A quasi un anno dall’inizio dell’emergenza coronavirus, il nostro Paese appare attonito e stravolto (non per molti), incapace di reagire ad una crisi che segnerà il futuro dei suoi cittadini. Comunicazione politica e mediatica hanno esercitato un ruolo centrale destando scalpore e trasmettendo informazioni poco chiare e creando più confusione e sconcerto. E lasciando libero sfogo alle facili interpretazioni. Il concetto che molti cittadini hanno fatto proprio è che intenzione del Governo era ed è imprimere costantemente ansia e terrore, per facilitare la gestione delle masse.
Violazioni delle più basilari libertà personali, di diritti umani sanciti dalla Costituzione, sono state giustificate attraverso la narrazione della difesa della salute. Raccontando ai cittadini che ogni imposizione, dalla chiusura delle attività lavorative all’uso della mascherina, sino al confinamento nelle mura domestiche, fosse argine all’emergenza sanitaria, si è incrementato temporaneamente, il consenso popolare.
Considerando la reale entità del pericolo, è evidente la discordanza tra gli annunci tragici e la vera situazione in cui si trova il Paese. Sarebbe opportuno impressionarsi dinanzi allo sparuto numero di strutture sanitarie adibite alla lotta contro al coronavirus, piuttosto che al numero dei contagiati giornalieri. Come attestano virologi e referti medici, la maggioranza dei positivi al Covid 19 non presenta alcun sintomo e l’aumento non è altro che il risultato dell’esponenziale incremento di tamponi effettuati quotidianamente. È inopportuno equiparare i positivi al test, ai malati che necessitano di ricovero ospedaliero.
Un’informazione attenta e incentrata sulla cautela e non sulla paura, non avrebbe prodotto paranoie ed ansie popolari: desta perplessità sapere che malati di tumore abbiano rinviato sedute di chemioterapia per la paura di contrarre il virus o che il Prodotto interno lordo (Pil) subirà un crollo per colpa di eccessive chiusure non accompagnate da alcun ristoro economico.
Pur di evitare crisi politiche nella maggioranza, si è accettato di peggiorare i danni derivanti dall’emergenza. Nazioni estere con contagi e decessi superiori ai nostri non hanno prolungato lo stato di emergenza, né continuano a delegittimare il Parlamento con misure non consone alle proprie leggi come i Dpcm.
Paura e poca conoscenza della malattia hanno reso possibile l’approvazione popolare a misure inadatte.
Buona parte delle persone si fa idee e convinzioni fermandosi ai titoli e non approfondendo bene i fatti. Occorre precisare che il virus esiste ed è certo, e tutte le regole che vengono dettate devono essere rispettate per dovuto senso civico. Serve migliorare la comunicazione mediatica, non affidarla a chi ne sa meno del fruttivendolo, rispetto ad un virologo e non solo.
Intanto viviamo in un Paese dove i luoghi all’aperto devono stare chiusi, la Scuola si apre o si chiude chissà, l’Università si fa a distanza e si chiude. Mentre molti assembramenti andavano evitati se non proibiti in estate senza demonizzare adesso i bar, le chiese, gli autobus o i supermercati.
Serve una gestione del problema molto più di spessore e caratterizzata da maggior equilibrio, gli italiani costretti a sopportare un linguaggio del terrore divenuto ripetitivo come vera ed unica fonte di verità. Sarebbe meglio una comunicazione tesa a responsabilizzare le persone e dare poche chiare regole evitando inoltre che i negazionisti facciano più danni per la salute dei cittadini. L’economia italiana si muove intanto con il freno a mano tirato. Solo la conoscenza, la volontà di approfondire, può avvicinare alla verità delle cose. Occorre non fermarsi al titolo, sottraendosi al pensiero comune, perché il Covid esiste e dal Covid dobbiamo difenderci rispettando le regole imposte. Con il Covid dobbiamo imparare a convivere tornando, quanto prima si spera, alla normalità della vita.