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OBIETTIVO SENSIBILE/QUANTI DANNI LA POLITICA DA REALITY DEI GRILLINI

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

27
SET
2018

Quello pentastellato è un vero e proprio show che va in scena tutti i giorni entrando nelle nostre case a nobilitare disvalori come il dilettantismo ingentilendolo sotto il nome di populismo

Qualcuno la prende come forma di intrattenimento easy going mentre qualcun altro si immedesima nei suoi protagonisti. La verità è che i vari reality e talent hanno rovinato il mondo.
Non si tratta di spettacoli diseducativi o dannosi in valore assoluto ma di forme comunicative che hanno spesso un impatto deleterio sul popolo il quale finisce col confondere la realtà percepita con la vita reale.
Prendete ad esempio “Non è la Rai”, il nonno di tutti i reality: le orde di mamme che spingevano le pargole sognando una carriera con l’auricolare all’orecchio e con il ventriloquo in regia pronto a suggerire banalità erano il chiaro indicatore del fatto che si era alla ricerca di una scorciatoia per il successo, di una via breve che assicurasse alla bimba un tranquillo futuro da Letterina anche se il prezzo da pagare fosse stata la disdicevole figura da sciocca burattina di Boncompagni. Vai bella di mamma, se ti chiamano cretinetta è tutta invidia.
E la stessa cosa accadde con il Grande Fratello: a prescindere dal validissimo esperimento sociologico, esso ingenerò nel Paese l’illusione che il successo fosse alla portata di tutti.
Basta entrare in una casa piena di telecamere avendo la sfrontatezza di accoppiarsi in diretta, di ruttare in prima serata, di defecare a reti unificate e il gioco è fatto. Per la gente l’illusione di poter accedere allo star system non avendo un particolare talento ma solo una gran dose di sfrontatezza, una sviluppata incultura simile a quella dello spettatore medio e una tendenza al voyerismo, non ha prezzo perché equivale a reputare di avere una possibilità. Che dal Grande Fratello sia venuta fuori gente come Taricone è solo l’eccezione che conferma la regola.
E lo stesso dicasi per i talent musicali. Questi ultimi restituiscono l’illusione che basti una voce bella e precisa per dirsi artisti. Al diavolo il concetto di gavetta, il lavoro di ricerca fatto nelle cantine o la voglia di emergere sperimentando una propria dimensione misurandosi col mondo e rischiando per giunta di non essere compresi.
Tutt’altro, in questi talent si presentano per lo più due macro categorie di concorrenti: o degli indiscutibili esecutori di brani musicali (ottimi per fare i coristi o per collaborare negli studi di incisione) oppure degli illusi con tendenze pazzoidi che non vedresti bene nemmeno a cantare sotto la doccia. Il risultato è che spesso (ovviamente non sempre) chi vince non è un artista vero e proprio ma un prodotto televisivo che, non avendo le spalle larghe, sparisce dai radar in un batter d’occhio.
D’altronde non è colpa nostra se le cantine adattate a sala prove hanno prodotto gente come Vasco e Ligabue mentre i talent hanno prodotto Matteo Becucci, Giosada, Lorenzo Licitra, Aram Quartet (bravi ragazzi per carità, massimo rispetto). I talent hanno prodotto anche i Maneskin e Marco Mengoni? Troppo poco per potersi definire un fenomeno positivo.
Al giochino della scorciatoia per fare successo mancava la politica e ci ha pensato Gianroberto Casaleggio: cosa sono i cinquestelle se non quisque de populo sbattuti in TV che piacciono tanto all’uomo della strada perché riesce a rispecchiarsi in loro? Cos’è la filosofia pentastar se nono proprio l’esaltazione del non talento fatto assurgere a titolo di merito da contrapporre al professionismo? Il grillismo è l’esaltazione della mediocrità (proprio come nei talent) per cui è meglio Paola Taverna di Bettino Craxi così come è meglio una Floriana Secondi del GF oggi che un Fabrizio Frizzi domani.
Mancavano le telecamere h24 per fare un vero e proprio reality della politica e ci avevano pure provato con lo streaming (ma non conviene ovviamente); mancava il televoto ed hanno inventato la democrazia diretta (quella del clic e dell’uno vale uno); mancavano le nomination e si sono inventati le epurazioni online; mancava il Grande Fratello e hanno supplito egregiamente con la famiglia Casaleggio; mancava l’ospite famoso e hanno reclutato Beppe Grillo.
Quello pentastellato è un vero e proprio reality politico che va in scena tutti i giorni entrando nelle nostre case a nobilitare disvalori come il dilettantismo ingentilendolo sotto il nome di populismo (giusta o meno è una roba che viene da lontano).
Ogni giorno questo Grande Fratello della politica entra nel focolare domestico a raccontare una storia di splendidi ragazzi animati da buona volontà, a narrare di qualche fallimento che li rende più umani, di qualche tradimento che li fa apparire più onesti e di qualche nemico che li fa apparire più vittime del sistema e scusabili in caso di flop (a proposito, le intercettazioni diffuse in questi giorni sono sicuramente un tarocco nato alla Casaleggio & Associati).
Mancava il bravo presentatore: chi se non quel Rocco Casalino che di reality se ne intende?

 



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