Nel racconto collettivo della tragedia della povera Sara, ventenne bruciata viva dall'ex fidanzato, non so cosa sia peggio, se le scelte lessicali di quel quotidiano (“per gradire”, "arrostita") o la facilità di quei commenti che inneggiano alla legge del taglione. Chi di fuoco ferisce, di fuoco perisce e quindi tutti giù ad appiccare fiamme virtuali a quel disgraziato. Nel mainstream giustizialista si distingue ora una promettente sottocorrente: daje addosso a coloro i quali non si sono fermati a soccorrere Sara. Alle 4 di notte. Sulla Magliana. In una zona che già in orari migliori non è esattamente via del Corso. Ma poi invece no! Cambio di rotta: quelli che non si sono fermati sono giustificati e giustificabili. Come se fosse questo il punto. Come se non fosse necessario fare uno sforzo per una riflessione più profonda sull'assunzione di responsabilità comuni, che preveda magari, oltre l'assassinio, anche il mandante culturale e sociale. Come se l'omertà e l'indifferenza per altro non fossero parte della condotta di questo Paese. Come se ancora facessimo distinzione fra fatto privato e pubblico.
Povera Sara. Strano come le donne siano state punite spesso con il fuoco nel corso del tempo, come se l'uomo si appellasse alla furia distruttrice (o purificatrice) delle fiamme per compiere giustizia all'atto di ribellione più potente, quello che fa dire a una donna libera o dalla ritrovata libertà: non ti voglio più, non ho bisogno di te, non sei più l'oggetto del mio amore, della mia dedizione, della mia obbedienza. Loro, gli uomini, invece non hanno ancora imparato la sana accettazione di un no femminile: lo stesso a cui non sono stati abituati dalle madri, che spesso fanno dei figli (maschi) gli idoli del proprio egoismo, ben lontane dall'educare alla indipendenza e alla maturità sentimentale. Meglio tenerli presso di sè, in un vincolo di dipendenza reciproca.
Allora, come sempre è accaduto e accadrà, è dalle donne stesse che deve partire il cambiamento, con il coraggio che ci fa rimanere e con lo stesso coraggio che a un certo punto ci fa andar via, senza guardare indietro chi si è lasciato. Sono le donne a educare i futuri uomini, con l'esempio di un rapporto genitoriale paritario ed equilibrato e con un'educazione che insegni l'indipendenza e il rispetto dell'altro.
Sono le donne che salveranno le donne. O meglio, le donne si salveranno da sole.