Povera umanità disperata, in fuga dalle guerre e da scenari di miseria, e che dunque va accolta, come impongono la coscienza e la Convenzione di Ginevra. E dire che quelli che arrivano non sono neanche i più disgraziati, visto che sono riusciti almeno a raccogliere i soldi sufficienti per pagare ai trafficanti il costoso e pericoloso viaggio verso l’Europa: il titolo di ultimi spetta a coloro che non possono nemmeno pagarsi il viaggio e spesso rischiano la vita nel rimanere a difendere le loro case. O quello che resta.
Vite precarie, senza alcuna stabilità economica ed esistenziale, che spesso non riescono a consorziarsi in famiglie stabili: due terzi dei richiedenti asilo in Germania - paese dove si sono svolte le aggressioni sessuali di Colonia, avvenute la notte di capodanno - sono maschi, provenienti fra l'altro da società in cui la sessualità è fortemente repressa: si tratta quindi di individui ipersessualizzati come adolescenti, indipendentemente dall'età. I dati peggiorano in questo senso per l'Italia: pur essendo minore il numero dei richiedenti, essi sono maschi per il 90 per cento. Se la società non contribuisce a incanalare gli impulsi - dacchè mondo è mondo, i maschi cercano le femmine, in una ricerca dapprima prettamente fisica che poi si ramifica in strutture più complesse di affetto e collaborazione - si formerà un mondo fragile dove gli uomini, invece che "inquadrati" come capofamiglia, spesso diventeranno maschi del branco, con tutto il bagaglio di risse e competizioni che c'è dietro ogni conquista.
Dice bene lo psicanalista Luigi Zoja: accogliere troppi maschi frustrati equivale all'innesto di una pianta avvelenata, che può contaminare la società per generazioni. La soluzione? Le quote di immigrazione con precedenza femminile o alle famiglie già composte. Capisco, non è politicamente corretto e assomiglia ai criteri usate agli ingressi delle discoteche, ma è l'anticamera necessaria per un futuro di integrazione.