Ho preso in prestito una famosa esclamazione che Mel Brooks mette in bocca al Dr. Frankenstein nel celeberrimo Frankenstein Junior. Per i pochi che non avessero visto il film o sentito parlare di esso, il Dr Frankenstein la urla quando, dopo una notte insonne sugli appunti del famoso zio barone, si rende conto che è possibile ridare vita ad un corpo morto. Ebbene la metafora di ridare vita a ciò che riteniamo morto si può applicare in questi giorni alla controversia che vede contrapposti i sostenitori dell’euro (sempre meno e sempre più schierati politicamente da una parte!) e chi auspica il ritorno alla lira (sempre più e sempre più trasversali!). Avendo soppesato con attenzione, e sforzandomi di isolare i miei personali pregiudizi, le ragioni degli uni e degli altri mi sono convinto che il fronte anti-euro abbia le motivazioni migliori. Si…può…fareeee!!! Ed aggiungerei che si deve fare nel più breve tempo possibile. Ci spiegano perché e come ben 7 premi Nobel per l’economia tutti critici, seppure con accenti diversi, nei confronti di questa moneta artificiosa, artificiale ed artefatta. Per dare sostanza al mio personale convincimento, prendo spunto da una interessante intervista rilasciata pochi giorni fa dall’economista Claudio Borghi, docente all’Università Cattolica di Milano. Borghi sostiene che la principale causa della nostra crisi è l’euro. Se guardiamo allo stato dell’economia ci rendiamo conto che quasi tutto il mondo è in fase di crescita e che solo l’area sud dell’Eurozona non cresce. È evidente che se si impone ad uno stato di adottare una valuta artificialmente forte, quello stato va in crisi. È già accaduto all’Italia prima del 1992, data di uscita dallo SME (sistema monetario europeo), o all’Argentina quando aveva bloccato la sua moneta sul Dollaro. Tra i paesi in crisi l’Italia è l’unico che sopporta tutti gli svantaggi e nessun vantaggio. La Spagna e la Grecia hanno subito colpi drammatici ma stanno avendo un risarcimento attraverso il Fondo salva Stati. L’Italia è l’unico paese in crisi che paga. Questa lapalissiana realtà oggettiva viene mistificata, con la complicità attiva e colpevole dei media, da chi sparge terrorismo sulle conseguenze di una uscita dall’euro. I calcoli che vengono sbandierati sui costi enormi dell’uscita dall’Eurozona non vengono messi in parallelo con i costi che stiamo pagando, e che continueremo a pagare duramente, restando nell’euro. Si dice che potremmo avere un tracollo determinato dall’aumento dei costi di approvvigionamento delle fonti energetiche. Nessuno sembra tenere conto del fatto che, per esempio, il costo del carburante alla pompa oggi è di circa 65 centesimi al litro al netto delle accise che gravano su di esso. Senza l’ingordigia di uno Stato che deve fare cassa unicamente a spese dei cittadini, anche in presenza di un aumento del costo delle materie prime, verrebbe assorbito in modo indolore. Ma i vantaggi di uno sganciamento dall’euro permetterebbero di poter perseguire liberamente politiche anticicliche. In termini più semplici significa riacquistare la sovranità monetaria, la sola che può consentire uno stimolo dell’economia per farla uscire dalla stagnazione a cui è condannata dalle anacronistiche regole europee che ti costringono a fare il contrario. Esattamente ciò che possono fare USA, Giappone, Inghilterra perché hanno un cambio corretto della loro valuta e che possono abbassare le tasse ed aumentare la spesa per spingere il PIL, senza correre il rischio che questi soldi fuggano all’estero a causa di un cambio drogato. Il perché di tante resistenze, a cominciare dalla Germania, si spiega con il fatto che l’uscita di un paese grande come l’Italia determinerebbe la fine stessa dell’euro e grosse difficoltà per le esportazioni teutoniche. Ma per quale dogma dobbiamo salvare l’economia tedesca costringendo milioni di cittadini italiani all’indigenza materiale e morale?