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La forza della legalità

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

8
GIU
2017

Ci si chiede se il capo dei capi di Cosa Nostra abbia diritto a una morte dignitosa quando le ferite delle atrocità compiute non saranno mai rimarginate. E intanto, a poche ore dall'appuntamento elettorale, siamo chiamati a fare la nostra parte contro il sistema mafioso


Che cos’è la Mafia? La sua definizione è di organizzazione criminale suddivisa in cosche o famiglie, rette dalla legge dell'omertà e della segretezza, che esercitano il controllo di attività economiche illecite e del sottogoverno. Questo sostantivo, se inserito in una frase, suscita una molteplicità di reazioni scaturenti dalle differenti visioni che si hanno di questo criminoso fenomeno sociale.
I sistemi più evidenti di esercitare attività economiche illecite sono legati all’estorsione di denaro a realtà commerciali, produttive e professionali distribuite sul territorio, all’approvvigionamento di sostanze stupefacenti ridistribuite, con elevati ricarichi economici, ai dettaglianti o ai diretti consumatori, ancora attraverso lo sfruttamento della prostituzione, oppure imponendo imprese e fornitori protetti e accreditati per l’esecuzione d’interventi e la distribuzione di prodotti e servizi sul territorio, sia nel settore pubblico sia in quello privato. L’enorme fatturato derivante dalle molteplici attività malavitose, stimabile in circa 105 miliardi di utile annuo solo in Italia, è poi reimpiegato in diversificate attività economiche distribuite sul territorio nazionale tanto da confonderle con quelle legali, rendendone difficile l’appartenenza. Un esempio sono le innumerevoli attività ricettive e di ristorazione presenti nella Capitale così come nelle grandi città e nelle località ad alta attrattiva turistica.
Parliamo spesso delle mafie nei nostri articoli e lo facciamo raccontando come attraverso la cattiva politica riescano a diffondersi anche in ambito istituzionale, di come si alimentino dallo sfruttamento del lavoro tramite il caporalato, o di come esibiscano con tracotanza le proprie potenzialità economiche e sociali, godendo dell’impunità che ritengono di avere. Eppure l’Italia è uno dei paesi dove c’è una sovrabbondanza di leggi che mirano alla prevenzione, alla lotta e all’estinzione degli atti criminosi. La discrasia fra il principio della legalità e l’attuazione della legge, rende difficile imporre la giustizia a chi a fatto della propria vita una missione nella lotta al crimine. Questo, bene lo sapevano due degli uomini più sani e coerenti che siano vissuti in questa nazione. Due che non si ponevano il problema di trovare percorsi brevi per raggiungere i traguardi e che si limitavano a eseguire il loro incarico seriamente, dando poco spazio alla libera interpretazione anche se più sicura e comoda. Due magistrati convinti che la criminalità si combatte con la legge, convinti che applicarla realmente, senza artifici ed esclusioni, fosse l’unico metodo concreto di lotta al malaffare. Nel farlo, però, conservavano l’umanità e la capacità di discernimento necessaria a individuare i nemici dello Stato da chi è fagocitato dalla macchina del crimine divenendo da vittima a ingranaggio del sistema. Perché la repressione fine a se stessa non ha mai portato a grandi risultati così come, invece lo fa la diffusione della legalità come sistema di vita. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino saranno ricordati per sempre nella memoria di chi ha creduto nella giustizia e sogna di poter vivere libero da qualsiasi oppressione. Perché vivere agendo nel giusto e sapendo di fare del bene, rende liberi. Come loro, c’è un silente popolo che ogni giorno persegue gli stessi intenti e se il risultato del loro enorme sforzo non ci appare immediatamente evidente, è esercitato ugualmente con la certezza che non sarà vano ma che, giorno dopo giorno, continuerà ad assicurare che il sogno di Falcone e Borsellino divenga realtà. Chi ha rispetto per il prossimo, prova sempre un certo imbarazzo e pudore nel citare questi due simboli elevati accostandoli, inevitabilmente, a uno dei peggiori dei mali della storia. Il timore di non essere all’altezza si supera solo considerando i loro nomi come una bandiera che più tempo svetta nel cielo e più ci ricorda il suo significato.  
La definizione di Mafia, in realtà, non è così circoscrivibile a un preciso significato. È questo uno dei motivi che ne rendono così complesso il contrasto perché ciò che non si conosce sino in fondo è difficile da analizzare. Abbiamo parlato di omertà e segretezza che sono fra le armi più potenti di cui la Mafia dispone, superiori alla paura che è il mezzo più usuale di cui si serve la malavita per imporre la sua prevaricazione. Le prime non sono conseguenza della seconda o, almeno, non lo sono sempre. È impensabile, infatti, che si accetti tacitamente di subire un sopruso senza lasciare che l’istinto di tutela verso la propria specie, la propria prole, la propria dignità, generi un moto di ribellione e difesa. Non è possibile credere che ci sia un popolo che, per paura ceda al ricatto, mentre una sua parte lotti per combattere il crimine. C’è, quindi, un’accettazione tacita, di comodo, che serpeggia fra gli uomini, alimentando il lato oscuro della società. Oltre gli esempi emblematici della convinta affiliazione alle mafie, c’è un modus operandi che si è insinuato nelle abitudini della società. Si tende ad approcciarsi agli ostacoli incontrati, agli obiettivi da raggiungere, ai percorsi intrapresi, attraverso la ricerca di soluzioni quanto più semplici possibili. L’edonismo, oltre ogni misura, induce a scordare le proprie capacità e la ricerca autonoma di soluzioni. Mentre il reciproco aiuto fra i membri di una società civile è una delle più nobili pratiche che possa essere adottata fra individui evoluti, lo scambio di favori, specie se tendono a ledere i diritti dei propri simili, assomiglia molto al substrato in cui crescono e si sviluppano le mafie. Non è forse un modo di operare mafioso cercare di ottenere privilegi, lavoro e vantaggi ricorrendo alla ricerca di favori? Quali e quante volte ci si approccia alle istituzioni attraverso la mediazione di terzi che ne vantano credito? Quante volte si sottrae un diritto a qualcuno che ne ha realmente bisogno per fruire di un vantaggio ulteriore o superfluo? Ogni volta che esercitiamo questi comportamenti, abbiamo valicato quel limite che differenzia la legalità dall’illegalità e, anche se può apparire un eccesso, stiamo operando un comportamento mafioso specie se ricambieremo il favore ricevuto con uno simile o ancora più meschino. Ancora più pungente è il pensiero che attuando queste scelte di vita è come se affermassimo che Borsellino e Falcone erano solo degli illusi nel praticare e promuovere la legalità per combattere l’illegalità.
Cambiare insieme ciò che ci appare sbagliato, ingiusto e iniquo è l’unico sistema perché possa avvenire un reale cambiamento dal metodo mafioso. Le mafie si rifiutano sino a ottenere la loro estinzione. Solo così potremo essere certi di non alimentare il malaffare nei variegati aspetti in cui si manifesta.
Il nostro paese è dotato di uno strumento che, se adoperato secondo convinzione e coscienza, ha il potere di stroncare qualsiasi forma di criminalità. È nostro, possiamo usarlo solo noi e ne dobbiamo essere orgogliosi e tutelarlo come il migliore dei simboli della legalità: il voto. Scambiarlo per un favore è già mafia.
“La Rivoluzione si fa nelle piazze con il popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in mano. Quella matita, più forte di qualsiasi arma, più pericolosa di una lupara e più affilata di un coltello”. Il contenuto di questo messaggio di Paolo Borsellino, comporta la profonda presa di conoscenza che chi votiamo per rappresentare il popolo deve esserne all’altezza e ciò comprende il potere di non eleggere chi è imposto se non è degno.
Albert Einstein diceva: “Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai delinquenti, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare.”



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