Fin dall’antichità il labirinto è stato un luogo a cui si sono legate storie di paura e di mistero. Tutti abbiamo temuto di perderci all’interno di un labirinto, almeno una volta nella vita. Le suggestioni in materia vanno dal Minotauro all’opera di Guglielmo da Baskerville, il frate che nel celeberrimo “Il nome della Rosa” affrontava il dedalo di stanze della biblioteca segreta, per imbattersi infine nel segreto della risata, dello sberleffo e del suo potere destabilizzante per il potere, secondo il grande filosofo Aristotele.
Le suggestioni letterarie e artistiche in materia sono sempre state vaste e di ampia portata. Di labirinti si occupò Jorge Luis Borges, grande scrittore argentino del novecento, che ebbe per questo luogo mitologico un’attenzione spasmodica, dimostrando di esserne affascinato oltre misura. Nel labirinto termina il folle viaggio di Jack Torrance, terrificante custode invernale dell’Overlook Hotel, ucciso dal gelo e dallo stratagemma geniale del suo piccolo figlio Danny. Dai quadri surrealisti ai romanzi d’avventura, dal realismo magico all’architettura, il labirinto ha sempre rappresentato una sfida intellettuale per l’uomo, grazie al potere di perdizione legato ad un ordine, apparentemente perfetto, ma capace di nascondere dentro di sé il caos.
Labirinto è dunque più che un luogo. Labirinto è un concetto, una scommessa, un inganno, che può apparire perfettamente calmo e rassicurante, per chi conosce la chiave necessaria ad uscirne, ma che può diventare una delle più terribili espressioni dell’angoscia, per chi si perda al suo interno.
Proprio su questa sottile ambivalenza si gioca il simbolismo che consente di paragonare il web dei nostri tempi ai grandi labirinti che hanno costellato le fantasie dei nostri sogni adolescenziali. Ogni giorno infatti, aprendo i nostri computer al mondo della rete, ci imbattiamo in un dedalo di viuzze, strade cieche, trabocchetti, falsi indirizzi, che ossessiona le menti, drogandole con la bulimia irrazionale e labirintica di un “all you can read” che mira a cancellare il punto di partenza di qualsiasi convincimento, agendo come un continuo ed aggressivo autolavaggio del cervello.
Il meccanismo è apparentemente innocuo, persino rassicurante. Come nelle siepi ben curate delle pareti dei labirinti floreali, costruiti in epoca moderna, così il drug store del web è pronto ad accogliere la curiosità del visitatore, attraendolo h24 con il suo volto migliore, mostrandogli immagini e colori appetibili, titoli succulenti ed evocativi, profumi inebrianti. Il web si comporta come la più subdola tra le piante carnivore e la sua promessa lasciva di conoscenza, immediata e a buon mercato, nasconde non di rado il crudele smarrimento della ragione.
Del resto ogni epoca ha le sue sirene e i marinai della rete non sono poi tanto diversi dai compagni di Ulisse, assetati di virtù e conoscenza, ma condannati a morte dall’insana curiosità verso ogni forma di rappresentazione del vero. In questo rompicapo di pixel e link incrociati, l’unico modo per non perdere la bussola diventa così il richiamo alla semplicità volontaria, la scelta di una limitazione che non si confonda con la limitatezza degli orizzonti. Come insegnavano le fiabe dei fratelli Grimm, la via del bosco che conduce a casa e che è ben tracciata dagli esploratori che hanno già dato buona prova di sé, è quella che meglio si può opporre alle deviazioni in grado di far smarrire il viandante.
Sta dunque a noi cercare di giungere alla meta sani e salvi, evitando le insidie che si celano nel grande labirinto contemporaneo chiamato internet. I lupi in agguato negli angoli ciechi non mancano e solo con il giudizio possiamo evitarne le fauci assassine.