MENU

Come schegge impazzite

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

7
DIC
2017

Un recente sondaggio del Censis ha rilevato una notevole crescita della rabbia, del rancore e dell'aggressività nella popolazione, dovuti al malessere sociale dilagante. Peccato che l'ira venga rivolta a imprecisate entità spesso assolutamente estranee al fenomeno, lasciando inalterate le vere motivazioni

Aggressività: fenomeno complesso che rientra nelle problematiche legate al manifestarsi della violenza negli esseri viventi. Le dinamiche psichiche e biologiche che conducono ai conflitti violenti tra le persone, il loro legame con gli istinti primari sono questioni che, da circa due secoli, psicologi e altri studiosi analizzano e che solo recentemente si stanno chiarendo attraverso l’attuazione di esperimenti sull’uomo e sulle cavie. 

Uno dei fattori che influenza la rabbia può essere rintracciato nel livello di androgeni presenti nell’organismo, sui quali sono state condotte numerose ricerche. Altre cause che insistono sull’aggressività sono legate alla maggiore o minore presenza di serotonina e alle funzioni dell’ipotalamo. In ogni caso la componente neurobiologica della rabbia è molto evidente.

Oltre a questo, ci sono i coinvolgimenti emotivi generati dall’apprendimento sociale attraverso il quale il comportamento è influenzato dall’osservazione, l’imitazione, le ricompense e le punizioni che riceviamo, mettendo in luce la parte appresa del comportamento aggressivo. In questo senso rientrano i segnali rilasciati dai mass-media che contemplano comportamenti violenti inclusi nelle azioni di rivalsa.

Molto dipende, quindi, da ciò che si considera giusto senza, spesso, averlo prima relazionato con la realtà, lasciando prevalere l’istinto primordiale. Quanto più aumenta l’aggressività tanto più è probabile che sfoci in violenza verso i propri simili. La rabbia e l’aggressività, in soggetti sani, devono comunque essere innescate da un fattore ritenuto avverso. Parliamo di rabbia e aggressività perché un recente sondaggio Censis ha rivelato una notevole crescita del fenomeno nella popolazione italiana. I dati del Rapporto sulla Situazione Sociale del Paese attestano che in Italia aumentano paura, rabbia e rancore.

«La paura del declassamento - spiega il Censis - è il nuovo fantasma sociale. Ed è una componente costitutiva della psicologia dei millennials: l'87,3% di loro pensa che sia molto difficile l'ascesa sociale e il 69,3% che al contrario sia molto facile il capitombolo in basso».
Quanto afferma la scienza e ciò che riportano i sondaggi su rabbia e aggressività, però, sono dati asettici e sembrano ancora troppo lontani dai fenomeni sociali più immediati. Cercheremo di capire perché la popolazione italiana è più arrabbiata di qualche anno fa quindi, perché “si sbrocca”, “si sfarfalla”, “si sbalestra”, “ci s’incazza” più frequentemente. Sempre adottando i dati Censis ma liberandoci dai sofismi, c’immergeremo nelle realtà sociali.


Una delle motivazioni che accrescono la rabbia nella popolazione è vivere una realtà e sentirsene raccontare un’altra. L’uscita dalla crisi economica, l’aumento del PIL, quello del benessere procapite sono ragioni sufficientemente valide per mandare su tutte le furie chi cerca di districarsi fra il costo della vita e i guadagni reali decurtati dei costi e della pressione fiscale.

Per quanto le grandi cifre indichino che l'aumento del 2,3% della produzione industriale italiana nel primo semestre del 2017 è il migliore tra i principali paesi europei (Germania e Spagna +2,1%, Regno Unito +1,9%, Francia +1,3%), che cresce al +4,1% nel terzo trimestre dell'anno e che il valore aggiunto per addetto nel manifatturiero è aumentato del 22,1% in sette anni, superando la produttività dei servizi, la popolazione non ne percepisce in nessun modo un vantaggio, restando in una condizione incerta e precaria. Oltre a questo, la cosiddetta forchetta sociale si ampia notevolmente.

I ricchi continuano a esserlo mentre la povertà aumenta. Anche i dati sull’occupazione, che si continua a dichiarare in crescita, non corrispondono alla reale condizione sociale. Il precariato non può essere annoverato nell’incremento occupazionale per l’evidente inaffidabilità in termini temporali e di stabilità. Sono frequenti i casi in cui i dati concernenti le remunerazioni sono falsati e non corrispondono alla reale retribuzione dei lavoratori. Nonostante le campagne di dissuasione, inoltre, lo sfruttamento del lavoro nero è un fenomeno costante se non in crescita. In contemporanea ci sono vere e proprie caste che non risentono di qualsivoglia difficoltà economica collettiva.

Le aspettative della popolazione, che tendono a crescere secondo le speranze infuse da diversi governi, sono puntualmente disattese, sicché l’enorme incertezza sul futuro induce a sfiducia, malessere e, appunto rabbia crescente. Non riuscendo a identificarne concretamente le cause, le si ricerca confusamente nelle più svariate sfere delle componenti sociali. Naturalmente, meno si conosce un fenomeno negativo, tanto è più facile imputarne le cause al soggetto più fragile spesso totalmente estraneo, nel totale rispetto della “logica fantozziana” tipica degli italiani.

È  il caso dell’immigrazione, che è considerata una delle maggiori cause del malessere diffuso e pertanto un capro espiatorio cui rivolgere la propria aggressività. Sempre secondo il Censis «l'immigrazione  evoca sentimenti negativi nel 59% degli italiani, con valori più alti quando si scende nella scala sociale: il 72% tra le casalinghe, il 71% tra i disoccupati, il 63% tra gli operai».


C’è chi invece, specie nell’ambito politico, ha saputo sfruttare a proprio vantaggio la rabbia degli italiani, persino incrementandola sino a farla sfociare in aggressività. Oppure chi, girando per l’intera nazione, continua ad affermare che non ci sono motivi per essere scontenti, che il peggio è passato e che il proprio governo ha salvato il Paese e, infine, ci sono politici che della rabbia popolare hanno fatto il carburante del proprio disegno, alimentando omofobia, razzismo e maggiore divisione fra le classi.

Il culmine è rappresentato dai movimenti politici costruiti sul malcontento e costituiti da scontenti che hanno in comune l’infelicità anche non sapendo esattamente per chi o che cosa. Secondo le indicazioni di altrettanto inesperte guide, imputano la loro aggressività alle più disparate cause o individui senza mai offrire lucide soluzioni. Tutto assomiglia molto al popolo citato ne “I promessi sposi” che accusava gli “untori” della peste dilagante.


Di sicuro c’è che la rabbia e l’aggressività che ne scaturisce sono espressioni del carattere umano con cui non è consigliabile avventurarsi nell’intento di assoggettarle a proprio vantaggio, proprio perché mutevoli e difficilmente controllabili, specie se collettive. La storia insegna.
Sino a quando l’energia che s’impiega nella rabbia non si convertirà in lavoro costruttivo, resterà un latente e incontrollabile pericolo che come il più potente degli esplosivi può rimuovere grandi ostacoli o seminare distruzione e sofferenza.       

Foto: Psiche.org

 



Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor