MENU

Le elezioni tedesche e i fuochi fatui

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

28
SET
2017

Ok, ha raggiunto percentuali inaspettate ma niente paura: in Germania, l'estrema destra non lascia prefigurare alcun bis di certi regimi del passato

Si attendevano in tutta l’Europa quale indicatore del trend politico che potrebbe diffondersi in questa parte del Mondo, le elezioni federali tedesche per eleggere i nuovi membri del parlamento tedesco, il Bundestag, hanno raggiunto il culmine domenica 24 settembre, quando il popolo tedesco si è recato alle urne toccando la percentuale di affluenza del 76,16%.
I partiti in lizza sono stati il CDU/CSU - l’Unione Cristiano Democratica e l’Unione Cristiano-Sociale, rappresentati da Angela Merkel, Cancelliera federale uscente, l’SPD - il Partito Socialdemocratico Tedesco rappresentato dal candidato Martin Schulz, Die Linke - la sinistra tedesca con a capo Dietmar Bartsch e la sua vice Sahra Wagenknecht, Bündnis 90/Die Grünen - I Verdi tedeschi nati dalla fusione di Alleanza 90 proveniente dalla Germania est e I Verdi della Germania ovest con Katrin Goering, l’FDP – Partito Liberaldemocratico d’ispirazione liberale che ha come rappresentante alle elezioni Christian Lindner, AfD – Alternativa per la Germania di Alice Weidel e Alexander Gauland, il maggiore partito di estrema destra della Germania. Hanno concorso anche altri piccoli partiti che decideranno se aggregarsi o no con maggioranza o opposizione.
L’esito elettorale ha confermato le ipotesi scaturite dagli esperti e dalle proiezioni sancendo, al primo posto, il CDU/CSU con Angela Merkel che ha ottenuto il 33% dei voti (-8,5) e l’SPD con Martin Schulz con il 20,5% (-5,2), con un consistente calo dei consensi confluiti in favore dell’AfD - che ha raggiunto il 12,6% (+7,9), l’FDP - Christian Lindner con 10,7% (+5,9), Die Linke - Sahra Wagenknecht che ha ottenuto il 9,2% (+0,6) e Grünen – Catrin Goering-Eckardt con l’8,9% (+0,5).
Ciò che spicca dai dati elettorali è il calo di consensi per l’Unione Cristiano Democratica e l’Unione Cristiano-Sociale della Merkel che, comunque, si riconferma prima eletta e del Partito Socialdemocratico di Martin Schulz. Quello che più emerge è l’ampio superamento della soglia del 10% dell’estrema destra di Alice Weidel.
Le dichiarazioni “a caldo” dei candidati dimostrano un inaspettato scenario tant’è che Angela Merkel ha dichiarato: “Speravo in un risultato migliore… C'è nuovo compito, con l'AfD nel Bundestag, vogliamo che i loro elettori tornino a noi… Siamo la prima forza, formeremo il governo, nessun governo può essere formato contro di noi” seguita da Martin Schulz che ha detto: “Un giorno difficile e amaro per la socialdemocrazia. Abbiamo mancato l'obiettivo… Nessun democratico può guardare altrove di fronte a una cosa del genere nel nostro Paese” riferendosi alla scalata della destra che ha definito: “…una cosa che può essere minacciosa, può rappresentare un pericolo” aggiungendo: “Finisce qui il nostro comune lavoro con la CDU e la CSU” affermando di non volere più sostenere il nuovo governo.
La leader dell’AfD, Alice Weidel, dimostrando la sua soddisfazione per l’esito elettorale, ha dichiarato: “Un'opposizione ragionevole ma per la Germania e i tedeschi prima di tutto e stando attenti a cosa farà Angela Merkel” mentre la candidata dei Verdi, Catrin Goering-Eckardt, ha affermato: “Ci saranno colloqui difficili, faremo soltanto quello in cui crediamo”.  Chrstian Lindner, dei Liberali tedeschi, ha precisato che: “La scorsa legislatura è stata la prima in cui i Liberali non sono stati presenti in Parlamento, e sarà anche l'ultima”. Nessuno dei partiti minori eletti al Bundestag dimostra di voler essere costretto ad allearsi in coalizioni forzate così com’è anche possibile che lo dichiarino solo a fini tattici.
Con i dati in possesso è possibile tentare un’analisi evincendo due considerazioni fondamentali: la prima riguarda il calo di consensi per i partiti di maggioranza e l’altra relativa ai timori legati a una possibile diffusione e rinascita della destra estrema.
Nel primo caso risulta che, in un momento di notevoli tensioni sociali e sotto il continuo spettro della crisi economica, la popolazione abbia perso la cieca fiducia nelle istituzioni, questo in Germania è significativo, e che sia stanca di promesse di rinascita che, puntualmente, non si concretano se non attraverso l’enorme sforzo dei contribuenti. Qualsiasi schieramento politico che abbia allocazione e confini sfumati e incerti non è più apprezzato. C’è un’evidente richiesta di chiarezza e appartenenza, esattamente l’opposto di quanto succede con le alleanze politiche di potere che in Europa sono perennemente fluttuanti, muovendosi fra destra, centro e sinistra secondo le convenienze. La classe politica e l’elettorato sono ancora troppo distanti.
L’altra nota degna di attenzioni è legata al tentativo di scalata della destra estrema in tutta l’Europa. In tal senso è necessario specificare che la Destra tedesca non è per nulla simile ai pittoreschi raggruppamenti neofascisti italiani che continuano a inneggiare a un dittatore morto da oltre settant’anni. In Germania, la destra è molto più organizzata, ha elevati proventi finanziari, ha disegni politici attentamente programmati, è nazionalista, xenofoba, razzista ed euroscettica con precise finalità, s’ispira al nazismo cogliendone scientemente solo i lati utili, ha vertici composti di intellettuali e figure che sono attivamente presenti nell’economia e nella società, che usa il cervello e non lo stomaco. Eppure questi dati non devono destare nessun tipo di allarme sia per la componente numerica ancora esigua, anche dopo il superamento della soglia del 10% di consensi, che per le inadeguatezze dei programmi inattuabili e fuori contesto.
Le valutazioni sulle destre attuali possono essere concretate solo in raffronto a quelle del passato. Il nazismo, infatti, è nato dal Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP) che scalò rapidamente il potere, proprio adottando politiche sociali, molto favorevoli alla popolazione, promulgate da una figura carismatica come quella di Adolf Hitler. Anche volendo tentare qualche similitudine, sia le popolazioni attuali sia le figure politiche, in particolare, sono nettamente differenti da quelle degli anni ’30. La storia insegna, inoltre, che il potere non è mai stato conquistato dalle destre in lunghi lassi di tempo ma attraverso azioni fulminee. Peraltro, non è il caso di temere un partito come l’AfD che il giorno successivo alle elezioni si è già fratturato con l’abbandono della moderata Frauke Petry dal gruppo parlamentare.  
Non c’è nessuna condizione che lasci presagire una così disponibile cedevolezza dei cittadini europei verso regimi che impedirebbero il permissivismo e il libero arbitrio. Chiunque aneli a egemonie deve prima sconfiggere l’enorme potere e l’ampia diffusione dell’illegalità e delle mafie sull’intero territorio europeo.
Il vero nemico da contrastare non è il neonazismo, ancora modestamente preoccupante, ma i diversi movimenti e partiti che vantano magiche formule politiche ed economiche di rinascita a fronte di teorie inesistenti divulgate da altrettanto insipienti leader. Il progressivo spostamento dell’attenzione pubblica dalle istituzioni ai leader ha sminuito il significato di pluralità a favore dell’estro e dell’individualismo mirato alla conquista del potere. Le forme di difesa dai regimi totalitari sono esercitabili esclusivamente dall’elettorato che deve concentrarsi sulla funzione del Parlamento piuttosto che sul Capo di Governo e i suoi ministri, sulla rappresentanza in Consiglio Provinciale e Comunale piuttosto che sui Presidenti di Regione e Sindaci con i relativi seguiti e le giunte perennemente in bilico.
Il popolo può ottenere molti più diritti e adempiere equamente ai propri doveri, solo tutelando gli strumenti istituzionali attraverso il voto o, in extremis, all’astensione, piuttosto che soggiacere incondizionatamente alle formule di marketing adottate da pseudopolitici rampanti più bravi a curare la forma che il contenuto che, come fuochi fatui, appaiono ma non riscaldano.
In questo, come in tanti altri eventi della vita, c’è una locuzione latina attribuita ad Appio Claudio Cieco, Console della Repubblica Romana nel 307 a.C., che vuole ognuno artefice del proprio destino, “Faber est suae quisque fortunae”.
Se il popolo, che è e resta sovrano, decide di permanere nello stato in cui versa, deve soltanto continuare a inseguire le lucciole credendo siano lanterne.



Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor