Un 31enne in stato di furia omicida, un immigrato irregolare originario del Ghana, ha brutalmente ucciso un anziano ricoverato per accertamenti nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Sessa Aurunca. Il caso di cronaca racconta di un giovane emarginato e aggressivo già noto per una serie di exploit furiosi a danni di automobili e persone. I suoi problemi psichici erano d'altronde amplificati dall'uso di droghe: la revoca del permesso di soggiorno era caduta nel dimenticatoio già nel 2013. Tuttavia il vero problema non consiste certo nell’irregolarità della sua presenza (la pazzia non discrimina e avrebbe potuto colpire anche un italiano) ma riguarda piuttosto il sistema psichiatrico italiano.
La chiusura dei manicomi, con la legge Basaglia del 1978, era nata con l'intento - lodevole, per carità - di evitare le segregazioni perpetue e ridare a tutti i malati un’opportunità di vita libera. Una legge che ha minimizzato gli effetti sociali del riversarsi nelle famiglie e nelle comunità di malati diversi trattati allo stesso modo: le patologie psichiatriche hanno un diverso coinvolgimento neurologico, e questo all'epoca di Basaglia non era molto chiaro. Inoltre i comportamenti violenti e pericolosi dovuti a cause biologiche possono essere peggiorati dall'uso di droghe, come nel caso di cronaca accaduto a Sessa Aurunca: e l'acquisto di droga necessità di libertà di movimento.
Quarant’anni dopo la legge Basaglia manifesta i suoi limiti nell'aver ridato a tutti i malati mentali la possibilità di tornare alla vita sociale, azzerando le differenze tra un malato e l'altro: lo sanno bene coloro a cui capita la croce di dover assistere queste persone e di dover subire i loro attacchi di rabbia, i gesti incontrollati, le richieste di denaro.
Ancora: ogni cittadino è prezioso e va tutelato, dagli altri e anche da se stesso se necessario; va riformalizzato il criterio di pericolosità se un malato in stato di confusione e aggressività viene lasciato libero di nuocere alle cose e alle persone. Diverse sono le patologie psichiatriche, diverse sono le cure e diverse sono - anzi, dovrebbero essere - i luoghi di cura destinati a quei disgraziati più pericolosi, senza nulla togliere alla loro dignità di malato, anzi riconoscendogliela.