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No, non si stava meglio

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

18
GEN
2018

I ricordi non sempre corrispondono alla realtà di ciò che è stato. Ecco perchè spesso è facile idealizzare un mitico passato, anche recente. Eppure, nonostante tutto, possiamo affermare che non c'è un tempo migliore di questo

L’ampliamento degli strumenti di comunicazione sociale ha favorito la trasmissione del pensiero e la possibilità di creare aggregazioni e condivisioni. I social network, punti d'incontro virtuale in internet per scambiarsi messaggi, chattare, condividere foto, video, ecc, sono un fenomeno sociale particolarmente indicato per creare gruppi, chiusi o aperti, dove condividere affinità o confrontarsi su particolari tematiche più o meno impegnative. Fra i tanti ce ne sono alcuni che trattano le condizioni di vita del passato, le tradizioni nazionali e locali, che mostrano gli stralci di vita impressionati da scatti fotografici. Quasi ogni città o paese ha creato uno o più gruppi social relativi al vecchio tessuto sociale, specie concernente il XX secolo. Proprio osservando il contenuto di questi gruppi locali, il nostro direttore si è soffermato su una fotografia che ritraeva una famiglia pugliese dei primi del ‘900 nella sua abitazione, una misera stanza, corredata di una didascalia riferita alla povertà e contrapposta a un commento nostalgico, rivolto alla maggiore semplicità, al migliore rispetto dei valori e alle esternazioni di amore molto più manifesti in quella condizione. È davvero così? Abbiamo esaminato, principalmente, le condizioni abitative di questo periodo storico notando delle evidenze. Dagli inizi del ‘900 sino agli anni ’50 le differenze sociali erano molto più marcate e non solo fra aristocratici, borghesi e proletariato, ma anche fra città e periferie, centri abitati e campagna, fra quartieri della stessa città e perfino all’interno delle stesse classi sociali. Gli aristocratici che vivevano nelle città avevano una condizione differente da quella dei signorotti di campagna, impegnati nella supervisione dei latifondi che possedevano, così come l’alta borghesia era differentemente impegnata nelle città rispetto ai piccoli paesi. Per il proletariato è necessario un distinguo. Chi lavorava in fabbrica o come manovale viveva in piccolissime dimore urbane, i pescatori in prossimità del mare in condizioni altrettanto modeste e i lavoratori della terra in abitazioni rurali o in città in unità spesso composte di una sola stanza. L’attenzione si è soffermata proprio sul proletariato, protagonista della fotografia, e sulla sua condizione abitativa. Esaminando la vita dei lavoratori della terra, ad esempio, ne possiamo valutare le condizioni sociali inquadrandole nel periodo storico. Anche se ugualmente misera, la vita dei braccianti era differente da quella dei coltivatori diretti: i primi erano sostanzialmente dipendenti dei latifondisti o soggetti a lavori occasionali, addirittura contrattati giornalmente, i secondi, anche se in maniera minima, avevano una certa autonomia, anche se non era raro il caso in cui svolgessero anche lavori per terzi. I primi dimoravano molto spesso in città mentre i secondi presso i loro campi o quelli a loro affidati in livello da concedenti. La struttura sociale era patriarcale o, in assenza del capo famiglia, matriarcale dove, anche se non conviventi, padri e madri, a volte i nonni, decidevano del presente e del futuro dei loro figli e nipoti. Le scelte, infatti, erano notevolmente condizionate dagli anziani della famiglia. Proviamo a traslarci in una società del passato, esaminiamo le sue componenti e il suo modo di vivere. Quelli che oggi sono i centri storici delle città e dei paesi erano, allora, i nuclei abitativi dove gli stabili erano densamente popolati da una stratificazione sociale facilmente distinguibile. I palazzi nobiliari ospitavano gli aristocratici che, oltre a influire sul governo cittadino, erano proprietari della maggior parte degli immobili. Subito dopo l’alta borghesia che essendosi ritagliata una discreta condizione sociale e vivendo all’ombra dell’aristocrazia, ne aveva sfruttate le debolezze tanto da vivere quasi con gli stessi privilegi. I piani interrati, seminterrati e i piani terra dei palazzi erano occupati, appunto, dal proletariato e da modeste attività artigianali e commerciali i cui titolari, nel migliore dei casi, riuscivano a vivere nei piani superiori, spesso occupati dalla media e piccola borghesia. Tutte le abitazioni erano prive di servizi e, quindi, delle più elementari condizioni igieniche. Mentre i piani superiori degli stabili si approvvigionavano di acqua da cisterne comuni, i piani inferiori ne erano privi. Le abitazioni a questi livelli erano composte, spesso, da una sola stanza, a volte divisa da una tenda, con un unico accesso e frequentemente priva di finestre, dove conviveva l’intero nucleo familiare. Gli ambienti erano malsani e riscaldati da piccoli bracieri mentre le abitazioni dei piani superiori da camini impiegati, anche, per la cottura dei cibi. Nei palazzi nobiliari e dell’alta borghesia i camini erano distribuiti in tutte le stanze tanto da garantire una temperatura accettabile. Il substrato sociale di queste aggregazioni abitative era caratterizzato da un elevatissimo analfabetismo, un’alta mortalità infantile così come per le puerpere, da sistematiche prevaricazioni sociali e da condizioni della donna pari o inferiori a quelle destinate agli animali. La tutela per l’infanzia era inesistente. Nelle fasce più deboli, l’uomo usciva molto presto per recarsi al lavoro ma, ancora prima, la coniuge doveva occuparsi delle mansioni della casa, accudire la prole spesso numerosa e preparare i pasti cercando di adeguarsi agli scarsi proventi di cui era dotata. I figli maschi, in funzione dell’età, seguivano le sorti del padre già da piccoli, mentre le bambine collaboravano con la madre, in attesa di sposarsi. Come abbiamo detto, anche l’acqua era un bene da conquistare, pertanto le condizioni igieniche personali erano scarsissime così come quelle della casa e degli indumenti rigorosamente lavati a mano. Al ritorno dal lavoro, gli uomini stanchi e sporchi, dopo essersi alimentati, avevano come unica distrazione l’ubriacarsi, percuotere moglie e figli e accoppiarsi con la coniuge, senza alcuna discrezione. Le donne subivano tacitamente e se restavano incinte, avevano due opportunità: crescere stentatamente un altro figlio o abortire con mezzi precari e sul tavolo con l’aiuto d’improvvisate ostetriche. Tutti erano soggetti a morti premature che costringevano i figli a ripercorrere ciclicamente lo stile di vita dei predecessori non conoscendo alternative se non l’emigrazione o il delinquere. Sebbene non molto differente, la vita in campagna era sicuramente migliore per la possibilità di vivere all’aperto e di potersi approvvigionare per l’intero anno dei frutti, anche spontanei, della terra. C’era, quindi, davvero spazio per i sentimenti e la cura dei rapporti sociali? La vita era davvero più semplice? È certo che ci fosse maggiore rispetto dei valori oppure era solo timore e obbedienza condizionati dai bisogni, dalla sottomissione, dalle precarie condizioni di vita e dall’ignoranza? Questa stratificazione è mutata solo attraverso la consapevolezza scaturita dalle lotte sociali come quella al latifondismo o allo sfruttamento degli operai nelle fabbriche e nei cantieri. Eppure, la prevaricazione e la volontà di pochi abbienti di mantenere in povertà la maggior parte della popolazione hanno permesso un arricchimento smisurato di talune fasce sociali che riescono ancora oggi a influire sulla dignità del genere umano. Se gli uomini sono vittime delle condizioni sociali del passato, le donne e i bambini lo sono molto di più. Riscoprire il passato è un dovere nei confronti della storia e della sua conservazione ma distorcerne i contenuti non giova alla realtà. I racconti dei propri ascendenti sono il frutto di una condizione imposta, della mancata conoscenza, dell’impossibilità di scelte. Quello che poteva apparire una grande gioia, nella realtà era soltanto un piccolo passo oltre la sopravvivenza. È sicuramente una certezza che è meglio formare una coppia per scelta che esserne costretti, potersi alimentare con continuità piuttosto che soffrire gli stenti, fruire di acqua corrente e potersi lavare piuttosto che vivere nella sporcizia, essere curati piuttosto che morire a quarant’anni d’influenza, desiderare un figlio e conoscere la contraccezione piuttosto che restare incinta per soddisfare i bisogni di un uomo non desiderato, conoscere la cultura che vivere nell’ignoranza. La condizione di disagio, inoltre, è stata il migliore mezzo per sottomettere e con esso la propaganda dei valori della famiglia anche se questa era, nella realtà, un forzato raggruppamento di esseri umani costretti alla convivenza. Ricercare il meglio di ogni cosa è un grande stimolo verso la positività, utile a superare le difficoltà ma, in concreto, il passato era migliore del presente solo se e per chi lo è stato davvero.



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