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Finchè il barcone va

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

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LUG
2017

Grande solidarietà giunge al popolo italiano dalle istituzioni europee: si sa, le belle parole non costano nulla ma, alla prova dei fatti, noi italiani ci carichiamo gli immigrati e la civile Mitteleuropa si barrica dicendosi disponibili (a parole) all’accoglienza dei soli rifugiati politici rifiutando quelli di tipo economico (i più numerosi)

Nulla di nuovo sotto il sole, la solita dichiarazione di intenti volta a fare distinguo tra irregolari e rifugiati, promettendo di accogliere i secondi (eventualità quasi mai verificatasi), il solito teorico braccio teso cui segue il nulla. Ma la cosa veramente nuova che il recente dibattito sull’immigrazione porta con sé è il duplice risvolto – interno ed estero – sul quale alcune riflessioni ci appaiono utili. Sul versante interno, dopo averci tediato con le marce pro immigrati, dopo averci annoiato sul valore dell’accoglienza, dopo averci mostrato sdegno sulla bestiale insensibilità di quei populisti brutti e cattivi che vorrebbero respingere dei poveri naufraghi demonizzando il meritorio lavoro delle Ong, qualcuno si è improvvisamente accorto del problema sbarchi.
Ecco quindi che Paolo Gentiloni, Marco Minniti  e Sergio Mattarella, folgorati sulla via di Matteo Salvini, si affacciano sullo scenario internazionale lanciando un grido di allarme sulla situazione divenuta ingestibile e chiedendo aiuto. Delle due l’una: o il problema immigrati è scoppiato prepotentemente negli ultimi giorni oppure i pistolotti sull’accoglienza erano una roba sbagliata, ideologica e antinazionale.
Se la seconda ipotesi fosse quella più accreditata, bisognerebbe allora riflettere sui danni irreparabili che anni di flussi incontrollati hanno generato al Paese e sulla difficoltà di risolvere una posizione così incancrenita da tonnellate di buonismo. Quello stesso filone di pensiero che in questi giorni in Parlamento parla di Ius soli e pretende di conciliare il problema immigrazione col desiderio di creare la generazione Balotelli. Come facciano i nostri governanti a dire che l’immigrazione è un problema propugnando la cittadinanza “facile” è un mistero, una contraddizione tendente alla dissociazione mentale.
Chiaro che di fronte a un simile inferno la pavida Europa non ci voglia mettere le mani: questo sforzo corale di venire incontro all’eroica Italia si risolverà nell’ennesima dazione di denaro (come fa la Germania con la Turchia per bloccare l’afflusso dei siriani) che farà contente le anime belle della gauche alla Giuliano Pisapia oltre che arricchire la catena delle organizzazioni impegnate nel business dell’accoglienza. Insomma, le nostre istituzioni sovranazionali ci trattano come dei turchi qualsiasi cui dare la mancetta per governare l’incontrollabile e divenire una sorta di terra dei fuochi dell’immigrazione.
Sul fronte degli equilibri internazionali, il niet della Francia  e della Spagna all’apertura dei propri porti a mo’ di supporto all’Italia, messo a sistema con la minaccia dell’Austria di schierare l’esercito al Brennero, la dicono lunga sulle reali intenzioni dei nostri partner, intenzioni misurabili per atti concludenti e al netto dalle frasi di circostanza. Anche i comportamenti inoperosi e omertosi dei big europei sono indicativi di un disinteresse verso una questione che evidentemente non viene considerata condivisibile a livello europeo.
Inutile dire che aveva ragione il buon Gheddafi quando teorizzò terribili ondate migratorie dopo la sua deposizione e inutile dire che coloro i quali tentarono di esportare la democrazia in Libia (ma più in generale nel Nord Africa) abbiano compiuto un danno colossale. Costoro hanno esportato le primavere arabe e importato gli inverni dei barconi, fottendosene adesso che a sorbirsi le conseguenze è la sola Italia.

Adesso, rimpatriare di forza i profughi in Libia (lo Stato di partenza) equivale a compiere un atto ostile verso una nazione fortemente islamizzata, così come chiudere i porti lasciando i “pretendenti asilo” a mollo su un barcone potrebbe attirare le ire dei maomettani scatenando il terrorismo a casa nostra se non tensioni internazionali di ampia portata. I pistoleri che gridano tutti a casa loro, raus, affondiamo i barconi o che la fanno facile, sono dei demagoghi che non sanno ciò che dicono. La questione è molto complessa e, allo stato attuale, ha una serie infinita di implicazioni negative che si celano dietro ogni provvedimento seppur esso possa essere ritenuto auspicabile.
Ma allora cosa fare? Anzitutto rivedere i patti relativi all’operazione Triton voluta da Matteo Renzi e Angelino Alfano la quale prevede che le navi battenti altra bandiera effettuino il salvataggio degli immigrati portandoli tassativamente in Italia. In secondo luogo diffidare le Ong dal comportarsi come fossero dei taxi dalla Libia (il 60 per cento degli immigrati ultimamente arriva tramite navi riconducibili a queste organizzazioni) ponendo sotto sequestro le imbarcazioni in caso di trasgressione al divieto imposto. In ultimo, finire ciò che purtroppo è stato iniziato in Libia ponendo le condizioni affinché un governo stabile e amico abbia la forza di contrastare dall’interno questa odiosa tratta di carne umana accettando, se del caso, anche un appoggio di tipo militare. Il resto è noia, sono parole al vento di qualche governante che, come l’asino bigio del Carducci nella poesia “Davanti a San Guido” il quale non si scompone al passaggio della vaporiera ansimante, crede di farla franca con qualche mesto incontro bilaterale dagli esiti disastrosi.
(www.opinione.it)



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