C'è chi asserisce che un ministro debba essere quantomeno laureato e possedere il maggior numero di attestati di competenza, altri affermano che l'unica competenza necessaria sia quella politica. La verità, come sempre, nel mezzo
Capita sovente di leggere o ascoltare critiche mirate all’incompetenza di alcuni responsabili ai dicasteri ritenendoli privi delle sufficienti capacità per dirigere il proprio ministero. Questo accade quasi per ogni governo e ha inizio dal momento in cui i ministri pubblicano i loro curricula, ancora prima che diano seguito al loro mandato. In generale, se un ministro non dimostri di essere laureato, di avere specifiche competenze nel settore affidatogli e di non avere alle spalle una lunga carriera specifica, è bollato come incompetente. Eppure, la figura del ministro, per rispettare tutte le caratteristiche d’idoneità al suo incarico, non deve categoricamente appartenere a una particolare classe sociale o a una categoria professionale specifica. Per dimostrarlo, elencheremo le caratteristiche e i compiti di un ministro. Per essere nominati ministro non bisogna essere un parlamentare ma è fondamentale avere i requisiti per ricoprire una carica pubblica, quindi così come recita l’Art. 51 della Costituzione italiana “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”. Tutti i soggetti nominabili appartengono all’elettorato passivo. Oltre al rispetto delle ordinarie regole di compatibilità, chiunque può divenire ministro purché sia nominato dal Presidente della Repubblica su indicazione del Primo Ministro e riceva la fiducia dal Parlamento. Nulla osta in merito a titoli di studio, all’appartenenza al Parlamento o a competenze specifiche. Nella realtà, ciò che induce alla scelta dei ministri, sono le coalizioni politiche e le maggioranze ottenute ai seggi elettorali. Di fatto, i ministri sono comunemente dei politici salvo che non si presenti la necessità di costituire un cosiddetto “governo tecnico” che è nominato per superare particolari crisi politiche o emergenze sociali. Indipendentemente da quanto preveda la legge, ci sono due scuole di pensiero che si contrappongono, anche aspramente, circa le competenze e i titoli di studio minimi che dovrebbero avere i ministri. C’è, infatti, chi asserisce che un ministro debba essere quantomeno laureato e possedere il maggior numero di titoli e attestati di competenza, inerenti al dicastero che deve dirigere, altri affermano che l’unica competenza necessaria per il raggiungimento di tale nomina è quella politica. La verità, in questa situazione, si trova nel mezzo ma per meglio comprendere quale tesi appaia più calzante con l’alto ruolo istituzionale, è necessario conoscere i compiti che svolge un ministro. Il ministro è un membro del Consiglio dei Ministri che, presieduto dal primo ministro, stabilisce l’indirizzo politico del governo, quindi le scelte amministrative da compiere nell’interesse dello Stato. Il ministro è il capo di un dicastero specifico che traduce l’indirizzo politico in attività amministrativa affinché abbia un concreto riscontro. Sotto il profilo prettamente costituzionale, il ministro dovrebbe avere l’importantissima funzione di recepire le istanze e le necessità provenienti dalla popolazione tramite la classe politica, ascoltandole e risolvendole nell’interesse della Nazione. L’adozione del condizionale è legata alla progressiva perdita della reale funzione dei ministri che, di fatto, sono divenuti solo organi politici funzionali alla maggioranza di governo. In sostanza, le competenze specifiche del ministro in funzione al suo dicastero non dovrebbero essere necessarie se lui svolgesse concretamente il suo compito, principalmente consistente nella capacità di captare i bisogni della Nazione seguendo la vera natura del suo incarico. Quello che accade da alcuni decenni è la comparsa del “ministro show man” che si preoccupa più di apparire pubblicamente e della propaganda politica che a onorare il mandato ricevuto. Lo stesso accade con i sottosegretari e i viceministri che, invece di occuparsi esclusivamente del loro dicastero e spostarsi soltanto per ottemperare a compiti d’ufficio, sono perennemente itineranti. Le figure tecniche, invece, dovrebbero appartenere all’organico dei diversi ministeri che, al contrario, ospitano un numero eccessivo di ruoli amministrativi e si avvalgono di costosissime consulenze esterne. I ministri degli ultimi decenni si occupano di propaganda e sostegno alla compagine politica che ha voluto la loro nomina e, come tali, sono in perenne sudditanza di partiti e movimenti politici. Profondono promesse che, frequentemente, si rivelano inattuabili senza neppure ascoltare il parere dei propri collaboratori o dei propri colleghi. Comunicano direttamente con l’elettorato finendo per depotenziare i compiti del Presidente del Consiglio che è relegato a una mera figura rappresentativa o, all’opposto, si comporta come un leader colpito dal delirio di onnipotenza e che, quindi, segue un percorso individuale. I dicasteri e, quindi, i ministri che li controllano, non sono utili all’intera comunità ma soltanto alla propria parte politica, condizione molto differente dall’attuare l’indirizzo politico per ottenere uno scopo. Una necessità sociale può essere risolta attraverso diversi metodi, gli indirizzi politici appunto ma, sovente, diviene un’opportunità per accrescere la propria visibilità. Il problema, evidentemente, risale alla capacità della classe politica di interporsi, quale vero tramite, fra l’elettorato e le istituzioni. Mancando la reale rappresentanza del popolo, manca anche la risoluzione dei veri problemi sociali. È sempre più evidente che la classe politica e le istituzioni, tendano a dare personali interpretazioni dei bisogni sociali così come sono soggettivi i metodi per soddisfarli secondo scale di priorità difficilmente calzanti alla realtà. Se è vero che i tecnici ministri non sono rappresentativi della democrazia, è pur vero che queste nodali figure istituzionali devono essere, comunque, dotate di capacità oltre la media tanto da essere all’altezza del mandato a loro assegnato. A giudicare dalle esternazioni pubbliche dei ministri, viceministri e sottosegretari delle ultime legislature, si può dire il contrario tanto da divenire perenne oggetto di notizie, critiche, inchieste oltre a essere protagonisti della più accanita satira per la successione di menzogne, inesattezze, insuccessi, frequentemente diffusi tramite sproloqui partoriti in assenza delle più elementari conoscenze di cultura generale o dettati da intenti strumentali. Ciò che è davvero deleterio è che questo modus operandi è spacciato quale strumento per l’avvicinamento delle istituzioni alla società. In realtà, è la ricerca di consensi di quella parte di popolazione che ritiene l’incompetenza e l’incapacità non ostative al successo e alla carriera. Sotto certi aspetti e dati i risultati degli ultimi anni, e sicuramente degli ultimi tempi, è difficile dare torto a chi adotta come metro di paragone ministri che si dichiarano contro l’obbligo vaccinale o vicepremier che, girando le sagre dell’intera nazione, si abbuffano di prodotti tipici o, ancora, ministri e presidenti di commissione che determinano la qualità della pubblica istruzione anche avendone solo i requisiti minimi o quelli che hanno un pessimo rapporto con sintassi e grammatica. Come innanzi detto, la diatriba fra i sostenitori dei ministri competenti e quelli dei ministri politici è risolvibile con la giusta mediazione: i ministri devono essere fattivi e occuparsi dei loro dicasteri con le competenze adeguate a dirigere qualsiasi ministero. Anche per soddisfare l’incontenibile necessità di comunicare in prima persona con gli elettori, è necessaria la capacità di essere comprensibili, corretti e realistici. Non c’è nulla di più scorretto, infatti, che assecondare le debolezze e le mancanze della popolazione per sfruttarle a proprio uso e consumo piuttosto che impegnarsi nell’intento di correggerle e colmarle. Anche se è molto più semplice adottare la prima soluzione, il rischio maggiore è scontrarsi con la parte migliore della società, la maggioranza, che accetta solo la capacità, la coerenza, l’onestà e la concretezza quali strumenti per la crescita del proprio paese.