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Cristo si è fermato a Pizzo Mammarella

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

21
SET
2012

 

Tra le cose sgradevoli a farsi distinguo due categorie. La prima comprende quelle seccature piccine che non sempre si può demandare ad altri, come fare benzina al self service o sbrinare il frigorifero. La seconda è invece occupata esclusivamente – dato l’ingombro del problema – dal cambiare casa. Dopo mesi di ricerca, sono arrivata alla conclusione che trovare il Santo Graal sarebbe stato più facile. Decisamente i martinesi hanno una grande considerazione delle case che cedono in locazione, visto che i prezzi degli affitti, altissimi, non corrispondono assolutamente alla qualità dell’immobile. In queste ultime settimane ho visto cose che voi residenti in pianta stabile non potete neppure immaginare. Ma procediamo con ordine.
A Martina Franca ci sono tre tipologie di unità abitative: l’appartamento in condominio, la casa con portone indipendente e quella fuori città.  
Il condominio ha i suoi vantaggi soprattutto nella sicurezza e nella facilità di condizionamento termico, ma l’idea di inscatolarmi come una sardina non piace né a me né al cane, Adelina. Ai due gatti, invece, la prospettiva risulta indifferente.
La casa indipendente di solito si trova nel centro storico, e lì le auto non ci arrivano, ma fosse solo quello il problema, signora mia. La disposizione interna degli ambienti in queste case è arzigogolata come certe architetture impossibili di Escher, il tasso di umidità è simile ai valori presenti nelle foreste pluviali del Borneo, le volte alte sono sì suggestive ma attenzione, parliamo non del salone da ballo del “Gattopardo”, bensì di stanze piccole e infilate una dentro l’altra come matrioske. Io e Adelina soffriremmo molto in quei loculi tenuti insieme da scale, senza contare i bagni, di dimensioni lillipuziane. Ai due gatti, invece, la prospettiva risulta indifferente.
La casa fuori città, affittata per brevi o lunghi periodi, è in genere l’abitazione di villeggiatura arredata con mobili di risulta della prima casa. Dai prezzi richiesti, ti aspetteresti di trovare gioielli architettonici arredati, chessò, con pezzi di Saarinen o Alvar Aalto, marmo cipollino al pavimento, idromassaggio e giardino inglese. Nella maggior parte dei casi si tratta invece di trulli senza riscaldamento, intonaci interni originali dell’epoca (non è dato sapere quale), con l’esterno che sembra un paesaggio post atomico. Giusto per dire di avere un tetto, pardon, un cono sopra la testa. Ho trovato sì villette, ma isolate da ogni consorzio umano e lontane da tutte le forme di civiltà conosciute. Pure San Simeone lo Stilita non durerebbe molto in quelle località dai toponimi strani e anche un pochino imbarazzanti. Fosse solo a livello eufonico, un conto è dire: “Abito in Piazza Trinità dei Monti, al civico 2” – sentite che belle consonanti eleganti, che sanno tanto di targhe d’ottone e concierge in divisa blu di Prussia – e un conto è confessare: “Il mio indirizzo è Contrada Pizzo Mammarella numero 123, zona G”. Con un domicilio del genere, per risultare coerente dovrei anche cambiare look e sostituire il little black dress con salopette e anfibi, e magari dotarmi pure di trattore. Ad Adelina piacerebbe molto una soluzione del genere, che le permetterebbe di esprimere quel poco di patrimonio genetico di Breton che è in lei. Ai due gatti, invece, la prospettiva risulta indifferente.
 


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