Si può essere più felici amando più persone contemporaneamente? C'è chi predilige i condomini sentimentali, chi invece insegue la villetta monogama
Qualche giorno fa mi è capitato di intavolare una conversazione verbale con un poliamorista, un convinto sostenitore della poligamia sessuale. Ebbene, egli nel perorare la sua tesi ha fatto ricorso a una bizzarra metafora, che mi ha fornito interessanti spunti riflessivi, da monogama convinta ed “ipergamica”, quale sono, ossia: “Sono un culture del sole. Tu quando vai sulla spiaggia che dici?... Andate via tutti perché il sole è solo mio!”. Debbo riconoscergli, comunque grande vivacità argomentativa. Sorrido, pensando ad una frase di Karl KRAUS, letta qualche giorno fa su di un post, “La donna prende uno per tutti, l’uomo tutte per una”. Mi rendo conto che, sebbene liberista e tollerante alle diversità e mentalmente modernista e avanguardista, per converso, in taluni ambiti, come quello amoroso, ad esempio, sono fortemente tradizionalista. Non condivido, ma non condanno, chi è dedito a forme amorose diverse dalle mie, che siano la bigamia, poligamia, poliandria, transessualismo, ovvero, la coppia aperta o lo scambismo. Un dato, però, è certo: che nella fantasia erotica della stragrande maggioranza degli uomini italiani sono sempre presenti menage a tre, dove l’uomo è il file rouge nella liason amorosa saffica. Ma quali sono le motivazioni che spingono un soggetto, specie di sesso maschile, verso la poligamia o il poliamore, ovvero, perché più inclini delle donne alla promiscuità sessuale? Per quanto “poligamia” e “poliamorismo” (anche detto “poliamoria”) possano sembrare, terminologicamente, sinonimi l’una dell’altro, invero esprimono concetti differenti. Ed infatti, mentre la poligamia (o poliginia) è intesa comunemente quale unione avvinta dal matrimonio di un uomo con più donne avente come componente pregnante quella di tipo sessuale; per “poliamorismo”, invece, si intendono amori multipli in simultanea con il mutuo consenso di tutti i partners facenti parte del menage, e non necessariamente tutti a prevalenza sessuale. Quante volte, è capitato di infatuarsi, innamorarsi o semplicemente provare attrazione, anche solo sessuale, per due o più persone contemporaneamente e non saper scegliere perché tutte caratterizzate da differenti e complementari peculiarità? Perché, dunque, accontentarsi e necessariamente scegliere? In regime affettivo di poliamorismo è lecita la “non scelta”! Si possono frequentare e/o instaurare relazioni e rapporti con tutti, previo il mutuo consenso degli aderenti al menage. Ad esempio, il mio eliocentrico interlocutore, da me simpaticamente apostrofato il “Sultano”, sostiene di frequentare più donne contemporaneamente e di essere da costoro da tutte attratto fisicamente e sessualmente, fuorchè, da una di loro, dalla cui mente e anima sarebbe attratto più che dal suo involucro, in quanto, a suo dire, “anime antiche e affini”. Sin qui, nulla quaestio, se non fosse che la liberalità sessuale da questi rivendicata e propugnata non coincida a quella, per converso, riconosciutale e concessale. A mio avviso, indipendentemente dalla forma relazionale prescelta, codificata e declinata socialmente in un dato momento storico, l’importante è la posizione di perequazione dei compartecipanti al sodalizio. E mi pare, che l’atteggiamento del “Sultano”, a riguardo, faccia emergere ancestrali tabù maschilistici in merito alla posizione femminile di subordinazione nel rapporto di coppia, nonostante la moderna emancipazione di noi donne. Questa la principale ragione per la quale abborro la poligamia in senso tradizionalistico - non essendo ancora diffusa e socialmente riconosciuta ed accettata, a contrariis, la poliandria (quella praticata dalle donne), sebbene fenomenologicamente in forte crescita - in quanto, aumenta la diseguaglianza economica e di genere tra soggetti, asservendo le donne al solo piacere sessuale degli uomini e ai di loro bisogni, corroborandone la percezione sociale che la donna gli sia subordinata e non in posizione paritetica. Situazione, poi, ancorchè, materialmente ed emotivamente iniqua, ove si consideri che più donne siano tutte dedite completamente ed esclusivamente a un solo ed unico uomo condiviso, il quale, per converso, è diviso nel dedicarsi, peraltro parzialmente e marginalmente, a più donne, e, di fatto, non dedicato pienamente a nessuna di loro. Ma torniamo all’attuale fenomeno sociale in crescita, al poliamorismo, entrato neologisticamente, con prepotenza, nell’Oxford English Dicionary, già nel 2006, che deve la propria paternità terminologica a Morning Glory Zell-Ravenheart che introdusse il concetto di “relazione poliamorosa” nel suo articolo “A Bouquet of Lovers”, nel 1990. La psicosessuologa Emanuela NAPOLI, ritiene che alla base del progressivo successo di questo nuovo genus relazionale vi siano rispetto e condivisione, ingredienti fondamentali per essere più felici amando più persone contemporaneamente. “Della filosofia o lo stato dell’essere innamorati o romanticamente coinvolti con più di una persona allo stesso tempo” – definizione fornita dal dizionario statunitense, se ne è occupato anche in Italia l’Antropologo Carlo CONSIGLIO, nel suo libro, “L’amore con più partner” (pubblicazione del 2006), sostenendo che la poligamia sessuale e sociale sia la condizione più avvezza e naturale per l’uomo, tale da consentire il superamento della gelosia e della possessività sentimentale onde creare una stabile partnerchip sessuale. In linea di principio, tali considerazioni adducono grande puntualità argomentativa, ma, nonostante io possa pure condividerle in chiave logica, continuo ad essere fervente sostenitrice e cultrice monogamica, e non per via delle sovrastrutture educativo-culturali e valoriali, sin dalla infanzia, trasmessemi ed inculcatemi, quanto, piuttosto, da anacronistica, inguaribile, romantica sognatrice, probabilmente, perché propugnatrice di un amore assolutistico che catalizzi in capo ad una sola e unica persona, coincidenza sui vari piani: fisico, emozionale, spirituale e animico. La sola al mondo, l’altra metà della mela, l’incastro perfetto, quella unica serratura aperta da quell’unica chiave, l’eclissi, la totale congiunzione di Sole e Luna, a cui fondersi in una perfetta compenetrazione di corpo, cuore, anima e mente, ove l’esclusività rapportuale non è vissuta e vista come possesso o manifestazione egoistica, ma come mera forma di sincera, reciproca e condivisa appartenenza. Credo che persino il più incallito degli amministratori condominiali, di fronte al vero e grande amore e all’assoluto trasporto in grado di generare, non rinuncerebbe allo stesso, ed al tradizionale confort di una abitazione singola, in sfregio alla caoticità condominiale. Come scrive Julius EVOLA nel libro “Cavalcare la tigre": “Ti è lecito fare ciò da cui sai che, se vuoi, puoi astenerti”, nella misura in cui ciascuno, pur praticando la promiscuità sessuale non diventi schiavo del sesso, avviluppato nella ragnatela del suo inebriante piacere, nonostante, sarcasticamente, Roberto GERVASO sostenga “che il monoteismo è più diffuso della monogamia perché è più facile accontentarsi di un solo Dio, piuttosto che di una sola donna”.
E se la moda del momento in edilizia amorosa è quella dei condomini e/o delle multiproprietà affettive, svendendosi le mono abitazioni, la sottoscritta continua a prediligere le villette indipendenti, quelle tradizionali con giardino e cuccia del cane annessa, convinta che l’Uomo che dovrà follemente amarla dovrà farlo complicazioni e imperfezioni annesse, pacchetto completo, chiavi in mano, tutto o niente, ossia, perdutamente, esclusivamente, completamente e pienamente, perché, come sostiene Francesco ALBERONI: “Vogliamo essere vissuti come unici, straordinari, indispensabili da chi è unico, straordinario ed indispensabile. Per questo l’innamoramento è monogamo e non può essere che monogamo”.