Una storia che parte dal mare, quella che ci raccontano Angelo Cannata e Giulio Farella, presidente e responsabile scientifico de Le Sciaje, un’associazione nata per rivalorizzare la città e vincitrice di “Principi attivi”. Progetto vinto, «ma - dicono - è solo l'inizio»
Una storia che parte dal mare, quella che Angelo Cannata e Giulio Farella, rispettivamente presidente e responsabile scientifico dell'associazione di promozione sociale Le Sciaje, ci raccontano. Un viaggio attraverso gli abissi dei fondali della tradizione più antica tarantina.
Vincitori del concorso “Principi Attivi 2010 giovani idee per una Puglia migliore”, sono riusciti a fare qualcosa di concreto per la loro città e non hanno alcuna intenzione di fermarsi.
Il nome stesso della vostra associazione e del vostro progetto, Le Sciaje, è intensamente fuso nella tradizione tarantina... Raccontateci.
«Le Sciaje erano il nome dove venivano coltivate le ostriche, per definizione i giardini del mare. La ostricoltura era una delle attività principali legate alla vite del mare e la mitilicoltura, la cultura dei mitili, la cozza per intenderci, era una attività collaterale. Il termine con il tempo venne quindi utilizzato per identificare i luoghi in cui venivano praticate queste attività, e sono state una delle prime perdite conseguenti alla scomparsa delle memorie marinaie. Le prime, le più antiche, quelle dove oggi sorge l'arsenale vecchio, furono smantellate per la costruzione dello stesso. E' stato anche il primo cambiamento dell'identità della città che si è avviato subito dopo l'Unità d'Italia.
Per questo, quando dovevamo scegliere il nome del nostro progetto e della nostra stessa associazione, volevamo un nome che riportasse l'attenzione su antiche tradizione. Si tratta di attività fondamentali del Mar piccolo che non solo son state perse ma tanti tarantini ne ignorano completamente la storia. »
Rappresentate un Centro studi Documentazione e ricerca, quindi una grande preparazione e professionalità, ma quando decidete di diventate una realtà a tutti gli effetti? Qual è stata la spinta?
«La storia della nostra associazione è relativamente recente; nasce in occasione di una partecipazione a un bando regionale, quello di Principi Attivi, in cui veniva promossa la presentazione di un'idea progettuale che proponeva attività di recupero e valorizzazione del territorio. Le idee che ci potevano interessare erano tante ma avendo maturato una serie di esperienze passate di conoscenza e approfondimento della stessa città vecchia ci siamo ritrovati attorno al discorso del mare che è una risorsa imprescindibile dalla storia della città. Viviamo da sempre il borgo antico e secondo noi è la parte paradossalmente, come altri hanno detto prima, più giovane della città stessa. Ha sicuramente tanta storia ma è la parte che possiede le maggiori potenzialità per sviluppare tante occasioni di crescita. Quale maniera migliore per valorizzarla se non renderla non solo un museo a cielo aperto ma anche scenario delle nostre vite e passioni e parte viva e attiva di tutti gli abitanti della città di Taranto. Abbiamo così scoperto che il mare non solo racconta delle storie ma anche la storia stessa della città e di conseguenza la vocazione marinaia come tratto identificativo delle nostre generazioni. Ci ha accomunato la passione per la città vecchia e la voglia di avviare quel processo che in altre città, come per esempio Genova, ha già ampiamente dato i suoi frutti, ripartendo dalle origini. L'associazione nasce per il progetto, ma con la consapevolezza che in un modo o in un altro sarebbe stato solo un inizio, perché allo scadere del bando non abbiamo alcuna intenzione di interrompere i nostri studi.»
Siete inoltre un'associazione di promozione sociale. Due termini che ormai vengono ripetutamente utilizzati nei campi più diversi. Cosa è per voi la promozione sociale?
«La tipologia giuridica che ci ha permesso di costituirci in maniera più dinamica era quella dell'associazione di promozione sociale e anche la tipologia più utile per metterci alla prova. Per sociale noi intendiamo un intervento che sia il più coinvolgente possibile e di conseguenza che la stessa associazione, per definizione un mezzo attraverso cui si sviluppi l'emancipazione sociale e l'arricchimento della società, renda utile il nostro lavoro. Al tempo stesso però di associazioni ce ne son tante e si rischia di avere più associazioni che persone, ma quando prevale il contenuto non si corre questo rischio e si arriva a un'utilità sociale, quindi il nostro obiettivo è che la nostra associazione non sia solo la nostra ma che metta insieme le energie trasformate da individuali a sociali. E' qui che poi l'unione fa la forza. Inoltre cerchiamo di coinvolgere tutte le fasce d'età senza alcun tipo di differenze.»
Vincitori del concorso “Principi Attivi”, istituito dalla regione Puglia. Cosa vi ha permesso di raggiungere questo traguardo?
«I progetti approvati sono stati circa 200... E questo non può che renderci felici infatti cerchiamo sempre di restare in contatto con i vincitori (a Taranto i progetti realizzati son stati sette) e con tutti i partecipanti. Stiamo in fondo cercando di creare una rete, delle sinergie con le altre realtà. Certo è fondamentale lo spirito di iniziativa perché occasioni di incontro ce ne sono ben poche, spesso un mancato coinvolgimento di altri è evidente ma non bisogna lasciarsi influenzare. Crediamo che la nostra forza sia stata la coerenza con cui abbiamo portato avanti l'analisi del territorio e la novità del nostro progetto nella nostra città. Abbiamo costruito questa idee per fissare le fondamenta di un sistema di collaborazione che veda protagonisti le esperienze dei pescatori, gli studi dei ricercatori e la professionalità degli esperti nel settore turistico in una prospettiva generale e non più singola.»
Parlate di un progetto anche didattico. Qual è il vostro rapporto con le scolaresche?
«Siamo felici di poter affermare che le scuole ci contattano e vengono a vistarci. Uno dei nostri principali collaboratori è Cataldo Portacci, maestro d'ascia, e dice che Taranto ha voltato le spalle al mare... Questa citazione illustra perfettamente il problema con cui spesso lottiamo; c'è una gran fetta di Taranto adulta che purtroppo non sa nulla della propria storia ed è per questo che cerchiamo di investire nei bambini che hanno ancora una mente libera e pronta a far tesoro di qualsiasi notizia. Partendo dall'esperienza stessa dell'uscita dalle mura scolastiche e l'entusiasmo che questa porta cerchiamo di spiegare quelle caratteristiche che fanno parte della nostra storia per lanciare messaggi che si basano su progetti più ampi, quali per esempio la tutela dell'ambiente insieme alla valorizzazione della Città Vecchia e del nostro importante Mar Piccolo.»
Quanto invece sono curiosi gli abitanti del borgo antico?
«La rimessa in funzione dell'orologio è stata sicuramente una grande riconquista per Taranto e soprattutto per la zona di Piazza Fontana. Certo è stato un percorso che pian piano ha visto un riconoscimento e la cosa che ci rende soddisfatti ora è sentirci parte del territorio e non come estranei. Questo è il risultato di un rapporto che si basa sul rispetto che diamo e che riceviamo.»
Avete così avviato un percorso sia culturale che didattico, finalizzato al recupero e la tutela del patrimonio della civiltà della pesca a Taranto. Un progetto specifico e particolare che prende vita nella mostra permanente de « Il tempo del mare», di cosa si tratta e come si articola?
«La nostra mostra permanente si articola tra un excursus storico che parte dalla torre stessa dell'orologio, unica opera rimasta del complesso della “cittadella”, Piazza Fontana, teatro degli scambi commerciali della città per poi passare a una ricostruzione storico-scientifica delle attività di mari coltura a Taranto e della nascita delle prospettive per il futuro. L'esperienza de “Il tempo del mare” è stata più che positiva perché sempre seguendo i principi di una reale condivisione e collaborazione ha messo insieme enti pubblici e amministrativi quali il comune e il centro ittico e enti di ricerca come il CNR, istituto talassografico di Taranto.»
Quanto è importante oltre che caratteristico per la vostra mostra avere come location la Torre dell'orologio?
«La torre ci dà la possibilità di condividere la nostra passione con tanti altri giovani e non solo che con l'interesse di riscoprire un luogo così importante si approcciano alla nostra associazione, il nostro progetto e tutto quello che cerchiamo di fare per essere presenti in un periodo temporale che non si limita alla Settimana Santa o ad altri importanti eventi che hanno visto la città vecchia protagonista. Ciò che a noi interessa è far prevalere un discorso culturale che va aldilà di tutto il resto. Ovviamente è un luogo simbolo, è l'ingresso della città quindi l'importanza è notevole e siamo orgogliosi di essere riusciti a mantenerla costantemente aperta con tutti i sacrifici che ciò ha comportato.»
E per concludere, una domanda che ormai è per me di routine fare a tutti i giovani, e non solo, che fanno parte della Taranto attiva, come amo definirla, e che attraverso le loro idee e il loro talento stanno contribuendo ad una cambiamento che speriamo possa essere definito storico. Secondo la vostra esperienza sul territorio le realtà tarantina sta in qualche modo recuperando i suoi punti di forza, quali la cultura, l'arte e la tradizione?
«Il recupero lo si sta facendo e lo si sta facendo dal basso, nel senso che parte dalle associazioni, dai comitati politici, nel senso più nobile della parola, dai gruppi informali. Il problema è poi la mancata fiducia da parte delle istituzioni. Certo qualcosa di positivo si sta creando ma bisogna cercare di instaurare, tra tutte queste organizzazioni un reale collante e che uno sia la spinta per l'altro. Solo in questa maniera si potrà assistere a un cambiamento reale.»