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In nome della terra, il dramma dei contadini francesi

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

29
GEN
2020

La scelta di lasciare la città per trascorrere la propria vita in contesti agricoli, in piccoli centri o borghi rurali, è un’ emigrazione sempre più insistente. Un ritorno alla terra legato a motivazioni diverse: per opportunità di lavoro, di esistenza o semplicemente per mangiar sano. Il paradosso del mondo occidentale è racchiuso tra la scelta di voler cambiare vita e chi la vita se la toglie, preso dalla disperazione di un lavoro, quello agricolo, ormai senza speranza di gratitudine e dovute attenzioni istituzionali.

Alla Francia,  Paese con l’estensione agricola più grande dell’Europa (73 miliardi di euro il fatturato del 2018), considerata tra le prime economie occidentali, appartiene il numero più alto di suicidi. Un suicidio al giorno è il dramma che vivono i contadini francesi che non vedono riconosciuto il giusto reddito dalla propria attività lavorativa. Un dramma divenuto successo in Francia grazie alla trasposizione cinematografica del racconto del figlio di un allevatore che, oberato dai debiti, si è tolto la vita. “In nome della terra”, forse in Italia, è un film di successo che racconta il dramma terribile che, nel silenzio più totale, si sta vivendo in Francia e in modo sommerso anche in altri Paesi europei, tra cui l’Italia, toccando percentuali del 37%.

Il film ha incontrato un grande successo di pubblico, soprattutto in provincia piuttosto che nelle grandi città come Parigi.  Nel film si racconta la storia di una parte della Francia, quella contadina, divisa tra profonda crisi e vite spezzate. La scelta di togliersi la vita come gesto estremo, è la rassegnazione ad un sistema che predilige l’industria e il meccanismo del sotto costo, piuttosto che avvalorare l’impegno di migliaia di contadini.

Il regista, Edouard Bergeon, parla dei contadini per raccontare gli effetti dell’industrializzazione dell’attività agricola, particolarmente intensa a partire dagli anni novanta. La logica del produrre sempre più, invogliati da aiuti comunitari e da gruppi agroindustriali, ha tradito gli agricoltori con la speranza che avrebbe dato maggiori redditi. Logica che ha condotto gli agricoltori, con il passare degli anni, a dover far fronte ad aiuti sempre minori e debiti sempre crescenti. E’ un film denuncia dell’attuale modello agricolo, a favore di una misura più umana del lavoro e della vita nei campi. L’imperativo è farla finita con l’uso e l’incentivazione di pesticidi ed allevamenti intensivi, a discapito del benessere ambientale, animale, umano. I dati sui suicidi tra i contadini, secondo  la mutua sociale agricola francese, sono preoccupanti: i contadini macinano debiti, mentre le multinazionali dell’agroindustria navigano in generosi utili.

E’ ormai un mal comune del mondo agricolo quello di lavorare e non guadagnare, il gesto del suicidio è l’estremo atto per far sentire la propria disperazione. Il film vuole farci ricordare che ciò che mettiamo nel piatto è un prodotto della terra. Tutti noi possiamo contribuire, attraverso l’acquisto diretto dai contadini a discapito dell’agroindustria affinché la memoria del gesto estremo diventi strumento per far cambiare rotta.       



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