Siamo ciò che facciamo. O per dirla come loro, suoniamo ciò che siamo. Storia di due musicisti che si sono incontrati, capiti e valorizzati l’un l’altro. Il risultato? Un cd e un repertorio da (ri)scoprire
Due anime che si incontrano. Due voci che si ascoltano. Due suoni che si mescolano, per dare vita a melodie dolci ed eleganti, che conducono alla pace dei sensi. Attraverso due violini, gli strumenti che hanno scelto, Nancy Barnaba e Franco Mezzena, si fanno portavoce di un mondo, quello della musica classica, che troppo spesso viene tenuto in ombra, a favore di altri generi di più largo e facile consumo. Lei, giovanissima e talentuosa, con dedizione e impegno si è approcciata a quest’arte facendola divenire la sua vita, ed è la dimostrazione di come la caparbietà e la voglia di inseguire a tutti i costi la propria passione possano condurre a risultati strepitosi. Lui, il cui solo nome fa brillare gli occhi a tutti coloro i quali intendono fare della musica il proprio mestiere, rappresenta l’esempio da seguire, l’ideale da raggiungere. Così differenti eppure così simili, accomunati dagli stessi interessi e dalla medesima voglia di educare il pubblico all’ascolto di una musica considerata elitaria e che invece costituisce la base di ogni nuovo genere. Entrambi hanno accettato di raccontarci la loro storia e la loro intensa carriera.
Entrambi figli d’arte. Inutile chiedervi come è nata la vostra passione per la musica.
Nancy Barnaba: «Naturalmente prestissimo, avevo solo quattro anni. Mia madre, essendo un soprano lirico, mi ha spinto in quella direzione, come del resto ha fatto con mia sorella, anche lei violinista. Ho cominciato a suonare il violino e, dal momento che rispondevo abbastanza bene a questo strumento, ho continuato senza più fermarmi. È diventato la mia vita».
Franco Mezzena: «Mio padre Bruno, è stato ed è un grande pianista, pertanto sono cresciuto avendo la musica attorno a me, anche perché era l’unica cosa che mi faceva stare buono, poiché ero un bambino piuttosto irrequieto. Quando ho capito che avrei fatto mio il mestiere del musicista non restava che scegliere uno strumento: volevo distinguermi da mio padre, anche perché altrimenti il confronto fra i due sarebbe stato d’obbligo, e in ogni caso sempre spiacevole. Ed ecco che il violino si è insinuato tra le mie mani».
Per uno che vuole fare l’artista non deve essere facile cercare di conciliare gli studi standard a quelli musicali, e lo stesso vale per il lavoro.
N.B.: «Effettivamente non lo è; serve impegno, costanza e spirito di sacrificio. Quando si è adolescenti, il pensiero di dover studiare tutto il giorno, prima a scuola e poi al conservatorio, ti può rendere le giornate stressanti. O il dover limitare le uscite a poche ore il sabato sera mentre tutti i tuoi coetanei si incontrano anche gli altri giorni, ecco… ti lascia un po’ d’amarezza. Ciò nonostante, quello stato di malinconia non è durato mai troppo, perché la passione per la musica è sempre stata superiore a qualsiasi sacrificio. Non ho mai pensato di abbandonare il violino per un’uscita in più».
F.M.: «Sai, quando una persona sceglie l’arte va sempre incontro ai soliti commenti sulla necessità di trovare un “lavoro vero”. Fortunatamente però non ho avuto grosse difficoltà».
Probabilmente, nella vostra scelta siete stati agevolati dal fatto di avere una famiglia che come voi ama la musica.
N.B.: «Senz’altro ha reso tutto più semplice».
F.M.: «Più che dalla famiglia, io sono stato agevolato dal fatto che quando ho cominciato erano altri tempi, ed era più facile riuscire a fare qualcosa in quel campo. Pensa che ho iniziato a insegnare musica ancora prima di conseguire il diploma. Adesso ammetto che è più complicato perché siamo in un periodo di forte crisi economica e lavorativa, in tutti i campi. Sono certo che le eccellenze riusciranno prima o poi a emergere e andranno avanti ma, certo, con qualche difficoltà in più».
Avete entrambi una lunga lista di esperienze.
N.B.: «Sì, ho partecipato a diversi concorsi, ho ricevuto delle borse di studio per la critica musicale dalla RAI, ho tenuto molti concerti sia da solista che in orchestra. E poi c’è la didattica: insegno presso l’Accademia Mezzogiorno Musicale, di cui io sono la Presidente e Franco il Direttore Artistico. Ammetto di aver avuto molte soddisfazioni, e mi auguro di continuare così».
F.M.: «Ho avuto senza dubbio una carriera molto intensa: numerosi concerti, tante gratificazioni e decine di cd registrati».
Qual è l’evento che vi ha segnato maggiormente?
N.B.: «Ricordo con un certo piacere il mio primo concorso, vinto quando avevo dieci anni. Ma devo dire che ho sempre vissuto tutto molto intensamente; non demando le emozioni a nessuno e ogni esperienza la vivo sempre con lo stesso trasporto della precedente. Mi godo il momento».
F.M.: «Per quanto mi riguarda non sono le esperienze ad avermi segnato, ma gli incontri. Il primo è stato senza dubbio quello con il M° Salvatore Accardo, che ha cambiato la mia vita. Come del resto quello con Pietro Mosetti Casaretto, fondatore della casa discografica Dynamic».
Veniamo all’ultimo evento importante: la registrazione del cd “Bach Soirée”, uscito il mese scorso. Di cosa si tratta?
N.B.: «È anzitutto un omaggio al grande musicista e compositore Bach, e vuole tenere in sé l’idea di tutti i suoi concerti per violino e archi. È stato realizzato insieme al Quartetto Fauves ed è stato curato in ogni minimo dettaglio, per tener fede il più possibile alle edizioni dei testi originali di Bach, seppur suonati con strumenti moderni».
Molti musicisti hanno il vezzo di suonare, invece, con gli strumenti originali o comunque dell’epoca. Come mai voi avete fatto la scelta opposta?
F.M.: «Semplicemente perché ritengo che l’evoluzione sia una gran cosa e vada sfruttata al meglio. Penso sempre che se Bach o Beethoven avessero avuto a disposizione gli strumenti di oggi avrebbero fatto ancora di più, se è possibile. È come per le auto: c’è chi ama quelle d’epoca; io preferisco una macchina comoda. E poi, ciò che mi preme maggiormente è essere fedele a quanto i grandi compositori hanno scritto e riprodurre i loro testi nel migliore dei modi. È quello ciò che conta. Racconto spesso un aneddoto che riguarda Beethoven: in un’osteria a Vienna, durante la prima esecuzione de “La Grande Fuga”, si alzò indignato asserendo che i musicisti non avevano capito nulla. Debussy, invece, molto più sarcastico, dopo aver ascoltato la performance di un suo testo disse: “Mmmh, non credevo si potesse fare anche così”».
Parliamo di voi. Appartenete a due diverse generazioni e, naturalmente, avete fatto esperienze differenti. Com’è lavorare insieme?
N.B.: «Ci troviamo benissimo. Abbiamo una respirazione musicale comune».
F.M.: «Nancy non ha studiato con me, eppure ho trovato immediatamente una certa familiarità nel suo modo di suonare. Ci comprendiamo perfettamente e dunque ci riesce naturale. E poi lei possiede una forte capacità e velocità di apprendimento, quindi è tutto più semplice».
Ognuno dica una parola sull’altro.
N.B.: «Splendido. Sia lui che il suo suono, così puro e limpido, proprio come la sua anima, riesce a trasmettere forti emozioni ma senza eccessi. Credo che il suo sia il più bel suono che io abbia mai ascoltato».
F.M.: «Posso ripetere ciò che ha detto lei? E aggiungo che Nancy ha delle qualità indubbie, supportate da una grande intelligenza musicale. Come lei stessa ha affermato, suoniamo ciò che siamo. La sua è un’anima pura e questo si evince dall’esecuzione, trasparente e senza alcuna interpolazione».
Se doveste dirmi il vostro compositore preferito, quale sarebbe?
N.B.: «Forse, Schoenberg. Per amarlo serve una certa educazione all’ascolto, ma devo dire che mi piace molto».
F.M.: «Sono legato affettivamente a Giovanni Battista Viotti, un violinista vissuto a cavallo fra il Settecento e l’Ottocento. Devo dire però che spesso, quando si pensa ai grandi musicisti o compositori, non si considera affatto l’ultimo secolo, il Novecento: si tende a pensare che la grande musica appartenga a periodi fin troppo lontani. Io non credo sia così; al contrario, il Novecento è costellato da grandi autori e testi, c’è un repertorio davvero vastissimo che andrebbe rivalutato e portato alla luce».
Prossimi impegni?
N. e F.: «Andremo presto in Toscana, a Siena, a tenere un concerto a due violini, una pratica estremamente rara. È davvero inusuale, e ne siamo sconcertati, poiché è una cosa meravigliosa e c’è un repertorio vastissimo che può essere suonato in questo modo. Inoltre è piuttosto divertente. E poi, ci aspetta Empoli per la presentazione del cd “Bach soirée” nella libreria Feltrinelli. E speriamo tanto altro ancora».