Alla maggior parte dei colleghi che mi chiede perché occuparsi di politica forense rispondo che l’impegno di ampio respiro sul territorio italiano serve a ottenere credibilità e ascolto presso il Parlamento e le Istituzioni in genere. Divisi o rinchiusi nell’isolazionismo del nostro Foro, siamo pesci in una boccia di vetro (e potrebbe mancare il necessario ossigeno e ricambio)
I provvedimenti legislativi in materia di giustizia degli ultimi anni (positivi o negativi a seconda della valutazione che vogliamo dargli) vengono da un lungo e articolato processo che ha visto impegnate le rappresentanze dell’avvocatura.
Qualche esempio: nel maggio del 2014 partecipai alla riunione ministeriale che varò il PCT (la notizia dell'ufficializzazione della norma arrivò nel corso della assemblea dell'Oua presso l'aula Miro nel Foro di Taranto). A febbraio 2015 ho visto “nascere” il DDL concorrenze (approvato in via definitiva ad agosto 2017) che, senza il costante e mirato intervento dell’OUA prima, e di tutti i Colleghi che si sono confrontati sul punto poi, sarebbe stato ben più lesivo della libertà e autonomia dell’avvocatura (nella prima versione avrebbe consentito l'esercizio della professione in forma di società di capitali, senza riserve nè regole).
Abbiamo suggerito e scritto emendamenti migliorativi, cercato le maggioranze e le forze necessarie per l’approvazione, contattando i parlamentari di tutto l’arco costituzionale. A volte ci siamo riusciti, a volte no. Ma il Foro di Taranto era lì, in prima linea.
Parallelamente il processo civile ha subito numerosi attacchi (dal progetto di introdurre alla prima udienza il giudizio “prognostico” del Giudice, a finire con l’idea di celebrare tutto il primo grado col rito sommario). Ogni tentativo è stato bloccato grazie al coordinamento costante tra i Colleghi che in tutta Italia si occupano di politica forense e le rappresentanze parlamentari di opposizione (e questa volta da ultimo anche grazie anche al chiaro No dell’ANM )
Numerosi sono stati anche gli interventi sul penale e in tema di specializzazioni.
Alla maggior parte dei colleghi che mi chiede perché occuparsi di politica forense rispondo che l’impegno di ampio respiro sul territorio italiano serve a questo: perchè uniti possiamo avere credibilità e ascolto presso il Parlamento e le Istituzioni in genere. Divisi o rinchiusi nell’isolazionismo del nostro Foro, siamo pesci in una boccia di vetro (e potrebbe mancare il necessario ossigeno e ricambio).
So perfettamente che gli Amici che incontro quotidianamente nelle aule sono impegnati a lavorare, studiare e rincorrere i propri crediti, ma il processo di formazione della norma si svolge attraverso trattative, emendamenti, bilanciamento di interessi contrapposti.
Ciò impone aggiornamento e presenza costante sui temi e nei luoghi delle decisioni; nonchè un pressing senza sosta sui protagonisti della vita politica.
Fondamentale è il ruolo che ognuno di noi può avere partecipando alla vita del Foro attraverso le Associazioni (lievito della elaborazione culturale e normativa) e il Consiglio dell'Ordine, che deve essere sempre a disposizione delle necessità degli Iscritti.
E’ importante non ripiegarsi su se stessi, ma aprirsi al dialogo costante con i Colleghi del Distretto e della Regione e poi del Paese. Questo consente una visione più completa, la verifica costante dell'operato dei nostri rappresentanti (sia forensi, sia politici) perché è da questo confronto che nasceranno le norme
Mantenere sempre saldo e vivo il legame con i parlamentari locali e confrontarsi sempre con gli altri Distretti fa emergere le criticità del sistema giustizia e la conoscenza del problema consente il superamento degli ostacoli. Ma non ci si può fermare al particolare locale (che da solo non ha un peso specifico sufficiente a spostare attenzione e quindi cura).
Auspico che la nuova stagione elettorale (nazionale e forense) assicuri un ricambio della classe dirigente che voglia aprirsi all'esterno e al dialogo tra le professioni e le Regioni.
L’Italia è lunga e variegata; non esiste più una Avvocatura, ma le Avvocature
Conoscere quanti più aspetti è possibile, interagire sempre a livello distrettuale e poi nazionale, consente di essere più forti e più incisivi nell'azione politica a tutela dei cittadini prima e degli avvocati di conseguenza.
Senza tralasciare MAI il tema dei giovani parcheggiati negli albi e dal futuro sempre più incerto. Serve un patto generazionale che si faccia garante del passaggio di testimone tra le diverse generazioni di avvocati, un atteggiamento etico di reciproco sostegno che faccia crescere nuove generazioni più preparate (anche perché gratificate dal riconoscimento del proprio impegno).
Non ci si salva da soli, ma solo riconoscendoci reciprocamente doveri e diritti e proiettandoli versi interessi generali e più ampi del proprio orizzonte
Gli schemi sono saltati; proviamo a ricostruire insieme con lo sguardo verso l’Italia e non solo sul nostro orticello.
* Avvocato del Foro di Taranto, già Presidente Organismo Unitario Avvocatura