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Mini bot: denaro alternativo o carta straccia? / di Paolo Bruni

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

17
GIU
2019

Il 28 maggio scorso è stata presentata in aula la mozione per l’introduzione dei mini-BOT già presente nel contratto di governo stipulato tra Movimento 5 Stelle-Lega e inserita nel programma elettorale della Lega nelle politiche 2018.

I mini-BOT sono stati ideati, o meglio riportati in auge, da Claudio Borghi Aquilini, eletto deputato nelle file della Lega che, attraverso questa iniziativa finanziaria, ritiene di poter ridurre e perfino eliminare i debiti contratti dalla pubblica amministrazione, attualmente ammontanti a circa 56 miliardi di euro dei 90 ridotti dalle manovre, costate lacrime e sangue, poste in atto durante il governo Monti.

Che cosa sono, in concreto, i mini-BOT? Se divenissero una realtà, sarebbero titoli di stato al portatore aventi tagli, compresi fra 5 e 100 euro, emessi dal Ministero del Tesoro, che non genererebbero interessi e non avrebbero scadenza. Di fatto, assumerebbero la funzione di moneta anche non essendolo e utilizzabile per pagamenti entro 25mila euro. Con essi sarebbero pagati i debiti della PA, anche se il creditore non sarebbe obbligato ad accettarli ma fortemente invogliato. Di certo c’è che l’emissione dei titoli incrementerebbe il debito pubblico e, anche se potrebbe innescare ottimismo nei creditori che sarebbero stimolati a investire creando maggiore gettito fiscale, rischierebbero di divenire una moneta parallela, quindi illegale.

Troppe ipotesi senza alcuna certezza, condizione che ha sollevato le obiezioni di Confindustria, di Giovanni Tria, ministro dell'Economia e delle Finanze, e della BCE. Un grave rischio derivato dall’incremento di debito dell’Italia riguarda la potenziale uscita del Paese dall’euro. Quest’ultima ipotesi, per quanto auspicata dal fronte sovranista, determinerebbe un evidente rischio di default.

Sotto il profilo pratico, se i cittadini italiani pagassero le loro tasse utilizzando mini-BOT, lo farebbero scambiando debiti. Inoltre, se le imprese accantonassero i mini-BOT per pagare le tasse, perderebbero gli interessi che si genererebbero nell’intervallo fra incassi e pagamenti. Questo sarebbe un vantaggio per lo Stato ma non per i creditori. Se i mini-BOT assumessero la funzione di moneta parallela, di fatto illegale, non è certo che riscuoterebbero la stessa fiducia di quella ufficiale che, seppure corrispondente a un debito pubblico, genera interessi e non ha limiti. Chi riceve moneta vuole avere, infatti, la certezza che possa essere impiegata liberamente per eseguire acquisti e pagamenti. In questo subentra anche il fattore psicologico da non sottovalutare. In un clima di sfiducia economica, un nuovo fattore di dubbio potrebbe sortire un categorico rifiuto o una corsa a liberarsi rapidamente dei mini-BOT ritenuti inaffidabili e facendoli divenire carta straccia.

Per grandi linee, sarebbe come stampare banconote con un nuovo taglio, alle quali non corrisponderebbe valore. La moneta rischierebbe di perdere sempre più il suo valore fiduciario, condizione che incrementerebbe il rischio di uscita dall’euro. Se divenisse obbligatorio utilizzare i mini-BOT, sarebbe come stampare nuova moneta facendo decadere i principi di appartenenza dell’Italia all’euro. Dietro all’emissione dei mini-BOT non c’è nulla che li garantisca, o meglio, c’è la certezza di un successivo debito. Anche se non funzionale alla PA, sarebbe stato più utile convertire le monete da 50 centesimi, 1 e 2 euro, in banconota cartacea.

L’effetto psicologico delle banconote rispetto alle monete genera un maggiore senso di responsabilità sul loro impiego innescando una maggiore attenzione sul loro impiego e una riduzione delle possibili speculazioni. Infine, se i mini-BOT dovessero attrarre gli operatori del mercato finanziario, svaluterebbero velocemente. 



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