Siamo alle solite. Torniamo a quasi 10 anni fa: per Taranto il continuo mantra massmediatico “commissario sì, commissario no”, “dissesto sì, dissesto no”. Oggi 2014: i consiglieri di opposizione in conferenza stampa parlano di un’Amministrazione che i debiti, dei quali conosce l’entità preventivamente, li dichiara fuori bilancio
La Corte dei Conti paventa l’avvicinarsi di un nuovo dissesto se non saranno introdotte misure correttive. Le cause di queste emorragie finanziarie? La scarsa capacità di riscuotere le tasse e la gestione delle società partecipate del Comune di Taranto. Si parla di urgente necessità di liquidità, di ben 190 milioni di euro (cifra roboante) per chiudere il dissesto frettolosamente voluto da una determinata parte politica.
Il futuro che potrebbe profilarsi su queste basi è davvero catastrofico. Un Comune ancora una volta in Amministrazione controllata, a causa delle inadempienze di chi in questi anni ha sbandierato la soluzione delle problematiche finanziarie attraverso una politica di rigore, sarebbe l’ulteriore umiliazione di una città sull’orlo di un precipizio.
L’unica soluzione a questo problema di carattere meramente finanziario è una nuova consapevolezza del ruolo della società civile, non certo un correttivo o una ulteriore revisione di spesa. La risposta a questa situazione ci viene da un Pontefice: Paolo VI al secolo Giovanni Battista Montini. Chi attualmente governa Taranto difficilmente è a conoscenza di questi scritti, troppo presi in età giovanile dal fascino di filosofi come Marx o dalle facinorose contestazioni sessantottine.
E’ Paolo VI che fu il primo a parlare della “civiltà dell’amore”. Immaginate cosa possa voler significare trasformare una città carica di rabbia nei confronti di chi rappresenta l’ordine precostituito, di invidia nei confronti di chi in qualche modo riesce positivamente a distinguersi ed eccellere nonostante tutto, di disillusione verso il concittadino che si spende per l’altro nella convinzione che esistano disegni dietrologici poco chiari, di spicciolo e deleterio individualismo traducibile in quel “ce me n futt a me” (cosa me ne importa) che più danni ha fatto di qualsiasi “distratto” Sindaco.
Per meglio analizzare il portato “rivoluzionario” di questa visione vorrei partire da una straordinaria definizione che questo Papa dà del termine civiltà: “complesso di condizioni morali, civili, economiche, che consentono alla vita umana una sua migliore possibilità di esistenza, una sua ragionevole pienezza, un suo felice destino”
Credo fermamente che dato lo stato delle cose ciascuno di noi - tutti coloro che sentono forte il peso della responsabilità di donare a se stessi ed ai propri figli una città degna di un Paese occidentale - dovrebbe di fatto professarsi “medico” di quella civiltà che andiamo sognando. Una civiltà in cui giustizia, libertà, solidarietà e uguaglianza siano i valori fondanti. Il nostro dovere è dunque questo: di dedicarci alla cura, al conforto, all’assistenza, anche con sacrificio nostro, per il bene di questa Taranto che vorremmo vedere civile e felice. Ben riflettendo è comprensibile come l’indifferenza è la patologia sociale da sfidare e sconfiggere, il mancato interesse per il bene comune deve essere il primo campo del nostro interesse. “Bisogna avere sensibilità ed amore per l’umanità che soffre, fisicamente, socialmente, moralmente” dice il Beato Paolo VI e la perdita di tale attenzione da parte di Taranto è l’evidente segnale del deterioramento del nostro comportamento civile.
E’ giunto il momento di mettere al centro l’uomo a scapito del profitto, del piccolo interesse di parte, del personalismo. Quello di cui scrivo non credo sia un sogno irrealizzabile. La più grande lezione che Paolo VI abbia potuto lasciarci è la consapevolezza che gli ideali, se autentici, se umani, non sono sogni: sono doveri. I valori sono energie, speranze che ci portano inevitabilmente ad una particolare attenzione per l’uomo.
Capisco quanto strana possa apparire questa soluzione, in un epoca fatta di spread e tagli alla spesa pubblica, ma permettetemi di chiedervi una cortesia: consideriamo questa come una delle soluzioni possibili, pensiamoci con coraggio!