studiosi di questa malattia e informandosi in prima persona. L’Associazione Italiana Endometriosi è un punto di riferimento di milioni di donne che ne sono colpite ogni anno
 
 
In questa sede di divulgazione scientifica ad un bacino di utenti ampio e variegato, vorrei dare una definizione comprensibile a tutti, pertanto definire l’endometriosi  come una patologia benigna, femminile, spesso dolorosa ma anche asintomatica per un lungo periodo (nel 20-25 % dei casi), cronica, invalidante nelle forme più gravi e, al momento, incurabile o meglio non esiste cura risolutiva. Si stima colpisca in Italia tre milioni di donne in età fertile, con costi sociali e personali molto onerosi. Il ministro della Salute ha annunciato l’inclusione di questa patologia nei Livelli essenziali di assistenza, i Lea. “Con la conclusione dell’iter di aggiornamento dei nuovi Lea questa patologia rientrerà infatti nell’elenco delle malattie invalidanti che danno diritto all’esenzione” ha dichiarato il  ministro. 
L’endometriosi è una malattia che colpisce le donne in età fertile dall’adolescenza alla menopausa, più comune tra i 30 e i 40 anni. Ha una eziologia e una patogenesi  ancora sconosciute. La tesi più accreditata è  che si tratta di una malattia multifattoriale, nel determinare la quale intervengono sia fattori di tipo genetico sia fattori di tipo ambientale. I fattori genetici sembrano legati a una fragilità del sistema immunitario che non funzionerebbe in modo adeguatamente efficace. Si è osservato infatti che le donne che abbiano familiari di primo grado (madre e/o sorelle) affette da endometriosi avrebbero più probabilità di contrarre la malattia. In ogni caso, si tratta di fattori predisponenti e non determinanti la malattia. I fattori ambientali indicati come possibili co-responsabili nel causare la patologia sono inquinanti derivati dalle lavorazioni industriali e derivati di erbicidi e pesticidi (es. diossina). 
Il termine “endometriosi” prende origine dall’endometrio che è  il tessuto che riveste la superficie interna dell'utero e che cresce e successivamente si sfalda ogni mese durante il ciclo mestruale. Nell'endometriosi, delle cellule endometriali migrano e si impiantano al di fuori dell'utero, in altre aree del corpo. In tali sedi il tessuto endometriale si sviluppa in noduli, tumori, lesioni, impianti o escrescenze. Tali formazioni possono essere causa di dolore, di sterilità e di altri problemi. Il tessuto cosiddetto ectopico (fuori posto) subisce gli stessi influssi ormonali del tessuto eutopico (il tessuto endometriale che correttamente riveste la cavità dell’utero) perciò ciclicamente prolifera, si sfalda e sanguina, mimando la mestruazione. Questo sangue però non ha una naturale via d’uscita e perciò diventa fortemente irritativo causando reazioni infiammatorie, mentre le lesioni, proliferando, producono aderenze che irrigidiscono gli organi su cui si formano ostacolandone la funzionalità.
L’attuale protocollo terapeutico è orientato sia alla terapia farmacologica con farmaci Fans e ormonali sia a interventi chirurgici asportativi, finalizzati alla rimozione delle formazioni endometriosiche e , nei casi gravi, alla resezione intestinale, all’asportazione di un rene o altro tessuto, quando l’endometriosi abbia già intaccato questi organi compromettendone la loro funzionalità e la qualità di vita della donna. Nei centri specializzati allo studio e al trattamento dell’endometriosi, la paziente e il suo partner vengono affiancati dallo psicologo o da altro specialista della salute in quanto questa subdola malattia può inficiare il rapporto di coppia mettendone in discussione la solidità e la capacità di affrontare un problema che riguarda la donna ma che coinvolge in maniera significativa anche il suo compagno. L’approccio psicologico è conditio sine qua non  l’accettazione della malattia e dei suoi risvolti nella vita quotidiana familiare e di coppia. Negli ultimi anni la terapia farmacologica viene coadiuvata dalla omeopatia, fitoterapia e da una dieta alimentare appositamente studiata, da attività sportiva o da attività ricreativa volta a mantenere un alto livello di autostima della donna, affetta e afflitta da questa malattia.


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