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IL GRANDE IMBROGLIO

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

14
MAR
2014
Evidentemente questo mese di marzo è il mese della donna. Abbiamo celebrato la giornata della donna alcuni giorni fa, il Parlamento si è diviso trasversalmente sulla questione delle “quote rosa” all’interno della nuova legge elettorale, si parla, quasi sempre a sproposito, di pari opportunità, di parità di genere, di superamento della discriminazione nel lavoro (quale?), nel salario, di lotta intransigente al femminicidio e via di questo passo. La questione femminile è diventata prioritaria in politica, nei media, nella quotidianità della vita dei cittadini ma, incredibilmente, ad occuparsene vogliono essere gli uomini e gli stessi si affannano apparentemente per trovarne la soluzione. C’è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo. Perché mai gli uomini, che in una sorta di pensiero unico che ha attraversato immutabile i secoli e in modo trasversale le diverse espressioni culturali, ha considerato la donna oggetto e non soggetto, al suo pari, della storia dell’Umanità, dovrebbero abdicare alla loro presunta “superiorità”? La frode si consuma ormai da millenni perché la vita di ogni uomo è scandita e guidata dalla presenza delle donne che popolano i cicli della sua esistenza terrena ed è evidente che nell’universo maschile l’altra metà del cielo rappresenti un orizzonte ben più ampio della semplice metà, un orizzonte carico di simboli ancestrali, di implicazioni emotive e di complesse relazioni interpersonali. A mio modo di vedere, al di là delle parole l’aspetto più sgradevole del tempo che viviamo è la discrasia conclamata tra l’ipocrisia delle enunciazioni di principi politically correct e la vergogna dei comportamenti quotidiani. Penso che l’universo maschile sia affetto da un handicap di umanità, non solo purtroppo nei confronti delle donne, che se fosse riconosciuto darebbe diritto al 100% di invalidità, acquisita in secoli di prevaricazioni e mistificazioni. E in tutto questo tempo le donne che cosa hanno fatto? Hanno continuato a fare ciò che le caratterizza dall’avvento della nostra specie sulla Terra: hanno generato figli forgiandoli, temprandoli ed educandoli a vivere l’età adulta; si sono prese cura dei loro uomini lenendo le ferite fisiche e morali, spronandoli nelle difficoltà ed esaltandone i successi, scaldando i giacigli e rendendo piacevoli le notti; hanno accudito i loro congiunti malati e gli anziani; hanno lavorato dentro e fuori le mura domestiche, superando le difficoltà con uno spirito di servizio e una determinazione spesso sconosciuta ai loro partner; hanno lottato per se stesse, per migliorare la loro condizione e per rivendicare pari dignità, pari diritti e pari opportunità, e lo hanno fatto senza dichiarare guerre, che a quanto pare è prerogativa esclusivamente maschile, ma con la forza del lavoro e delle idee, senza far mancare l’adempimento dei doveri quotidiani. Non sono angeli e idealizzarle farebbe loro torto quanto la sopraffazione di cui sono vittime, ma hanno una sostanza strutturale e psicologica da renderle più attrezzate ad affrontare il percorso lungo ed accidentato della vita rispetto agli uomini. Per questo motivo non hanno bisogno di gabbie protettive, di leggi speciali che artatamente le parifichi agli uomini. Grazie a Dio non sono una specie in via di estinzione.
 


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