Ve la ricordate la pubblicità della banana? L’ultima evoluzione della bollinatura di qualità arriva dal nuovo Presidente della Commissione parlamentare antimafia. “Nel contrasto alla criminalità organizzata si partirà anche da quella parte dell'economia sana che rischia di essere inquinata: uno strumento potrebbe essere l'istituzione di un 'bollino blu' per gli iscritti ai vari Ordini professionali. Penso a una sorta di controllo di filiera etica che possa rappresentare una certificazione di moralità” ha dichiarato il neopresidente all’Ansa, scatenando reazioni irritate ed ironiche. Bollino blu, come per la banana più famosa d’Italia, quella 10 e lode. Parafrasando un altro mito della reclame italica, potremmo dire che Nicola Morra si candida ad essere un nuovo uomo “Del Monte”, quello che dicendo “sì” permetteva il consumo dell’ananas. Al netto di qualche sorriso, le affermazioni di Morra meritano un’analisi seria e preoccupata, perché sono indice di un fenomeno di “diminuzione” del professionista e più in generale dell’individuo, che non può più essere ignorato.
In principio fu il diploma di scuola superiore. “Devi prenderti un diploma, o finirai a pulire i gabinetti”, urlavano le mamme e i papà degli anni 60, prima che la paura di una denuncia per maltrattamenti impedisse di accompagnare le amorevoli esortazioni con qualche scapaccione. Poi arrivò la laurea, quella che ti avrebbe aperto tutte le porte. A metà degli anni 90 però le porte cominciarono ad aprirsi solo ai raccomandati, agli ammanicati, a chi riusciva ad eccellere in particolari settori e fu così che ci dissero che la laurea non bastava più, ma che occorreva il master post laurea. Quando neanche questo è più bastato si è alzata ancora di più l’asticella: serve una formazione e un aggiornamento costante, una prova quotidiana di supremazia, di superamento del limite, di purificazione dell’anima. Ora arriva la certificazione di moralità. Ci vogliono “morali”. Guardo il sole che sorge ed illumina il salotto, sorseggio il mio caffè, colmo di intrugli schifosi, messi lì dentro al solo scopo di godermi lo sguardo allibito di mia moglie, e penso che no, io “morale” proprio non vorrei esserlo mai. Un altro sorso e penso che l’arretramento del valore della persona non è solo qualcosa da deridere, ma anche una precisa strategia di controllo, che va aspramente combattuta. La diminuzione del professionista e del cittadino, l’allontanamento dai diritti conquistati dallo Stato sociale degli anni 70, la diffusione del concetto che per accedere al benessere ci si debba mostrare particolarmente degni, sono il frutto di una scelta che mira a colpevolizzare le masse.
Perché accade tutto questo? Forse la zuppa è poca, non basta per tutti? Niente affatto. Il mondo è sempre più ricco, pieno di robe, di cose, di beni, denari e possibilità. Il problema è che ci sono quelli che hanno tutto, e sono sempre di meno, e quelli che non hanno niente, che più o meno sono tutti quanti gli altri. Ecco allora che, per giustificare l’idea che l’uomo medio abbia sempre meno burro sul pane, il potere assolve l’impoverimento del cittadino, rendendolo “diminuito”, richiedendogli standard sempre più alti. Il reddito, il lavoro, la possibilità di interlocuzione con le pubbliche amministrazioni, garantite per anni dalla filiera del clientelismo di Stato, oggi passano alla filiera della moralità. Già, non basta avere i titoli, ma occorre dimostrare qualcosa in più.
Il mio caffè è finito da un pezzo, il sole è un po’ più alto nel cielo, mi posiziono in salotto in modo da vederlo illuminare la stanza e penso a Pierino. Eh si, quando deve recarsi dal ferramenta pignolo, e si presenta in negozio con la tazza di casa sua. No, non quella di cucina, ma l’altra, ed esclama: “ecco, questa è la tazza del cesso, il culo te l’ho fatto vedè ieri, mò me la dai sta carta igienica?” Ecco, tra poco ci chiederanno di mostrare il tatuaggio sull’avambraccio, e il bollino ce lo appiccicheranno alla giacca. E’ l’eterno ritorno della storia, o forse, solo il triste riproporsi delle scorie.