Sabato 25 aprile un fortissimo terremoto ha colpito il Nepal causando morte, feriti, orfani e distruzione. Dopo la prima scossa, di magnitudo 7.9, ne sono state registrate almeno altre 45, tra cui diverse con magnitudo superiore a 6.2. L'epicentro del sisma è stato localizzato tra la capitale Kathmandu e la città di Pokharam, ma le forti scosse sono state avvertite anche in India, Pakistan, Bangladesh, in Tibet e sul monte Everest, dove centinaia di alpinisti sono stati travolti da due enormi valanghe provocate dalle scosse. Tra gli alpinisti 22 sono le vittime già accertate, ma si teme che il numero possa aumentare sensibilmente, poiché al momento mancano all’appello più di 200 dispersi, tra cui diversi italiani.
A poche ore dal sisma il bilancio delle vittime è ancora provvisorio, e non potrebbe essere altrimenti, ma già si contano più di sei milioni di persone coinvolte, tra cui 3.700 morti già accertati, oltre 6.000 feriti, un numero imprecisato ma impressionante di dispersi ancora sotto le macerie e la distruzione di centinaia di edifici. In meno di un minuto centinaia d’anni di storia, di architettura, di civiltà sono state rase al suolo. Le immagini che giungono attraverso i media sono le stesse di sempre, le stesse che si ripetono ogni volta che si verifica un sisma di tali proporzioni: gente intrappolata sotto le macerie, devastazione, sopravvissuti in lacrime, bambini senza più i genitori, feriti bendati e ricoperti di sangue fango e polvere. Gente che se non ha perso la vita ha comunque perso tutto, dagli affetti più cari alla casa al lavoro.
Mi chiedo se siamo consapevoli di vivere tutti su un pianeta in ebollizione, su una polveriera pronta ad esplodere? Non credo. Con la scusante che i terremoti non si possano prevedere e non si possano localizzare prima dell’evento, si continua a costruire con materiale scadente (vedi palazzi e viadotti che in Italia si sgretolano come castelli di sabbia), senza tenere conto della necessità di emanare leggi per un’energica tutela dei cittadini e del territorio. In Giappone, che è uno dei Paesi ad alto rischio terremoti, già da anni costruiscono con una mentalità antisismica. Forse anche noi dovremmo provvedere di conseguenza e chiedere ai nostri governanti misure edilizie più energiche, scuole, strade ed uffici pubblici più sicuri. Dovrebbero bastare le immagini, la vista di quelle vittime insanguinate, dei bambini disperati e senza più futuro che ci giungono da quei territori devastati, per farci riflettere. Ma servirà a far riflettere chi di dovere? Chi di competenza?